2013, l'anno nero dell'intelligence
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2013, l'anno nero dell'intelligence

Il 2013 è stato un anno ricco di avvenimenti cruciali per le relazioni internazionali. Ecco alcune tra le più significative operazioni segrete dei governi che si contendono le sfere d’influenza globali del nuovo millennio

 (Lookout News )

Chi si ostina ad appellare i servizi segreti come “007”, “barbefinte” o con altri epiteti di fantasia, è fin troppo influenzato dalcinema, dalla novellistica e dal giornalismo all’ingrosso, e contribuisce a creare confusione sulla figura professionale che si cela dietro all’intelligence e che si è conquistata un posto d’onore nella storia, per il solo fatto di lavorare segretamente a quello che dovrebbe essere uno scopo nobile, la difesa della propria nazione.

 

Il 2013 è stato un anno ricco di operazioni segrete, dominato tanto da operazioni d’intelligence di alto livello, quanto da scandali e clamorosi insuccessi dei servizi segreti di numerose nazioni, a cominciare dagli Stati Uniti.

  

L’intercettazione all’Associated Press
Per i servizi segreti USA, il 2013 è stato un pessimo anno: prima ancora che il Datagate gettasse discredito sulla National Security Agency, il preludio della tempesta che si sarebbe scatenata sopra i cieli di Washington colpisce prima l’Agenzia delle Entrate, scoperta a tartassare gli uomini del Tea Party (avversari di Obama), e poi il Dipartimento di Giustizia USA, accusato di aver intercettato segretamente e per un periodo prolungato una ventina di giornalisti dell’Associated Press (AP), agenzia di stampa internazionale tra le più grandi al mondo.

Il 13 maggio, AP accusa a mezzo stampa il Dipartimento di Giustizia di intrusioni “inaccettabili”, che il procuratore generale Eric Holder dovrà giustificare con la necessità di indagare sulla fuga di notizie relative a un complotto terroristico sventato dalla CIA in Yemen su un aereo di linea diretto negli Stati Uniti.

TUTTO IL MEGLIO DEL 2013

L’arresto a Mosca di un agente CIA
Pochi giorni dopo, arriva una nuova tegola sul tavolo della Casa Bianca, che coinvolge ancora Langley (in Virginia, sede della CIA): Ryan Fogle, un agente CIA infiltrato a Mosca sotto copertura diplomatica di terzo segretario politico dell’ambasciata USA, è arrestato a Mosca mentre tenta di reclutare un agente russo con un milione di dollari. Trattenuto e interrogato dall’FSB - erede del KGB nel controspionaggio russo - l’agente americano viene riconsegnato all’ambasciata americana, dichiarato “persona non gradita” ed espulso dalla Russia con disonore, non prima di avergli “bruciato” la copertura: l’FSB, infatti, diffonde le immagini del ragazzo tratto in arresto in un video a dir poco umiliante, nel quale compaiono anche gli strumenti del mestiere (parrucche comprese) usati da Fogle per mimetizzarsi.

Datagate, il caso dell’anno
Il Datagate è certo il più celebre caso di spionaggio venuto alla luce nel 2013, che ha svelato l’attività di raccolta dati della National security Agency per conto del governo USA. Il caso scoppia a giugno, quando il quotidiano britannicoGuardianpubblica i primi documenti riservati di Edward Snowden, informatico ed ex funzionario di CIA ed NSA. Snowden contatta il giornalista e blogger Glenn Greenwald e gli passa i documenti top secret. Poi fugge in Russia via Hong Kong e si fa beffa degli agenti americani, che ancora oggi tentano inutilmente di riportarlo in patria.

Quella notizia, intanto, fa il giro del mondo e replica mediaticamente l’eco e l’indignazione seguite allo scandalo Wikileaks, che nel 2010 rivelò i cablo segreti dei diplomatici di mezzo mondo. È il vaso di Pandora che rivelerà l’esistenza del sistema americano d’intercettazione globale e della rete PRISM, erede di ECHELON, capace di ascoltare e raccogliere dati su milioni di persone, dal tabaccaio di Damasco ad Angela Merkel, dal semplice cittadino a Papa Francesco.

Le rivelazioni, diffuse col contagocce, appaiono progressivamente sempre più come una campagna stampa ordita a danno degli USA, e qualcuno intravede in questo scandalo un’operazione di controinformazione organizzata dall’intelligence russa, che avrebbe eterodiretto Snowden.

 

Il doppio blitz in Libia e Somalia
Il 5 ottobre è una giornata particolare per i corpi speciali e gli specialisti dell’intelligence americana. Grazie ad accurate informazioni della CIA ottenute in stretta collaborazione con l’FBI, uomini delle forze d’élite della marina statunitense con un ardito blitz riescono ad arrestare a Tripoli, in Libia, Anas Al Liby, ritenuta una delle menti dietro gli attentati dell’ambasciata statunitense del 1998, che uccise più di 220 persone in Kenya e Tanzania, e che era da allora in cima alla lista dei ricercati del Federal Bureau (con una taglia di 5 milioni di dollari).

