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(Getty Images)
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A 10 anni dalla tragedia della Costa Concordia il rischio è ancora presente: è l'uomo

Fattore umano e tempo perso, i nemici della sicurezza che rendono inutili regole e tecnologia

Le navi da crociera sono mezzi di trasporto estremamente sicuri. Ma quello accaduto dieci anni fa alla Costa Concordia fu un incidente le cui cause, del tutto umane, non possono essere eliminate dalle tecnologie disponibili a bordo neppure se sono tra le più avanzate che ogni settore dell'ingegneria può fornire. E' invece sulla preparazione degli equipaggi e sulle procedure che le compagnie devono investire sempre di più per essere ragionevolmente certe che oltre a non commettere scelte sbagliate in fatto di conduzione della nave, gli ufficiali e il personale di bordo siano preparati a gestire le emergenze sapendo valutare correttamente e tempestivamente le situazioni. Poi ci sono le regole di navigazione, anche quelle che da allora impediscono ai colossi del mare di avvicinarsi troppo alle coste.


Grounding Costa Concordia (by QPS) - Incidente Costa Concordia (by QPS)youtu.be

Tecnologia, regole e perizia. Un trinomio che se rispettato alimenta la sicurezza. Ma quanto accaduto la sera del 13 gennaio 2012, con la perdita di 32 vite e il ferimento di 192, ha comunque insegnato che la gestione di oltre 4.000 persone in una fase di evacuazione è impresa complessa. Se poi si perde tempo, e mentre si imbarca acqua si raccomanda ai passeggeri di “rientrate nelle cabine fino a quando risolviamo il blackout elettrico” mentre invece si stanno perdendo attimi fondamentali per poter abbandonare una nave che il vento e la fisica hanno portato vicino alla costa, allora non c'è tecnologia, perizia o normativa che possa aiutare.

Quella notte, all'ordine del comandante di modificare la rotta per non finire contro il Giglio, la prua della Concordia prese una direzione sicura, ma lo scarroccio portò la poppa contro le rocce chiamate Scole. Stando al registratore di bordo erano le 21:45:07 e il lato sinistro della Concordia fu squarciato per 53 metri, con cinque compartimenti in rapido allagamento incluse la sala macchine e la centrale elettrica. Senza motori né timone funzionanti la nave non poteva essere governata, ma il vento e la posizione bloccata del timone stesso fecero in modo che la Concordia invertisse la prua andando verso l'isola del Giglio e arenandosi contro punta Gabbianara, quindi inclinandosi sul fianco destro. Un passeggero contattò sua figlia, questa i Carabineri che passarono l'informazione alla Guardia Costiera, dalla quale fu chiamata la Concordia verso le 22:14. Ma il capitano Francesco Schettino minimizzò i danni dicendo che la nave aveva subito un blackout elettrico, richiedendo dei rimorchiatori. Circa dieci minuti dopo la Guardia Costiera contattò di nuovo la nave e in quel momento l'equipaggio ammise che stava imbarcando acqua. Alle 22:39 arrivò la prima nave di soccorso e circa 15 minuti dopo il comandante ordinò l'abbandono della nave. Un'ora e nove minuti dopo la collisione con le Scole.

Come tecnici e tribunali hanno accertato furono commessi errori che rientrano nell'ambito del fattore umano. Tra questi le decisioni prese da Francesco Schettino, il tempo perso per capire “che cosa dire”, le informazioni sbagliate date ai subalterni che dovettero loro malgrado mentire ai passeggeri, divenendo comunque anch'essi vittime. I tecnici che indagarono sull'incidente stabilirono anche che se dopo gli errori da fattore umano non si fosse perso tempo, circa 45 minuti, le scialuppe di salvataggio sarebbero state riempite senza fretta prima che l'inclinazione della nave rendesse disponibili soltanto quelle un solo lato (erano 26 in tutto, ognuna con 150 posti e a bordo c'erano 4.229 persone), ed erano pronte anche le zattere autogonfiabili, delle quali almeno tre non furono usate. E ogni dotazione era stata controllata circa un mese prima del naufragio dal Rina, il Registro italiano navale, che le certificò funzionanti ed efficienti.

A proposito di quanto avvenne prima della collisione, nel rapporto investigativo sul disastro il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rilevò che la Concordia, una massa di oltre 114.000 tonnellate, stesse navigando troppo vicino alla costa, in una zona poco illuminata (...) a distanza non sicura e ad alta velocità (15,5 nodi, pari a 28,7 km/h).

Subito all'indomani della tragedia gli investigatori si chiesero perché la nave navigasse così vicino al Giglio e durante il processo i pubblici ministeri formularono l'ipotesi che il capitano l'avesse fatto per ragioni personali. Il comandante Schettino affermò invece che la nave stesse in quella posizione per salutare gli abitanti dell'isola e dare una buona visuale ai passeggeri. Ma ci fu chi si chiese, essendo il mese di gennaio, che senso avesse la manovra dal momento che l'isola era al minimo delle presenze, circa 800 persone, con gran parte delle case non illuminate e quindi mettendo in dubbio anche l'efficacia dell'effetto scenografico.

