Sono ormai tante le aziende italiane e le start-up concentrate sulla nuova frontiera dei tessuti super performanti, in grado perfino di ridurre il rischio di contaminazioni.
In questo caso non si tratta di «moral merchandising», cioè di strategie di marketing per conquistare i compratori con prodotti creati ad hoc per l’emergenza. Tanto meno di strategie di conversione con cui molte aziende si sono impegnate nel produrre mascherine, camici e gel antibatterici. Il marketing lasciamolo da parte, almeno questa volta, qui il tema è un altro, ha un respiro molto più lungo, ha radici nel passato con una visione sul futuro e riguarda la necessità di produrre tessuti che garantiscano alti standard di benessere alla persona. A cominciare dai tessuti antivirus.
La ricerca e la sperimentazione sono da moltissimo tempo una peculiarità delle aziende italiane e quelle del settore tessile, nel comparto delle fibre, a monte della filiera per intenderci, sono storicamente vocate all’innovazione. Non sorprende quindi che un’azienda storica come Albini Group, fondata nel 1876 ad Albino (Bergamo), guidata dalla quinta generazione di famiglia, abbia immediatamente reagito all’emergenza mettendosi a produrre fibre antivirus. «Da sempre nella nostra azienda, che ha un ruolo guida nel settore cotoniero e del lino, lavoriamo alla performance dei tessuti» spiega l’amministratore delegato Fabio Tamburini. «Le qualità cui puntiamo sono la longevità, l’innovazione, la tracciabilità e la trasparenza. Da qualche anno si parla anche di wellness riguardo al tessile e in questo ambito la ricerca è costante, con risultati soddisfacenti: tra gli ultimi c’è la messa a punto di una nuova tecnologia chiamata ViroFormula. I nostri materiali antivirali, da non confondere con quelli antibatterici legati alle problematiche dei cattivi odori, utilizzano la tecnologia Viroblock, prodotta dall’azienda svizzera HeiQ, che impedisce ai tessuti di diventare una superficie ospite per la diffusione di virus, contribuendo a ridurre il rischio e la velocità di contaminazione. Non è un presidio medico sanitario, ma ViroFormula è ideale per la creazione di camicie – Xacus, per esempio, lo sta già usando – di casacche, giacche e pantaloni, ma anche di mascherine, camici e ogni altro indumento. Non è una produzione di nicchia ma neppure così diffusa: i costi sono più alti e quindi escludono, purtroppo, il settore pubblico, le divise di poliziotti, carabinieri, piloti di volo» conclude Tamburini.
E se i grandi gruppi del lusso, soprattutto francesi, sono i più sensibili nei confronti della produzione tessile wellness, lo stesso vale per le nuove generazioni, come conferma Carolina Alverez, direttore marketing di Ecoalf, brand spagnolo di abbigliamento sostenibile fondato da Javier Goyeneche nel 2012. «Noi siamo la prova che è possibile creare collezioni sostenibili senza sacrificare lo stile. Parliamo ai ragazzi che da un capo esigono comfort, design e rispetto per la natura. Da questa stagione, inoltre, i nostri capi useranno la tecnologia Pureti che aiuta a eliminare del 40 per cento l’inquinamento intorno alla persona e a uccidere i batteri».
Intanto, sono diversi i brand, come Diesel per esempio, che hanno annunciato prodotti con finissaggi in grado di schermare virus e batteri, e molte le startup dedite allo studio di filati che non permettono la colonizzazione batterica e il trasferimento di virus. Sono tutte italiane e tutto è made in Italy.
