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Galateo: la rinascita delle buone maniere

Galateo: la rinascita delle buone maniere

Il primo manuale di bon ton lo scrisse monsignor Giovanni Della Casa nel 1551. Pur restando attuale più che mai, ai tempi del nunzio apostolico non c’erano internet, smartphone e social che hanno contribuito all’analfabetizzazione globale dei nostri comportamenti. Un giornalista di Panorama ha scritto un saggio che porta al passo con i tempi il vivere con gentilezza ed educazione. Eccolo, in anteprima.


E’ sempre tempo di buone maniere, oggidì un po’ di più. A imporcelo è la pandemia che ci ha costretto a ridurre, anzi a considerare infette, le relazioni al punto che ormai ci si incontra solo nelle piazze virtuali dove ci si confronta, ma più spesso ci si scontra senza rispetto né delle persone né delle regole. E allora ascoltare di nuovo monsignor Giovanni Della Casa non fa un soldo di danno. L’autore del manuale di belle maniere Galateo overo de’ costumi è più attuale che mai anche se lo ha scritto nel 1551. E torna a imporsi come una necessità. Non è semplicemente di nuovo in voga, come testimonia il moltiplicarsi di trasmissioni tv dove concionano sedicenti esperti, o le serie dedicate all’aristocrazia come Downton Abbey che fanno record d’ascolti (solo il film ha incassato 240 milioni di dollari); è proprio un antidoto alla volgarità dei tempi, una sorta di riabilitazione al confronto dopo i mesi bui della clausura virale.

Ci incontreremo per un tè, ricominceremo a viaggiare, si tornerà a una prima a teatro, a un concerto, a un pomeriggio di chiacchiere, insomma a una vita di relazione, quella che vale la pena di esser vissuta. Ricevendo gli amici a casa, si dovrà aggiornare il Galateo al green pass? Se volete subito la regola, eccola: chiedere il salvacondotto vaccinale è lecito, mostrarlo è cortesia. Ci è stato ripetuto con un eccesso d’insistenza – magari per offrirci un cordiale psicologico – che dalla pandemia saremmo usciti migliori. E le buone maniere sono un viatico di miglioramento della relazione. Che questa sia un’esigenza lo dicono moltissimi studiosi. Pierpaolo Donati, sociologo, e Giulio Maspero, teologo, hanno mandato alle stampe Dopo la pandemia, rigenerare la società con le relazioni. Lo psichiatra Paolo Crepet ha pubblicato La fragilità del bene e Oltre la tempesta per spiegare che «se privi un bambino della socialità e della scuola i risultati sono quelli che si stanno verificando. Stiamo indagando sulla “online brain syndrome” che si manifesta con effetti simil-demenziali, la perdita della memoria a breve termine, una ridotta capacità di concentrazione. In generale, con una scarsa voglia di reagire nei ragazzi».

Da tutti gli studi emerge un dato: senza socialità e senza relazione si producono danni irreparabili. Ma il punto è: come ci si educa o rieduca alla relazione? Quando Giovanni Della Casa s’accinse a scrivere il suo saggio, già Baldassarre Castiglione aveva mandato alle stampe Il Cortegiano e molti si dilettavano a inventare nuovi modi per compiacere l’ospite. Caterina de’ Medici era appena arrivata in Francia a insegnare l’uso della forchetta e Leonardo da Vinci, maestro delle cerimonie di Ludovico il Moro, cominciava a imporre il tovagliolo e il bicchiere singolo.

Decoro, igiene e buone maniere già allora andavano di pari passo. Giovanni della Casa fa qualcosa di più ed è quello che lo rende estremamente attuale: prova a spiegare anche ai borghesi, ai nuovi mercanti, a quel ceto delle professioni che nel tardo Cinquecento incarnava il protagonismo sociale, che comportarsi bene giova. Così scrive il Galateo in forma di dialogo platonico tra un vecchio signore che ammaestra un giovanetto. Il primo capitolo s’intitola: Ideale di vita, i buoni costumi sono utili alla società. C’è di che ragionarci su.

