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Emicrania: 15 cose per vivere finalmente senza

Emicrania: 15 cose per vivere finalmente senza

Per chi soffre di mal di testa è un buon momento. Viene riconosciuto come «malattia sociale» e, soprattutto, sono disponibili nuove armi antidolore. Ecco tutte le novità che adesso funzionano.


Il mal di testa non è un «male» come gli altri. È uno strumento di tortura composto da: due tenaglie che stringono le tempie, una pinza che artiglia i nervi del collo, un trapano che entra nelle mandibole, una mano che afferra lo stomaco aggiungendo quel persistente senso di nausea senza il quale non saresti propriamente all’inferno. Che, in questa versione, può durare anche tre giorni senza che alcun analgesico faccia la differenza. Esagerato? Non per chi ne soffre in forma cronica, molesta e ostinata (gli altri possono saltare all’articolo successivo). Per i dannati della cefalea, ci sono ora due importanti novità: è stata finalmente riconosciuta «malattia sociale»; e sul mercato sono arrivati tre nuovi farmaci, tre anticorpi monoclonali creati appositamente per questa patologia, quindi assai più efficaci nel prevenire e ridurre la frequenza degli attacchi. Quello che state per leggere sono 15 capitoletti su tutto quello che è importante sapere sul mal di testa, perché colpisce così tanto alcune persone e non altre, come disintossicarsi dall’abuso di farmaci e uscire dall’incubo, scritti con la consulenza di Grazia Sances, neurologa e responsabile del Centro Regionale Diagnosi e Cura delle Cefalee all’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia.


Emicrania: 15 cose per vivere finalmente senza


L’emicrania è stata riconosciuta come malattia sociale. Che cosa significa?

È un traguardo molto importante per i pazienti: riconosce ad alcune forme di cefalea cronica (emicrania cronica e ad alta frequenza, cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di analgesici, cefalea a grappolo cronica, emicrania parossistica cronica, cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione, emicrania continua), una dignità di vera e propria malattia, invalidante per chi ne soffre.

Per i pazienti, cosa cambia in concreto?

Potranno avere delle certificazioni della loro malattia da usare sul lavoro, e si potranno avviare progetti finalizzati e riconosciuti dalle istituzioni, regionali e nazionali, di presa in carico anche della cefalea cronica (come già avviene per altre patologie).

In campo farmaceutico, sono arrivati tre nuovi anticorpi monoclonali. Come funzionano?

I primi tre anticorpi monoclonali disponibili in Italia sono erenumab, galcanezumab, fremanezumab; un quarto, eptinezumab, è in fase di sperimentazione. Sono molecole create apposta per l’emicrania: si iniettano sottocute e agiscono bloccando un neurotrasmettitore (il Calcitonin gene related peptide) implicato nello sviluppo della malattia. In passato, per la profilassi, si sono usati farmaci non specifici, presi in prestito da altre patologie e per i quali, casualmente, si era notato un effetto anche sull’emicrania; ma spesso con benefici parziali ed effetti collaterali di rilievo.

Su quali tipi di cefalea agiscono i nuovi anticorpi?

Al momento sono indicati solo per l’emicrania e non su tutti i tipi di cefalea (sono stati condotti studi anche su quella a grappolo ma, per ora, non c’è ancora la possibilità di usarli per questa forma). Hanno mostrato efficacia anche nei trattamenti real-life, cioè post-sperimentazione, buona tollerabilità e scarsissimi effetti collaterali. L’Aifa ha definito di recente la rimborsabilità con il Ssn e fornito i criteri con cui i pazienti possono accedere alla cura. Sono un notevole passo in avanti per la cura dell’emicrania.

Nella cefalea muscolo tensiva sono utili i nuovi anticorpi monoclonali?

No, per questa forma sono spesso più efficaci terapie di rilassamento: training autogeno, mindfulness, psicoterapia cognitivo-comportamentale, bio-feedback, agopuntura, massoterapia, esercizi di rilassamento e di respirazione.

Quali sono le cause più comuni in questo tipo di cefalea?

Spesso deriva da tensione dei muscoli pericranici e del collo, correlata a particolari situazioni: posture scorrette (nell’uso prolungato del pc o del cellulare), stili di vita, stress psico-fisico, alterazione dei ritmi del sonno, affaticamento della vista (molte ore di lavoro senza interruzione con il pc), disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, alterazioni della colonna
cervicale, variazioni climatiche.