L’operazione congiunta tra i corpi speciali e l’intelligence in territorio straniero è un successo ma ha come contraccolpo quello di irritare profondamente i libici: per ritorsione, il 10 ottobre, uomini armati fanno irruzione nell’Hotel Corinthia di Tripoli e rapiscono il premier libico Al Zeidan, accusato di complicità con gli USA, complice una dichiarazione imprudente del Segretario di Stato americano, John Kerry, che afferma: “il governo libico era al corrente di tutto”. Il premier verrà rilasciato poche ore dopo.

Peggio va in Somalia, a Barawe, dove nelle stesse ore un’altra squadra dei corpi speciali USA assalta la residenza di un importante esponente dell’organizzazione jihadista Al Shabaab, considerato direttamente coinvolto nella pianificazione dell’attacco terroristico di Nairobi presso il Westgate Mall (quando i miliziani di Al Shabaab, il 21 settembre, fanno 72 morti). Ne scaturisce un violento conflitto a fuoco e l’attacco è un buco nell’acqua: Abdulkadir Mohammed Abdulkadir, meglio noto come Ikrimah, sfugge e i corpi speciali USA battono in ritirata.

Anche se quella americana è un’intelligence molto muscolare (e in buona parte illegale sotto il profilo del diritto internazionale), non si possono tralasciare gli attacchi con i droni: se dal 2004 al 2012 in totale sono state uccise 4.700 persone in operazioni che - come confessato al Washington Post da un generale americano - hanno trasformato la CIA in una “killing mahcine”, nel 2013 il numero di omicidi mirati non è destinato ad arrestarsi. Basti dire che pochi giorni fa un drone ha ucciso della CIA ha ucciso in Yemen 15 civili che si recavano a un banchetto nuziale.

  

I francesi in Mali
L’avanzata delle truppe francesi in Mali è invece un successo: nel gennaio 2013 scatta l’operazione “Serval” e una forza multinazionale guidata da Parigi interviene su mandato ONU, per ristabilire l’ordine dopo il colpo di stato del 2012 ad opera di MNLA e islamisti.

L’MNLA, Movimento Nazionale per l’indipendenza dell’Azawad, è costituito in prevalenza da Tuareg, con cui i servizi francesi sono legati da un rapporto che dura da decenni, rafforzato dal sostegno alla causa dell’indipendenza dei Tuareg fornito da importanti figure della sicurezza e della politica francese. È grazie alla collaborazione e al loro reclutamento sul territorio da parte degli agenti segreti di Parigi con i capi tribù del nord del Paese, che i francesi riescono a dividere il fronte dei ribelli, a catturare numerosi capi dell’opposizione e a isolare gli islamisti, che presto batteranno in ritirata.

Esemplificativo è il caso della presa di Kidal, capoluogo di una delle regioni più calde del conflitto: l’ingresso nella città delle forze speciali francesi viene “garantito” da una colonna di soldati dell’MNLA, che negoziano per conto di Parigi la ritirata dei combattenti jihadisti.

 

 

Iran-Israele
Tra le operazioni più delicate, non si possono non citare anche alcuni omicidi “eccellenti”, dietro ai quali si celano le più delicate e segrete operazioni connesse al braccio di ferro tra Iran e Israele, compiute a cavallo tra l’Iran e la Siria. In quest’ottica si possono inquadrare:

 

l’omicidio di Mojtaba Ahmadi, capo del “Cyber Defense Command” delle Forze Armate dell’Iran, trovato morto con due colpi al cuore il 28 settembre in una zona boschiva vicino alla città di Karaj, a nord-ovest della capitale, Teheran;

 

l’omicidio del generale Jamaa Jamaa, alto ufficiale dell’intelligence militare siriana e braccio destro di Bashar Assad, raggiunto da un cecchino a Deir el-Zor, cittadina della Siria orientale, il 18 ottobre 2013;

l’omicidio il 6 novembre in Siria di Jamali Paghal’e, Generale di Brigata dei Pasdaran inviato da Teheran a Damasco, per sostenere con uomini e mezzi la controffensiva del Presidente Bashar al-Assad contro i ribelli;

l’uccisione l’11 novembre, a Teheran, del vice ministro dell’Industria iraniana Rahmat Abadi, legato agli accordi con l’Agenzia ONU per il nucleare sui controlli relativi al programma atomico iraniano;

la misteriosa esplosione, nei primi giorni di novembre, al reattore nucleare di Arak, in Iran, dov’è in costruzione un reattore ad acqua pesante, preludio del confezionamento della “bomba nucleare” iraniana che Israele teme più d’ogni altra cosa.

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Luciano Tirinnanzi