La giustizia ha condannato il capitano, quattro membri dell'equipaggio e un funzionario della Costa Crociere giudicati colpevoli per aver causato il disastro impedendo un'evacuazione sicura dei passeggeri. Dunque la giustizia ha accertato che le decisioni prese quelle notte, appunto questioni non tecniche ma di fattore umano, siano state le cause del disastro. A poco quindi potevano valere gli allarmi di prossimità al basso fondale installati sulla Concordia e su tutte le moderne navi da crociera, anche se del tipo più sofisticato. Ed anche la strumentazione di bordo digitale dell'ultima generazione che mostra ogni sorta di parametro utile a chi manovra. E infine anche il tracciamento via satellite della posizione. Una sequenza di valutazioni e di decisioni errate costituirono la catena di eventi negativi che allineandosi trasformarono un rischio in disastro.

I filmati disponibili sul web, ormai divenuti celebri, come anche i suoni memorizzati dal registratore della voci di cabina (come sugli aeromobili il cockpit voice recorder), svelano che negli istanti dell'incidente il comandante impartì più ordini al timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin (anch'egli condannato), accusato da Schettino durante il processo per aver reagito in modo errato al suo ordine. Forse a causa di incomprensioni dettate dalla lingua, egli non comprese la frase “Othewhise we go on the rocks, altrimenti finiamo sulle rocce”. Il comandante sostenne che se questi avesse agito correttamente e rapidamente, la nave non sarebbe finita contro le Scole. Stando ai filmati il tempo di reazione di Rusli Bin fu di 13 secondi, ma questa tesi fu contestata da un ammiraglio della nostra Marina Militare che in dibattimento affermò invece che, anche se il timoniere era in ritardo nell'esecuzione degli ordini, in quelle condizioni di carico, vento e traiettoria l'incidente sarebbe avvenuto comunque. Eppure in plancia avevano a disposizione ogni informazione utile, dalla posizione degli scogli alla profondità del fondale, la direzione e l'intensità del vento. E sapevano anche l'effetto sul cambiamento di traiettoria che avrebbe provocato la massa della Concordia. Ma nonostante questo avvenne il peggio.

Il fattore umano giocò quindi un ruolo diabolico anche dopo l'impatto, con il black-out elettrico e le ormai famose comunicazioni di Schettino, prima con il responsabile dell'ufficio crisi di Costa Crociere Roberto Ferrarini, poi con il comandante della Capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco. Queste, secondo la sentenza, dimostrarono come il capitano cercò di minimizzare e nascondere le sue azioni dicendo che il blackout fosse il problema. I giudici si convinsero che la sicurezza dei passeggeri e dell'equipaggio non erano al primo posto nelle priorità del comandante mentre valutava i danni alla Concordia. “Ho fatto un pasticcio e praticamente l'intera nave si sta allagando”, disse Schettino a Ferrarini “Cosa devo dire ai media? Alle autorità portuali ho detto che abbiamo avuto un blackout”. Ma non avvertì immediatamente chi avrebbe potuto accelerare l'evacuazione. Anche il Ferrarini fu condannato per aver contribuito al disastro con l'accusa di aver ritardato le operazioni di soccorso, che nelle nove ore successive all'incagliamento della Concordia contro la scogliera di punta Gabbianara videro intervenire una cinquantina di imbarcazioni e alternarsi otto elicotteri, un dispiegamento tale che se approntato con anticipo avrebbe fatto la differenza. Nel 2015 la giustizia condannò Schettino a 16 anni per omicidio colposo, naufragio, abbandono della nave prima che i passeggeri e l'equipaggio fossero evacuati e di aver mentito alle autorità riguardo al disastro. Oltre a lui, Ferrarini e Rusli Bin, furono condannati a pene lievi il direttore del servizio di cabina Manrico Giampedroni, il primo ufficiale Ciro Ambrosio e il terzo ufficiale Silvia Coronica.

Che cosa è stato fatto da allora:

Interrogata a proposito di quali cambiamenti siano stati introdotti dopo l'incidente all'organizzazione e alla condotta delle navi, Costa Crociere ha risposto che la sicurezza dei passeggeri, dei membri dell'equipaggio e delle comunità locali è sempre stata la massima priorità. Oltre al rispetto di tutti i protocolli e dei regolamenti di sicurezza previsti nel mondo della marina mercantile e della crocieristica. Nel corso degli anni Costa (e non soltanto) ha investito per migliorare le procedure di sicurezza e la formazione, facendo affidamento anche sull’avanzamento tecnologico. Ne sono esempio la creazione di un'unità innovativa e altamente tecnologica, il Fleet Operations Center (Foc), che segue via satellite tutte le navi Costa permettendo alla compagnia di monitorare in diretta la posizione e la rotta della flotta. Si tratta del primo punto di contatto per tutte le navi e serve per garantire l'immediata disponibilità del necessario supporto a terra ovunque. La formazione avanzata del personale oggi avviene presso l’accademia C-Smart, il centro di formazione marittima dislocato ad Almere (NL), più avanzato al mondo per il personale del ponte di comando, dove tutti gli ufficiali e membri dell'equipaggio possono esercitarsi utilizzando simulatori avanzati che riproducono una navigazione realistica e situazioni operative dettagliate. E' stato introdotto di un modello avanzato di gestione del ponte di comando basato su un processo decisionale più condiviso. Inoltre, Costa ha partecipato alla revisione dei criteri di sicurezza dell'industria delle crociere (Cruise industry operational safety review, Osr) che già dal 2012-2013 ha portato all'implementazione volontaria di nuove pratiche di sicurezza che superano i requisiti normativi internazionali, coprendo diversi ambiti, dall'accesso al ponte di comando alle procedure di raccolta dei passeggeri in funzione dell’evacuazione, fino alla pianificazione delle rotte e ad altri aspetti dell'attività.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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