Come ritrasformare un mal di testa cronico in un disturbo occasionale?

Quando un’emicrania è divenuta cronica il ritorno a una forma episodica non è sempre agevole né veloce. Il paziente deve aiutare il medico a capire quali sono le situazioni che favoriscono gli attacchi, come è peggiorata fino a diventare cronica. Tutto ciò si ottiene con una storia clinica accurata.

Che rischi si corrono con il fai-da-te farmacologico?

Il problema si pone soprattutto per i farmaci «al bisogno», che agiscono sui sintomi. Analgesici, triptani, ergotaminici, oppioidi, vari prodotti di combinazione, vanno bene se utilizzati poche volte nel mese. Quando invece il loro consumo è elevato si cade in una situazione di «abuso», uno dei principali fattori di cronicizzazione della cefalea e della sua resistenza ai trattamenti di profilassi. Pertanto è sempre bene consultare uno specialista.

Che tipo di risposte offrono i centri per l’emicrania?

Prima di tutto si raccoglie la storia clinica del paziente per decidere il percorso di cura: che potrà essere con soli farmaci sintomatici, se la frequenza degli attacchi è fino a due al mese, o, se risultano più numerosi, con una profilassi. Di fronte a una forma cronica con abuso di farmaci sintomatici è necessaria la loro sospensione con un programma di «disassuefazione» (in alcuni casi anche domiciliare, con accessi in day hospital o ricovero ordinario) e l’inizio di una profilassi. Occorre poi associare un programma educazionale e riabilitativo. Al Centro cefalee dell’Istituto Mondino di Pavia già da anni, per i casi cronici e complicati, esiste un percorso di presa in cura chiamato «Care».

Che ruolo ha il Dna nel mal di testa?

Il paziente emicranico ha spesso altri familiari che ne soffrono; è possibile che vi sia una predisposizione genetica. Alcune ricerche, su cui il Centro cefalee di Pavia lavora da anni, mirano a capire se esista la predisposizione genetica a sviluppare forme croniche di emicrania (studi svolti in collaborazione con L’Headache science center dell’IRRCS Mondino).

L’alimentazione conta nell’innescare un attacco?

Alcuni cibi influiscono: alcolici, prodotti contenenti glutammato, alcuni formaggi, cibi conservati… L’alimento però è un «trigger», un innesco, se induce l’emicrania entro 24-36 ore dalla sua assunzione. Tra i fattori scatenanti ci sono anche sonno scarso, affaticamento, un viaggio, il periodo mestruale: l’insieme di più fattori determina l’abbassamento di quella «soglia emicranica» che
scatena l’attacco.

A cosa è dovuta la tipica cefalea da weekend?

Si verifica in persone che hanno ritmi di vita molto cadenzati per orari di sonno-veglia, pasti, tutte situazioni che cambiano bruscamente nel fine settimana; per questo meglio evitare, per esempio, di dormire molto di più la domenica mattina. Gli emicranici, in particolare, sembra si adattino difficilmente ai cambiamenti; è come se il loro cervello facesse fatica a rimodularsi su altri ritmi in tempo breve. Stessa spiegazione può avere la cefalea che si manifesta nei primi giorni di ferie.

Esiste una personalità «emicranica»?

Svolgere un lavoro multitasking, impegnativo, sedentario, usare spesso il computer, sono alcune delle situazioni che possono «slatentizzare» una predisposizione a soffrire di cefalea e ne possono determinare la frequenza. Molti «emicranici» sono persone che amano la precisione, tendono al controllo e il fatto che questo non sia sempre possibile li destabilizza. L’ansia da prestazione fa accumulare la tensione e, sulla base di una predisposizione, si innesca l’attacco.

Con l’età la cefalea si attenua?

Quella che, almeno per le donne dopo la menopausa, tende ad attenuarsi è l’emicrania. Invece la cefalea muscolo-tensiva con gli anni può aggravarsi perché legata a fattori come disturbi cervicale e ipertensione.

Il mal di testa è un «privilegio» di noi umani o anche gli animali ne soffrono?

Difficile evidenziarlo negli animali. Alcuni esperimenti sui ratti a cui vengono somministrati nitrati (sostanze che scatenano l’emicrania nell’uomo – per liberazione di ossido nitrico e attivazione dei meccanismi del dolore) mostrano che gli animali hanno reazioni simili a quelle di una persona colpita dal mal di testa. Si isolano e cercano il buio.

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