In tour con i Kiss: i segreti della band nei 70's svelati in un libro
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In tour con i Kiss: i segreti della band nei 70's svelati in un libro

1974-1976: gli incredibili racconti da backstage dei ragazzi della crew: una storia di rischi mortali, chilometri, donne, incidenti e risse...

Qui sotto, un estratto da In tour con i Kiss, edito da Tsunami Edizioni: le storie on the road della original Kiss Krew dal 1974 al 1976.

- Spesso mi viene chiesto: “Perché le band e la loro crew distruggono le camere d’albergo e i camerini? Come mai la crew di un gruppo in genere litiga con quella di un altro?” La risposta è una sola parola: testosterone.

Pensateci bene, ci sono questi giovanotti al culmine della loro forma fisica, tutti muscoli e testosterone, che hanno un solo e unico compito: far arrivare lo spettacolo a destinazione e poi sul palco, a qualsiasi costo. La posta in gioco è alta per tutti quanti. A questo si aggiunga il fatto che a volte si trascorrono dalle otto alle dodici ore, o anche di più, su di un camion, guidando ininterrottamente fino alla venue successiva, con le palle strizzate nei jeans per tutto il tempo. Miscelate tutto questo con un flusso continuo di giovani ragazze disponibili che vi girano intorno, e il cui unico scopo nella vita sembra proprio quello di fare baldoria con le band e le loro crew, ed ecco a voi un bel branco di membri dello staff parecchio su di giri.

Ho sempre ritenuto che fosse meglio rompere oggetti inanimati piuttosto che la faccia a qualcuno. Gli oggetti non ti fanno causa, le persone sì. Per di più, le storie di risse tra crew e i racconti di chi ha rotto “cosa, quando e dove” sono parte integrante della storia gloriosa di una band almeno quanto la musica e chi la suona. Ai fan piace poter dire, “Avete saputo cosa hanno fatto i KISS a questa o quella crew”, oppure, “Avete sentito di quella volta in cui i KISS hanno sfasciato questo o quello?”. Ammettiamolo, metà della band era più che in grado di cavarsela anche in tutte quelle situazioni estreme che si smazzava la crew, mentre l’altra metà non era per niente pronta per certe cose.

Questa piccola storia che state per leggere ve la racconta Moose.   J.R. Smalling

Faccio una piccola pausa per raccontarvi un aneddoto. Dopo aver guidato in meno di due mesi per più di 24.000 chilometri (come conferma la nostra fonte più che attendibile, ovvero l’atlante stradale Rand McNally), sfidando ogni genere di avversità e condizione atmosferica, montando il palco per oltre trenta spettacoli, caricando e scaricando il peso equivalente all’arredamento completo di una casa intera e per ben due volte al giorno, affrontando le peggiori situazioni in molte venue non proprio attrezzatissime, portando comunque a termine lo spettacolo, spesso gestendo rapporti tutt’altro che cordiali con le altre band, le altre crew, gli organizzatori e i facchini locali, beh... alla fine non ce la facevo proprio più!

Non vedevo un vero letto o una doccia da più di una settimana, e la mole di stress era tale che bastava un niente per farmi sbroccare. Il punto di non ritorno l’ho raggiunto al Paramount Theatre di Seattle, quando il promoter ignorò completamente il nostro rider e per cena servì alla KREW solo del formaggio Cheez Whiz con dei cracker. Non ci ho visto più. Andai su tutte le furie e diedi fuori di matto. Ho praticamente raso al suolo il camerino, distruggendo qualsiasi cosa mi capitasse a tiro. Tavoli e sedie andarono in mille pezzi, dopo il mio passaggio sembravano un ammasso di stuzzicadenti.

Sul gran finale ho strappato il lavandino dal muro. Ovviamente, mi ero premurato di chiudere le valvole dell’acqua sotto il sifone prima di distruggerlo... in fondo ero pazzo, ok, ma mica stupido! Il pubblico che stava fuori in fila davanti all’ingresso avvertì il trambusto e iniziò a gridare facendo il tifo per me. Mi affacciai a una finestra, e dissi a tutti di allontanarsi il più possibile dall’edificio. I camerini stavano al terzo piano e non volevo che qualcuno ci restasse secco, visto quello che avevo intenzione di fare. Una volta che il piazzale fu sgombro, quel lavandino volò giù dalla finestra facendo un bel tonfo e frantumandosi in mille pezzi belli taglienti. Per un attimo mi aveva addirittura sfiorato l’idea di usare uno di quei petardi confezionati da me per il concerto e di agganciarlo all’interruttore della luce, tanto per far capire che mi erano davvero girate le palle, ma ci ho subito ripensato, realizzando che qualcuno avrebbe potuto farsi male sul serio.

