Per Lookout news
Il caso fatto detonare dall’ex dipendente della CIA, Edward Snowden, che ha raccontato al mondo intero del programma top-secret statunitense – nome in codice PRISM – relativo al monitoraggio di Internet e dei tabulati telefonici dei cittadini americani, è quantomeno ambiguo.
La prima cosa che viene in mente pensando a questo scandalo è la strana concatenazione di eventi che coinvolgono direttamente l’Amministrazione Obama. Solo nelle ultime settimane, abbiamo avuto in serie: lo scoop dello spionaggio ai danni dei giornalisti dell’Associated Press, quello dell’Agenzia delle Entrate che tartassa gli avversari politici del Tea Party e le rinnovate polemiche sull’11 settembre libico che coinvolgono anche la CIA. Sembra quasi che si voglia distruggere la credibilità del presidente, il quale certamente ci mette anche del suo, agendo come ogni buon avvocato di Chicago in maniera cinica e spregiudicata in non poche circostanze (vedi l’uso indiscriminato dei droni).
Come cambia lo spionaggio
Ma sul banco degli imputati ci dovrebbe essere in realtà un altro soggetto: i servizi segreti americani e le modalità d’ingaggio degli agenti di sicurezza di nuova generazione. Per esempio, che cosa sappiamo esattamente di Edward Snowden oltre al fatto che ha ventinove anni, ha una ragazza che fa la ballerina e che ha lavorato come assistente tecnico presso la Central Intelligence Agency? Solo che ha ottenuto la solidarietà nientemeno che di Julian Assange – il fondatore di Wikileaks famoso aver messo in rete migliaia di cablogrammi compromettenti e informazioni segrete redatte per i soli occhi del governo americano – e che adesso Snowden è in fuga tra Hong Kong e chissà dove. Ma può un servizio segreto stimato e celebre come la CIA permettersi di essere ridicolizzato da un giovane che lascia il servizio per uno scrupolo di coscienza o per un po’ di soldi in più? Ma soprattutto: è andata davvero così?
Come si sa, lo spionaggio è il mestiere più antico del mondo e, se vuole sopravvivere, dev’essere molto ma molto professionale. Se il profilo dell’agente segreto non differisce da quello di chiunque altro – scordiamoci James Bond, per favore – è altrettanto vero che non ci si può fidare di spie cialtrone e imprecise. La Humint (Human intelligence) è ancora una parte fondamentale delle attività di spionaggio: chi pensa che si possa delegare il processo di raccolta informazioni sensibili all’intelligence tecnologica, sbaglia di grosso.
Ancora oggi reclutare il capo della segreteria di un ministro del fronte avversario paga molto di più che intercettargli le mail o il telefono. Quello che è successo a Mosca poche settimane fa – quando il funzionario della CIA, Ryan Fogle, si è fatto beccare dall’FSB russo mentre tentava di reclutare un agente – la dice lunga sul livello raggiunto dalla gigantesca macchina d’intelligence della CIA che, da quando si è dedicata quasi esclusivamente alle uccisioni mirate con i droni, sembra essersi impigrita e aver perso una delle caratteristiche essenziali di un servizio segreto: la capacità di reclutare e gestire reti di agenti, informatori e fonti inserite nei fronti avversari.
Chi è Edward Snowden
Edward Snowden viene ora dipinto come un alfiere della libertà e lui stesso ha dichiarato alGuardian, il quotidiano britannico che insieme alWashington Postha fatto questo e precedenti scoop (come, poi, bisognerebbe indagarlo meglio): “Io non voglio vivere in una società che fa questo genere di cose […] Non voglio vivere in un mondo in cui tutto quello che faccio e dico è registrato. Questo è qualcosa che io non sono disposto a tollerare né a conviverci”.
Eppure, lui pare aver lasciato la CIA per soldi, passando a lavorare per laBooz AllenHamilton, la quale non solo ha in appalto esclusivo i lavori più segreti della NSA (la National Security Agency, si occupa di sicurezza nazionale per conto del governo) ma paga molto meglio della CIA.
E se Snowden non lo ha fatto per guadagnare quei 200mila dollari l’anno che gli imputano ma solo “per non sentirmi in colpa” come egli stesso afferma, dovremmo allora concludere che lui non sia un delatore ma, come dicono, un vero “whistleblower”: figura-simbolo della cultura anticonformista e liberale americana, che incarna il cittadino Davide che lotta contro il gigante dell’establishment Golia. Ma, allora, perché diventare agente segreto? Qualcosa non torna.
La guerra di spie
Sarà pur vero che “la NSA ha creato un’infrastruttura che consente di intercettare quasi tutto” ma che dire allora di Echelon? Non deve sfuggire, infine, che la notizia sia giunta contestualmente al vertice storico USA-Cina tra il presidente Xi Jinping e Barack Obama, dove tra i temi di maggior imbarazzo figurava proprio la cyber-war ovvero il furto e lo spionaggio di dati tecnologici.
Insomma, sarebbe bello credere che il giovane Snowden sia un eroe americano, un paladino della libertà, ma preoccupa non poco il fatto che abbia scelto proprio la cinese Hong Kong per fuggire. Ora, la Cina potrebbe anche decidere di non estradarlo verso gli Stati Uniti, convinta che gli USA supplicheranno Pechino. Tutto ciò ricorda molto il caso di Philip Agee, ex funzionario CIA fuggito a Cuba che rivelò in un libro l’identità di decine di agenti segreti, ufficialmente per un “rimorso di coscienza”. Mentre in realtà si trattò della classica spy-story da Guerra Fredda. Come quella che si combatte oggi tra Stati Uniti, Russia e Cina. Dove quest’ultima segna un altro punto a proprio favore.