Delitti e misteri dell'agosto 2014
Follia, esaltazione, visioni mistiche e gelosia. Dalla donna massacrata e decapitata a Roma, al padre che ha ucciso con un coltellata al cuore la figlia di un anno e mezzo: cinque casi di cronaca più "efferati" avvenuti nel mese di agosto
Un agosto di “sangue”. Niente sole, niente tintarella ma solo una interminabile scia di sangue. Quest’anno l’estate non è arrivata, il sole non si è quasi mai visto ma in questo periodo si sono susseguiti omicidi e stragi familiari. Da Nord a Sud Italia, mariti hanno ucciso le proprie compagne, i padri i propri figli o addirittura hanno sterminato l’intera famiglia. Un scia di omicidi che sembra non fermarsi. Ieri sera, dopo il terribile omicidio dell’Eur, Roma si è macchiata ancora di sangue. Pietro Pace, un 40enne incensurato residente in zona, è stato vittima di un agguato alla periferia di Roma, in zona Anagnina.
L'uomo si trovava a bordo della sua auto in via Gasperina, quando è stato avvicinato dai due killer in moto che, in stile mafioso, l'hanno ucciso con diversi colpi di pistola. Paci è stato trovato riverso sul volante della macchina. Tra le ipotesi un regolamento di conti o una vendetta. Ma l’uomo è un incensurato e non sembra essere stato in contatto con ambienti della criminalità organizzata.
Roma: la colf decapitata nella villa dell’Eur
Una donna viene prima massacrata con oltre 40 coltellate, inferte con diversi fendenti e poi decapitata. Il massacratore della colf ucraina Federico Leonelli, è fissato con lo Stato Ebraico. Lui voleva andare a combattere contro i palestinesi di Hamas e nel suo stato di disperazione e sofferenza psichica sempre più profonda, causata da una patologia risalente all'infanzia, ha massacrato la donna. Federico si definiva "il nuovo messia" e farneticava di contatti con i servizi segreti e con la Nasa. Pochi mesi fa acquistò dei coltelli alla Rambo su un sito internet di armi, anch'esso israeliano. L’assassino di Oksana Matseniuk, la colf, aveva tentato di andare a combattere in Israele. Ma era stato rimandato indietro. Pochi mesi fa all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, Leonelli, fu rimandato indietro in quanto "turista sospetto", secondo il portavoce dell'ambasciata israeliana in Italia Amit Zarouk. I responsabili della sicurezza dello scalo, che spesso sottopongono i nuovi arrivati a colloqui approfonditi, devono aver riscontrato nel giovane Leonelli un potenziale rischio, tanto da vietargli per 5 anni l'ingresso nel Paese. Le ragioni del divieto di ingresso potrebbero essere molteplici. Le motivazioni di Leonelli apparivano "diverse da quelle turistiche" e c'era il sospetto che l'uomo volesse trattenersi in Israele per un periodo molto più lungo. Aveva un biglietto di sola andata e non seppe indicare un recapito nel Paese. Costretto a tornare in Italia, Leonelli andò a protestare all'ambasciata israeliana a Roma. Federico appariva già in uno stato di profonda alterazione psichica e da tempo faceva uso di psicofarmaci. Era affetto da schizofrenia. Federico nell'uccidere e decapitare la 38enne colf ucraina avrebbe dimostrato "particolare dimestichezza" con i coltelli, tanto da segarle la testa in pochi minuti. I coltelli acquistati online, gli stessi che potrebbero essere stati il movente del massacro di Oksana. La donna avrebbe rivelato al proprietario della villa dell'Eur che Leonelli ne maneggiava parecchi e questo potrebbe esserle costata la vita scatenando una furia omicida inaudita. Leonelli viene ucciso dai due poliziotti durante l'arresto.
Monasterace: massacra la moglie e fugge per cinque giorni.