Così è nata l’idea in chi sta scrivendo di raccogliere questa attuale eredità in un libro che ho voluto chiamare GalaTime, è sempre tempo di buone maniere. Un racconto della storia del costume e insieme un decalogo delle regole per stare bene insieme. Scrive autorevolmente nell’introduzione Bruno Vespa: «Sul “saper vivere” è sceso il buio. Il modo di vestirsi, di ricevere, di apparecchiare una tavola e di sedervisi decentemente è stato travolto dall’ineducazione di massa che dal linguaggio è dilagata in ogni campo, creando in qualunque livello sociale un analfabetismo dei comportamenti che sta via via trasformandosi in analfabetismo generale di ritorno. Accogliamo perciò magnum cum gaudio questo GalaTime che Carlo Cambi ha scritto con la moglie Petra Carsetti, fresca vincitrice del campionato mondiale di apparecchiatura della tavola. Una raffinatissima, sorprendente boccata d’aria fresca di grande piacevolezza letteraria. Sono tempi in cui l’Italia guarda finalmente con maggiore ottimismo al suo futuro. E se fosse un futuro anche un po’ più educato?».

Questo è l’impegno che GalaTime ha preso con i lettori. Ci sono stati in Italia campioni delle buone maniere che esprimono un altissimo livello culturale, come Colette Rosselli, moglie di Indro Montanelli meglio nota come Donna Letizia per la seguita rubrica di bon ton Il saper vivere, che ha tenuto prima su Grazia e in seguito su Gente. Anche il conte Giovanni Nuvoletti Perdomini è stato un maestro di stile, di buon gusto e anche di buona cucina.

Dopo la pandemia è quell’Italia da ritrovare, da raccontare di nuovo. Perché ci sono cento e cento occasioni in cui si può ricorrere a questo decalogo laico. I capitoli di GalaTime sono le tappe di un viaggio intorno alla gentilezza d’animo e alla correttezza di modi nel corso degli appuntamenti della vita. Così si va dalle precedenze a tavola al modo in cui si organizza un tè con le amiche, da come si inviano le partecipazione di nozze a come si organizzano i funerali. Ci si dilunga sull’abito giusto per la prima a teatro e su come ci si comporta a cena in crociera, ma anche su come si risponde al telefono.

Un capitolo molto significativo riguarda la «netiquette»: evita scortesie sul web, ma anche che si resti vittima dei pirati d’identità, e protegge i nostri ragazzi dall’eccesso di esposizione mediatica. GalaTime è anche una sorta di «strano ma vero»: non si dice buon appetito, i formaggi non si mangiano con la forchetta, un uomo non deve mai indossare la camicia colorata dopo le 18, a una signora non sono concessi più di tre gioielli. C’è da divertirsi a scoprire che il «ditelo con i fiori» è un linguaggio preciso, o che se si organizza un picnic bisogna prima fare la ricognizione del luogo.

Diceva monsignor Della Casa: «Per la qual cosa né vantare ci debbiamo de’ nostri beni, né farcene beffe, ché l’uno è rimproverare agli altri i loro difetti, e l’altro schernire le loro virtù». Mia moglie Petra Carsetti – che si è formata all’Accademia del galateo e all’Ancep, l’associazione dei cerimonialisti da cui dipende sempre anche il buon esito della diplomazia – dice sempre: «Il Galateo serve ad arricchire il nostro bagaglio interiore; detta anche regole che è divertente trasgredire con eleganza e con la consapevolezza che lo si sta facendo. Solo una non ammette eccezioni: il rispetto. Perché le vere buone maniere sono rispettare gli altri per rispettare se stessi».

In tempo di leoni da tastiera, domarli con il sorriso e la gentilezza dà una gran soddisfazione.

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