Come osava trattarci così questo sacco di merda di un promoter?! Comunque fu molto catartico sfogare tutta quell’energia negativa su un oggetto inanimato, anziché rompere il culo a qualcuno (e in quel caso il promoter sarebbe stato senz’altro il primo “qualcuno” in lista).

Allora, KREW, avete visto la tour schedule e siete saltati a bordo del camion con me, pronti ad allestire palchi per i concerti. Non avete messo piede in una stanza d’albergo per oltre una settimana, e forse – se avete avuto fortuna – siete riusciti a lavare i vostri quattro stracci in una lavanderia automatica. Di una doccia neanche a parlarne, non ne potete più di dormire seduti sul camion, siete assolutamente esausti... bene, come va?

Siete lerci, sudati, puzzate come caproni, avete una fame da lupi e lavorate veramente, ma veramente come muli. Quello dei KISS è da sempre uno show complesso da gestire, dal momento dello scarico fino all’ultima nota dei bis, e poi via, di nuovo tutto dentro il camion. Chiunque, dalla KREW alla band, si faceva un culo pazzesco fino allo stremo delle forze.

Larry Harris della Casablanca Records era lì con noi quella famosa sera in cui ho dato di matto, e voleva farmi licenziare in tronco per il casino che avevo tirato in ballo. Ma nessuno ebbe il coraggio di farlo. Vedete, è che alle volte anche chi ha sale in zucca può arrivare a perdere le staffe e il raziocinio. Ma cazzo se ci si sente davvero bene, dopo!

(Una parentesi veloce: a quel concerto era presente anche un rocker d’eccezione, un certo Frank Ferrano, che di lì a qualche anno sarebbe stato meglio noto al mondo col nome di Nikki Sixx – ebbene sì, proprio il bassista dei Mötley Crüe!)

Seguirono poi i concerti di Spokane; Lacey, WA; Vancouver, BC; San Diego; Long Beach e San Francisco, il tutto guidando una station wagon e un camion Ryder. In una sola ed unica occasione siamo finalmente saltati su un aereo, con destinazione Anchorage, Alaska.

Membri della KREW, a rapporto! Allora, ricapitoliamo: avete appena macinato 31.000 chilometri, e ovviamente sono esclusi dal conto i piccoli spostamenti all’interno di ciascuna città, come ad esempio l’andare avanti e indietro dal locale all’hotel (quando ne avevamo uno), o il classico salto alla farmacia notturna o alla tavola calda aperta 24 ore su 24. Praticamente siete in ballo senza sosta da 64 giorni, e avete portato a casa 36 concerti. Non solo, nel frattempo sono anche state cancellate altre otto date di quelle previste in calendario. Molte volte ci capitava di guidare per ore e ore, e una volta arrivati, per qualche ragione il concerto veniva annullato. Ecco, nel conteggio di cui sopra non ho incluso nemmeno quelle tappe andate a vuoto.

Avete materialmente sollevato e spostato circa 360 tonnellate di attrezzature, ogni volta per distanze di almeno 30/60 metri, senza contare la fatica nel gestire quello stesso peso durante il montaggio, molto spesso con poco aiuto, se non addirittura nullo, da parte dei facchini locali. Se vogliamo fare una prospettiva di calcolo del peso che ci toccava muovere, direi che ci avviciniamo parecchio a un Boeing 747-100 a pieno carico al momento del decollo. Questo è quanto spostavamo ogni sera, collo per collo, pezzo per pezzo.

Avete affrontato tutte le situazioni qui sopra raccontate e ora vi state preparando ad affrontare un altro tour, questa volta in Alaska. Non so voi, ma io ho l’assoluta e impellente necessità di farmi una doccia! Abbiamo trasmesso: un paio di mesi di ordinaria amministrazione nella vita di un roadie dei KISS.

 



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Gene Simmons dei Kiss che nel 1979 hanno fatto ballare il mondo con I was made for lovin' you

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Gianni Poglio