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La cucina botanica

La cucina botanica

Che il futuro sia sempre più vegetariano lo dimostra la Guida Michelin che ha introdotto la «stella verde», mentre sul web spopolano blogger e chef green divenuti influencer globali con due missioni: salvare il Pianeta e conquistare palati. Viaggio nella nuova frontiera della gastronomia organica.


Attenzione: le lenticchie non vanno mangiate solo a Capodanno, e della zucca, come del maiale, non si butta via niente, tanto meno la buccia. Pillole di saggezza contadina che diventano parole sacre da guru dell’alimentazione salutista. Il verbo si diffonde di social in social e così, un po’ per moda, un po’ per corsi e ricorsi del gusto, un po’ per nuove sensibilità dei tempi, tra le tendenze del futuro gastronomico al primo posto troviamo la cucina botanica.

Sì botanica, non vegana sebbene, in pratica, si tratti della stessa cosa. «Cambiano le parole per far cambiare attitudine, ma la sostanza rimane la stessa» avvertono i food blogger da milioni di follower, attivisti e inclusivi, alle prese con la semantica stantia del veganesimo vecchia maniera, spocchioso e giudicante.

Di fatto qualcosa è veramente cambiato se perfino la Guida Michelin Francia 2021, nel Paese la cui cucina si basa su pilastri di foie gras e boeuf bourguignon, ha premiato per la prima volta un ristorante vegano, o botanico come dir si voglia, guidato dalla giovane Claire Valée, chef dell’Ona, acronimo di Origine non animale, situato nella piccola Ares, sulla costa atlantica, a circa 40 chilometri da Bordeaux. Niente proteine animali nel suo menu perché, come ha spiegato durante la premiazione dello scorso 19 gennaio, «voglio dimostrare che si può mangiare in modo diverso».

A dire il vero, Gwendal Poullennec, direttore internazionale delle Guide Michelin, da tempo batte il chiodo della progressiva eliminazione della carne dai menu di alta cucina, iniziata già qualche anno fa da Alain Passard, celebre chef del tre stelle L’Arpège di Parigi e sublimata da Alain Ducasse che, fulminato sulla via della naturality, così filosofeggia: «Il Pianeta ha risorse sempre più rare, dobbiamo consumare in modo più etico, più equo».

Insomma, riduzione di proteine animali e ritorno alla terra diventano un imperativo anche dell’alta cucina, altrimenti non si spiegherebbe l’introduzione della «stella verde», nuovo riconoscimento 2021 della Michelin che premia sostenibilità e uso di materie prime vegetali. A dire il vero, a capire che il rispetto del Pianeta passa anche dai cibi che mangiamo quotidianamente sono state le nuove generazioni che attraverso scelte personali più o meno radicali e una comunicazione social educata e gentile intendono evidenziare la correlazione tra la produzione di cibo e le emissioni di carbonio, e sottolineano come una delle principali cause del cambiamento climatico risieda proprio nelle nostre abitudini alimentari.

Una di queste suffragette green è Carlotta Perego, classe 1993, autrice di un progetto digitale ispirato alla cucina vegetale intesa soprattutto come stile di vita. «Per qualche anno ho lavorato come buyer assistent in una casa di moda fiorentina ma non ero contenta. Così nel 2017, a 24 anni, ho deciso di trasferirmi a Los Angeles e iscrivermi a quella che si chiamava PlantLab, la scuola di Matthew Kenney, uno degli chef più autorevoli al mondo in ambito crudista. Dopo sei mesi mi hanno chiesto se volevo fare l’assistente e poi l’insegnante. Nel 2018 ho cominciato a diffondere il mio pensiero e le mie ricette sul web, con semplicità, gentilezza e soprattutto senza colpevolizzare nessuno». Ora Carlotta con Cucina Botanica è seconda nella classifica dei Top food influencer italiani su Instagram secondo Buzoole Rankings, mentre il suo libro, pubblicato a novembre scorso per le edizioni Gribaudo, ha esordito, in preorder, al primo posto della classifica di bestseller di Amazon. «Sono in tanti a credere ancora che la cucina vegetale sia triste e monotona, a me piace pensare di poter contribuire a cambiare questa errata percezione» racconta.

Viene sempre dalla scuola di Matthew Kenney lo chef di cucina veg Mario Parmeggiani. Ex esperto del suono con una passione per i fornelli, dopo aver preparato manicaretti per tutto il suo staff in tournée decide di cambiare lavoro diventando il maggiore diffusore dei principi dello stile di vita vegano e della cucina crudista con corsi, cene, catering e consulenze, forte anche del quarto livello di studi della Matthew Kenney Culinary: Future Food, il più alto in assoluto della cucina plant-based del 21° secolo. «Attualmente vivo a Maiorca dove coltivo un orto e da qui mi muovo per le mie consulenze in giro per il mondo. Non ambisco ad avere un mio ristorante, perché mi piace conoscere altre culture attraverso le abitudini gastronomiche, alla ricerca di stimoli e ispirazioni nuove» racconta Parmeggiani che a Panorama ha dato la ricetta della Bistecca di cavolfiore (box sopra).

Non è una chef bensì una scienziata ambientale Lisa Casali, autrice di ben otto libri sulla necessità di ridurre gli sprechi alimentari per diminuire i rischi ambientali: l’ultimo è Il grande libro delle bucce (Gribaudo editore). «Bisogna superare abitudini consolidate, educazione e rituali di vecchia data per imparare a non buttare via nulla del cibo, dai gambi ai baccelli alle bucce, più ricche di fibre e vitamine rispetto alla polpa. Basti pensare alla buccia della zucca che ha il 95 per cento in più di carotenoidi, o quella della mela che contiene il 70 per cento in più di vitamina C». La verve scientifica di Lisa Casali è convincente e motivante, non resta che provarne le ricette.

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