Gli smartphone non hanno più paura del buio
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Gli smartphone non hanno più paura del buio

I miglioramenti sulle fotocamere consentono ai telefonini di ultima generazione di scattare in condizioni di luminosità un tempo impensabili. Ecco come

Cosa manca agli smartphone per farci davvero dimenticare la nostra cara e vecchia fotocamera? Quasi nulla. Il miglioramento delle prestazioni fotografiche sui telefonini di ultima generazione è sotto gli occhi di tutti: basta prendere una foto scattata con un telefono di 10 anni fa e confrontarla con una proveniente da un modello recente per rendersene conto: gli scatti realizzati con i dispositivi attuali, soprattutto quelli di fascia alta, hanno una definizione mirabile, colori incisivi, sistemi di messa a fuoco molto precisi e riescono persino a emulare lo sfocato (il cosiddetto bokeh) delle reflex professionali.

Intendiamoci, le differenze con il mondo della fotografia “pura” ci sono ancora - ci sono limiti oggettivi che sono difficili da superare e poi, va detto, anche le fotocamere professionali nel frattempo sono migliorate - ma non sono più marcate come un tempo. Del resto se il telefono è diventata la nostra prima macchina fotografica (lo dicono i numeri) un motivo ci sarà.

Il problema della luce

C’è però un aspetto sui quali gli smartphone fanno ancora fatica ed è quello della fotografia in notturna. Per quanto gli sforzi dei produttori siano stati encomiabili, le fotocamere integrate nei telefonini restano ancora due o tre spanne sotto le macchine fotografiche professionali quando si tratta di operare nelle tenebre. Per tre motivi su tutti:

1. Le dimensioni dei sensori: maggiore è la dimensione del sensore più alta sarà la quantità di luce acquisita. I migliori telefonini oggi in commercio hanno sensori da 1/2.5’’ fino a  1/3’’, il che significa disporre di un’area da 35 a 50 volte più piccola rispetto a una fotocamera professionale full frame. Il risultato? Un'immagine che in condizioni di penombra o scarsa luminosità appare inevitabilmente più buia e spesso anche più mossa.

2. Sistemi di stabilizzazione: le fotocamere professionali possono contare su sistemi di stabilizzazione in grado di ravvisare ogni minimo spostamento delle nostre mani compensandone gli effetti, sia sul sensore che sulle ottiche. Questi sistemi, che oggi lavorano su più assi (fino a 5) sono molto più sofisticati e precisi degli stabilizzatori ottici contenuti nei telefonini (OIS), arrivando in alcuni casi a un miglioramento effettivo pari a oltre 3 stop.

3. Le ottiche: gli obiettivi di una fotocamera tradizionale, lo si vede anche a occhio nudo, sono più grandi e complessi rispetto alle lenti presenti sulla fotocamera di un telefonino. Ma non solo. Gli spessori (risicatissimi) di questi ultimi rappresentano un problema anche per la cosiddetta lunghezza focale, il parametro che definisce la distanza tra il centro ottico dell’obiettivo e il piano del sensore dove l’immagine viene messa a fuoco. Maggiore è questa distanza (come succede sulle fotocamere professionali) più ampio è l’angolo di campo. Sotto questo profilo, gli smartphone sembrano essere arrivati al limite: non potendo aumentare lo spessore (nei casi più estremi, si guardi ad esempio agli ultimi iPhone, l’obiettivo è stato reso più sporgente del piano dello chassis) dovrebbero ridurre le dimensioni del sensore per mantenere lo stesso angolo di visuale. Ma questo, come abbiamo appena visto, porterebbe a una riduzione della quantità di luce acquisita.

Elettronica e ingegno per superare i limiti della fisica

Visti i limiti oggettivi, ci si chiede cosa possano fare - dunque - i produttori di smartphone per migliorare il livello di luminosità delle proprie fotocamere. L'impressione è che con l’attuale form factor, l'unica via possibile per provare ad alzare l'asticella resti quella dell'ingegno, e soprattutto dell’elettronica.

Ne abbiamo avuto alcuni esempi al recente Mobile World Congress di Barcellona, con le novità presentate da Samsung, Sony ed Lg. Le tre società hanno mostrato altrettanti modi differenti per ovviare al problema della scarsa luminosità che potrebbero avere un grosso impatto sul futuro della fotografia in formato tascabile. 

Qui di seguito proveremo ad analizzerle singolarmente una ad una per capirne pregi e difetti.

Samsung: come funziona la fotocamera ad apertura variabile

Il nuovo Samsung Galaxy S9 è il primo smartphone a utilizzare la cosiddetta apertura variabile. Questa funzione - piuttosto comune nel mondo delle fotocamere professionale - si basa sulla possibilità che un obiettivo apra o chiuda il diaframma in modo da acquisire più o meno luce.

In pratica: in condizioni di buona luminosità, il telefono coreano scatta con apertura standard (f/2.4), ma quando il gioco si fa duro (ad esempio al calare della sera), il telefono si setta automaticamente su un valore più alto (fino a un massimo di f/1.5) così da catturare più luce ed evitare, al contempo, fenomeni di micromosso.

Samsung Galaxy S9+: la videorecensione della fotocamera

La funzione apertura variabile lavora in automatico, ma - volendo - è possibile selezionare manualmente l’apertura sfruttando la modalità PRO del telefono.

LG V30: con il bright mode la luminosità raddoppia

Con l’ultimo aggiornamento Oreo per il V30, LG ha introdotto un'opzione che permette di migliorare le foto scattate in condizione di scarsa luminosità ricorrere a filtri o effetti di postproduzione. È l’intelligenza artificiale, infatti, a valutare la qualità dell’illuminazione, provvedendo a bilanciare l’esposizione mediante una combinazione virtuale di quattro pixel del sensore: il risultato sarà una foto a risoluzione più bassa (un quarto rispetto all’originale), ma con una luminosità nativamente doppia.

Qui di seguito un esempio per capire la differenza con e senza la nuova modalità attivata.

Sony: il futuro è nella gestione degli ISO

L'idea di una fotocamera doppia non è una nuova, ma l’uso che ne vuole fare Sony non è affatto convenzionale. Al Mobile World Congress di Barcellona, la casa giapponese ha infatti presentato un concept di fotocamera doppia per smartphone che - citiamo testuali parole - riesce a "vedere l’invisibile".

Sony Dual CameraRoberto Catania

L’obiettivo, in pratica, è quello di sfruttare una delle due fotocamere per scattare e registrare video ad altissimi ISO (51200 per le foto e ISO 12800 per i video). Il tutto, però, senza controindicazioni a livello di rumore.

Ciò è possibile grazie a un processore di elaborazione che combina un’immagine più nitida scattata dalla fotocamera standard, con le informazioni di luminosità ricavate dalla fotocamera ad alti ISO.

Un futuro radioso

Lo sviluppo di funzionalità in grado di risolvere alla radice il problema degli scatti in condizioni di scarsa luminosità sarà uno dei leit motiv della prossima generazione di telefonini intelligenti.

Difficile dire ora quale fra i tre approcci appena visti sia destinato a prevalere. Di certo, ci sarà spazio per altri esperimenti in materia: Huawei presenterà il prossimo 27 marzo il nuovo P20, uno smartphone che si preannuncia molto innovativo sul piano fotografico, LG e OnePlus rinfrescheranno i propri modelli di punta in primavera, poi, in autunno, sarà la volta dei nuovi iPhone

Tutti questi modelli, c'è da scommetterci, aggiungeranno altri spunti alla discussione. Contribuendo magari a ridurre ulteriormente la distanza dalle fotocamere professionali. 

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Roberto Catania

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