Il “Leone marciano” di Vittore Carpaccio, custodito nel Palazzo Ducale di Venezia e ora in mostra a Conegliano (Treviso)
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Da Mantegna fino a Pompei

Viaggio nella bellezza antica: luoghi e mostre per un percorso nella grande arte

Parole nuove per cose antiche. Formule buffe per belle idee. Prendete «site specific», per esempio: l’etichetta, che indica opere d’arte «fatte apposta per il luogo in cui sono esposte», è oggi assai gradita ai giovani curatori d’arte contemporanea, sbandierata come fosse un fatto nuovo. Fingono di scordare, però, i cultori dell’anglicismo, che l’arte è stata per molti secoli soprattutto così: ideata per dare senso a un luogo preciso. Vale la pena, allora, segnalare alcune chicche «site specific» ante litteram, opere-luogo restituite al pubblico in questi giorni, e possibili punti di partenza per un viaggio fra ottime mostre.

Prima tappa è il capolavoro di Andrea Mantegna: la Camera degli sposi di Mantova, dipinta nel corso di nove anni (tra il 1465 e il 1474) nel castello di San Giorgio, e ora riaperta dopo il sisma del 2012. Per quella celebrazione dei Gonzaga, che fu dinastica e politica, con affreschi su tutte le pareti e le volte del soffitto, un 43enne Mantegna aveva profuso il suo «classicismo archeologico» senza rinunciare a esplicite citazioni. Il celebre oculo sulla volta, per esempio, da cui s’intravedono (illusionisticamente) il cielo e le figure che guardano in giù, rimandava all’«impluvium » tipico della casa romana, qui riadattato però come simbolo d’apertura politica della corte verso il popolo.

Bellezza e propaganda, dunque. Forma e informazione. Erano attenti alla propria autocelebrazione i grandi signori del passato, anche negli spazi privati. E accorti quanto i Gonzaga erano pure i Montefeltro. Eccoci dunque nello Studiolo del duca Federico, nel Palazzo ducale di Urbino. Vera quadreria con pezzi studiati per il luogo, quell’ambiente è appena stato ricomposto com’era nel 1476: con i 28 ritratti di uomini illustri, 14 dei quali in prestito per la prima volta dal Louvre (fino al 5 luglio).

Se poi ci si spinge a sud, e molto indietro nel tempo, si arriva alla terza tappa di questo viaggio con la Villa dei Misteri, celebre domus dell’antica Pompei, che ha riaperto con i suoi colori squillanti e i restaurati mosaici del pavimento. Ma l’itinerario fra la bellezza antica può continuare. Tre importanti mostre prolungano il viaggio mentre l’etichetta del «fatto apposta» cede il passo a quella nobile di genius loci.

A Bergamo, per esempio, va in scenaLo sguardo della bellezza (fino al 21 giugno), ovvero la pittura di Palma il Vecchio, quel Jacomo Nigretti (1480-1528), cioè, che il Vasari celebrò fino a dire che Leonardo e Michelangelo «non avrebbono altrimenti operato». Palma, attivo soprattutto a Venezia, era nato a Serina, in provincia di Bergamo, ed è nella Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo che la città gli rende onore, con 40 opere, nella prima mostra antologica mai dedicatagli.

E mentre al Palazzo Sarcinelli di Conegliano (Treviso) va in mostra fino al 28 giugno Carpaccio, artista della generazione del Mantegna (anche se più giovane) nonché modello di riferimento per Palma, è invece a Milano che l’arte locale sfila al suo meglio: nella mostra Dai Visconti agli Sforza a Palazzo reale (fino al 28 giugno) 250 opere portano in rassegna artisti famosi e meno noti tra i quali spiccano pezzi di Giovannino de’ Grassi, Michelino da Besozzo, Gentile da Fabriano, Vincenzo Foppa, sino ai leonardeschi Boltraffio, de Predis e Zenale.

La mostra ripensa in chiave attuale quella celebre del 1958 curata da Roberto Longhi, grande storico dell’arte di cui l’editore Portatori d’acqua ha recentemente ripubblicato Proposte per una critica d’arte mentre Abscondita ha riproposto uno dei suoi testi fondamentali, I fatti di Masolino e Masaccio. Due libri sempreverdi, questi, da prendere come nuovi punti di partenza per altri possibili viaggi nell’inesauribile bellezza dell’antico.

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Antonio Carnevale