Gabriele Del Grande
ANSA/ MASSIMO PERCOSSI
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Chi è Gabriele Del Grande, il giornalista fermato in Turchia

Trattenuto mentre stava facendo alcune interviste, ha iniziato uno sciopero della fame per il rispetto dei suoi diritti

Gabriele Del Grande è un giornalista, documentarista italiano, che ha sempre lavorato molto sui temi dell'immigrazione, da alcuni giorni trattenuto in Turchia.
Lucchese, 34 anni, è fondatore di Fortress Europe, un osservatorio che segue il tema dei flussi migratori, delle morti che ne conseguono e del modo in cui vengono trattati i profughi nei loro percorsi migratori. È anche regista del documentario del 2014 Io sto con la sposa, che racconta il viaggio di cinque profughi siriani e palestinesi per raggiungere clandestinamente la Svezia.

Il 9 aprile scorso è stato fermato in Turchia quasi al confine sudorientale con la Siria dove era andato a intervistare alcuni profughi siriani per un libro che sta preparando. 

La ricostruzione dell'arresto
L'ultimo tweet di Del Grande risale all'8 aprile. Dal momento del fermo in terra turca è iniziata una lunga ricerca piena di angoscia, visto che il blogger toscano non ha mandato alcuna notizia di sé per dieci giorni. Questo il suo ultimo tweet.

Poi la telefonata alla sua compagna Alexandra: "Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare". Ancora il silenzio. E il nuovo appello, il giorno 19 aprile. "Da stasera inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti. I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, nè mi è dato sapere quando finirà questo fermo".

Gabriele è ancora trattenuto in un centro di detenzione amministrativa "circondato da 4 poliziotti" come ha raccontato ai suoi genitori. "La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta. Non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me", ha aggiunto Del Grande nel breve colloquio, spiegando di essere stato prima "tenuto in un centro di identificazione e di espulsione di Hatay", alla frontiera con la Siria, e poi "trasferito a Mugla", sulla costa egea, "sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento".

Il dubbio, sempre più concreto, è che Gabriele abbia ripreso o incontrato qualcuno di poco gradito alla polizia turca. E per questo sia stato fermato. Del resto il suo modo di fare informazione e giornalismo è uno solo: andare dritti alla notizia e alla voce di chi (in questo caso) è vittima di ingiustizie. Si è fatto sempre portavoce di raccontare quello che vedeva e di divulgarlo come poteva.

Il ruolo della Farnesina
Sulla vicenda, da giorni sono al lavoro le autorità italiane. Ma ancora, come confermato all'Ansa da fonti diplomatiche, non è stata fornita una data certa per il suo rimpatrio, che dovrebbe avvenire dopo il completamento di alcune procedure giudiziarie relative all'espulsione dal Paese. Le autorità italiane, in costante contatto con quelle locali, continuano a seguire il caso con la massima attenzione, facendo "pressioni a tutti i livelli".

Intanto, l'appello del reporter alla mobilitazione arriva in Italia. Il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi, ha incontrato per oltre un'ora l'ambasciatore turco a Roma. E mentre si susseguono gli appelli a tenere alta l'attenzione sul caso, il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, lancia l'allarme su un possibile tentativo "delle autorità turche di estorcere a Gabriele informazioni riguardo la sua legittima attività di giornalista.

Il trailer del documentario di Gabriele Del Grande Io sto con la sposa

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