Si consegna ai carabinieri che lo braccavano da cinque giorni con le unita' cinofile, i cani molecolari, gli elicotteri, ed i "cacciatori" che perlustravano il territorio palmo a palmo. Una pressione, quella esercitata dai carabinieri, diventata alla fine insopportabile per Giuseppe Pilato, il trentenne ricercato con l'accusa di avere ucciso la moglie Mary Cirillo nel loro appartamento, a Monasterace. E così, l'uomo, accompagnato dai suoi legali, si è presentato ai militari impegnati nell'ennesima battuta alle porte del paese, costituendosi. "Non ricordo niente" sono state la poche parole dette al pm della Procura di Locri Rosanna Sgueglia che lo ha subito interrogato e gli ha notificato il provvedimento di fermo con le accuse di omicidio volontario e porto e detenzione illegale della pistola calibro 7.65 usata per il delitto e che ancora non è stata trovata. Pistola che, secondo quanto accertato dall'autopsia, ha fatto fuoco due volte contro Mary. Il primo colpo ha centrato la donna in bocca ed il secondo alla tempia, probabilmente mentre la vittima stava già cadendo per terra dove è stata trovata, in una pozza di sangue, dalla figlia di dieci anni, la maggiore dei quattro bambini della coppia. E "non ricordo" sono state le parole usate da Pilato anche per rispondere ad altre domande del pm, come quelle su dove e' stato in questi cinque giorni, se ha visto qualcuno, cosa ha fatto. La sua auto è stata ritrovata nella notte dell’omicidio davanti la stazione ferroviaria di Guardavalle Marina.
Padre uccide la figlia di 18 mesi in nome di Dio
"Disegno di Dio", "precetto di nostro Signore", "Dio nostro Signore". Nella decina di fogli manoscritti sequestrati dai carabinieri, Luca Giustini, il ferroviere di 34 anni che ha assassinato la figlioletta di 18 mesi con cinque coltellate a Collemarino, in provincia di Ancona, aveva scritto frasi confuse, a tratti incomprensibili, in cui però si ripetono ossessivamente richiami mistici al "progetto di Dio venuto tra noi", del "Signore" che avrebbe guidato le sue azioni. E' quanto emerge dall'inchiesta condotta dalla procura di Ancona. L’uomo, arrestato immediatamente dopo l’omicidio, è tenuto sotto terapia farmacologica e continua a ripetere di aver sentito una voce che gli diceva di uccidere la figlia. Ha anche parlato di una banale caduta di qualche giorno fa in cui la bimba si era ferita in modo lieve alla nuca. Un episodio che potrebbe aver scatenato nell'uomo l'infondata paura di danni permanenti alla piccina e, da qui, l'impeto delirante di salvarla dal male. Poche ore prima dell'omicidio, era andato a trovare la madre, aveva pianto e aveva chiesto di pregare anche insieme all'anziana nonna. Tra gli ultimi 'mi piace' sul suo profilo di facebook, Giustini ne aveva assegnato uno a un esperto in psicografia, la scrittura sotto la guida di uno spirito: una conferma che il ferroviere da qualche tempo coltivava questo interesse e forse nella sua mente qualcosa iniziava a non funzionare. Sono elementi che dovranno essere esaminati da uno psichiatra
Roma: un corpo senza nome a Ponte Galeria. Il giallo di Ferragosto.
E’ stata trovata il 18 agosto, il lunedì del week end di Ferragosto. La vittima deve essere ancora identificata. Infatti continua a restare avvolto nel mistero il ritrovamento del corpo di una donna a Roma, in un campo nella zona periferica di Ponte Galeria. Un corpo ancora senza nome, senza una identità e sul quale gli inquirenti della Procura di Roma stanno cercando di fare chiarezza. Determinante, forse, l'esame autoptico. I tasselli in mano agli inquirenti restano pochi ma è da escludere che la donna, bionda, occhi chiari e con età tra i 40 e i 50 anni, fosse una prostituta. Non si esclude, invece, che si tratti di una clochard anche se le mani curate e l'abbigliamento lasciano aperte anche altre ipotesi. In possesso agli inquirenti anche i fotogrammi di una telecamera di un esercizio commerciale di via della Muratella, non lontano dal luogo del ritrovamento, che ha ripreso nei giorni scorsi una senzatetto che assomiglierebbe molto fisicamente alla donna e con abbigliamento simile. Ad una prima analisi esterna del corpo, parzialmente mummificato dopo sette giorni rimasto esposto agli agenti atmosferici, risulterebbero una serie di "segni violacei" sulla cui natura, però, il medico legale non si è ancora espresso. Da accertare se si tratti di segni da decubito o di lesioni. Individuate anche piccole escoriazioni sotto i piedi. Nelle sue tasche sono stati trovati circa 70 euro, tutti in banconote di piccolo taglio, un coltellino e il ritaglio di una rivista in tedesco che adesso dovrà essere affidata a dei periti per la traduzione. I carabinieri sono in possesso di una denuncia per la scomparsa di una donna tedesca ma la descrizione non corrisponde in alcun modo alla donna trovata nel campo.
Il professore universitario fatto a pezzi e messo in valigia
E’ il pomeriggio dell’8 agosto, a Lodi. Il corpo a fatto a pezzi dell'ex professore universitario Adriano Manesco, viene trovato in un cassonetto. Poche ore dopo il delitto vengono fermati due piacentini che avevano, secondo gli inquirenti, avevano trovato un sistema per dirottare denaro dal conto corrente della vittima a uno a loro riconducibile. Vi è l'ipotesi che l'ex docente fosse sottoposto a un ricatto a sfondo sessuale da parte dei due. Ma questo non il solo caso di uomo, ucciso e poi fatto a pezzi nella regione lombarda. Ci sono altri due casi di omicidio, avvenuti negli ultimi anni in Lombardia, nel Lodigiano e nel Pavese, non lontano da Piacenza ma rimasti irrisolti, che presentano analogie col delitto avvenuto a Lodi. I due casi irrisolti - uno è del 2011 e l'altro del 2007 - sono tornati in queste ore sotto la lente degli inquirenti dopo l'arresto dei due piacentini 30enni che hanno tentato di far sparire il cadavere sezionato del professore milanese. La polizia non esclude che i due casi mai risolti possano essere collegati al nuovo omicidio. Il caso più recente risale a tre anni fa e riguarda il ritrovamento dei resti mutilati di un uomo che un ciclista aveva notato casualmente in riva al fiume Lambro vicino a Orio Litta, un piccolo comune nella parte meridionale della provincia di Lodi, a due passi da Piacenza. Il cadavere era stato smembrato e decapitato. La testa, insieme alle mani e a parte delle gambe, non sono mai state ritrovate, e quell'uomo non è mai stato nemmeno identificato. Mai nemmeno una denuncia di scomparsa, aspetto che ha fatto pensare che fosse stato ucciso altrove, lontano dal luogo del ritrovamento. L'altro delitto era avvenuto nel 2007 in provincia di Pavia, a Monteleone: ancora il corpo di un uomo robusto ritrovato senza testa e senza le mani, proprio per impedirne il riconoscimento. E, anche in quel caso, non vi fu nella zona alcuna denuncia di scomparsa. Le similitudini ci sono e dunque gli inquirenti valutano l'ipotesi di delitti seriali.
La strana morte del vescovo di Trieste
Un dissapore. E' questo il filone sul quale sono concentrate le indagini dei carabinieri in merito alla morte di monsignor Giuseppe Rocco, di 92 anni nella Casa del clero di Trieste. Le indagini hanno avuto una svolta dopo gli esiti dell' autopsia secondo la quale l'anziano sacerdote sarebbe stato strangolato e non si sarebbe invece trattato di un decesso per ragioni naturali, come inizialmente si riteneva. Nell'attesa del Ris dei carabinieri, che dovrebbe giungere nel capoluogo giuliano', i militari del Nucleo Investigativo della Compagnia provinciale dei Carabinieri, sono propensi ad escludere il movente della rapina. Se si esclude, infatti, una catenina di poco valore, non ci sarebbero oggetti o denaro mancanti tra i beni in possesso di don Giuseppe. La camera dove è stato il corpo, inoltre, non erano emersi subito particolari rilevanti ai fini dell'indagine. I militari hanno ascoltato nei giorni scorsi, le persone che frequentavano con regolarità la vittima e sarebbe già cominciato un nuovo giro di interrogatori. Si tende, soprattutto, a comprendere se si tratti di un dissapore covato a lungo, magari negli anni, oppure di un sentimento scaturito da un evento recente. Don Giuseppe Rocco, parroco per decenni in una chiesa del centro cittadino, risiedeva dal 2003 nella Casa, una struttura ricettiva all'interno del complesso del Seminario vescovile. Le radiografie al collo del prete hanno evidenziato lesioni riconducibili non a una caduta accidentale o a uno spostamento del corpo, ma a un'azione violenta. Non un malore, dunque, ma uno strangolamento.