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Franco Coppi: «L’omicidio di Sarah Scazzi è il mio tormento, ma il caso non è chiuso»

Franco Coppi: «L’omicidio di Sarah Scazzi è il mio tormento,
ma il caso non è chiuso»

Mentre una docuserie riaccende le polemiche sul processo più «mediatico» degli ultimi anni, parla il celebre penalista che ha difeso Sabrina Misseri e Cosima Serrano. «La loro condanna all’ergastolo è ingiusta» attacca. «Troppi elementi non sono stati valutati».


Da giovane Franco Coppi voleva fare il pittore. Ma ha studiato legge, e ha cominciato a insegnare all’Università. Poi, un giorno e a sua insaputa, si è ritrovato battezzato come «uno dei più noti avvocati d’Italia». Quando gli si chiede come sia accaduto, perché una cosa del genere non succede per caso, sorride sornione, gli occhi scuri vibrano nel suo studio ai Parioli, eterno salotto buono di Roma. Con tono gentile, risponde: «Forse è perché non mi sono mai risparmiato». Dentro questa certezza – di uomo che si considera come «un artigiano della giustizia», e ha passato la vita fra aule di tribunale, libri e manuali – c’è una carriera intensa e lunghissima, che lo vede tutt’ora protagonista dei più significativi processi italiani. Basti pensare che fra i suoi clienti si annoverano Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, Francesco Totti, la Juventus. Solo per citarne alcuni. «La mia convinzione è una: nessuno è perfetto e possiede il dono della verità. Le cause si possono vincere o perdere» spiega. «Quando si è in presenza di errori così clamorosi, di ricostruzioni contro ogni logica, allora le sentenze diventano un tormento. E io un tormento assoluto, che da dieci anni mi assilla, ce l’ho».

Il riferimento è al delitto di Avetrana, oggi tornato d’attualità con la docu-serie Sarah (box a pagina 26), in onda su Sky, che ricostruisce il caso. La vicenda nel 2010 catalizzò l’attenzione mediatica fin dalla scomparsa della quindicenne Sarah Scazzi, ritrovata cadavere in un pozzo artesiano nella campagna salentina grazie alla confessione dello zio, Michele Misseri, dopo lunghissime indagini. Gli inquirenti prima, e le sentenze poi, ritengono che l’uomo stesse coprendo qualcuno, la figlia Sabrina Misseri e la moglie Cosima Serrano che oggi continuano a dirsi innocenti e scontano l’ergastolo nel carcere di Taranto.

Lei era al tempo, ed è ancora oggi, l’avvocato di Sabrina Misseri. Perché è certo che sia innocente?

Sarebbe sufficiente la confessione di Michele Misseri per comprenderlo. Poi, però, mi si direbbe che l’uomo ha cambiato troppe volte versione ed è divenuto inattendibile. Eppure è nel primo racconto, quello che ha portato a far rinvenire il corpo della giovane Sarah, che tutto è logico. Senza dimenticare un altro particolare.

Quale?

In aula, durante il mio interrogatorio, non solo Misseri ha confermato che sarebbe stato lui a uccidere Sarah, ha addirittura mimato come l’avrebbe ammazzata. In quell’occasione ha anche spiegato l’approccio sessuale che, stando alla sua versione, sarebbe alla base dell’omicidio.

Eppure condannate all’omicidio ci sono Sabrina e Cosima, ritenute colpevoli da tre sentenze conformi.

Il problema è che sono stati commessi una serie incredibile di errori e alcune vicende sono state male interpretate. Riponevo grande fiducia nella Cassazione, anche perché proprio da questa Corte durante le indagini erano state emesse due sentenze che bocciavano i provvedimenti cautelari contro Sabrina per mancanza di prove. E invece una tra le persone coinvolte, prima della sentenza, mi disse che si era molto appassionata al caso e aveva seguito in televisione l’intera vicenda. Sentendo quelle parole, capii che avremmo perso anche in Cassazione.

Il documentario su Sky si concentra sul circo mediatico che si è creato ad Avetrana. Crede che abbia inciso?

Vorrei pensare che i giudici siano sempre impermeabili al racconto mediatico e alle chiacchiere da bar. Ma in questa vicenda l’enorme pressione della comunicazione, e la descrizione che in particolar modo è stata fatta di Sabrina, penso abbiano inciso fortemente. Sentenze che per me restano così incomprensibili sono debitrici verso tale circo. Anche perché dobbiamo dirlo: nessuno sa che diventerà giudice popolare quando le indagini sono in corso e quindi è plausibile che guardi la televisione e si faccia un’idea di ciò che è accaduto.

La vicenda, nonostante la sentenza passata in giudicato, non è conclusa. Lei ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Sì, ed è stato dichiarato ammissibile anche se è impossibile conoscere i tempi della giustizia europea.

Tutto il ricorso ruota attorno alla figura del fioraio. Perché?

L’uomo raccontò prima di aver visto Sabrina e Cosima inseguire Sarah e riportarla a casa loro, in via Deledda; poi spiegò di averlo solo sognato. Proprio per tale cambio di versione, fondamentale per la ricostruzione, finì sott’inchiesta. In questo modo non è mai stato interrogato in dibattimento. In altri termini: Sabrina Misseri e sua madre sono state condannate all’ergastolo per una testimonianza, il cui autore non è mai stato sentito da noi legali in dibattimento. Ciò che lamentiamo è la violazione dei diritti di un equo processo per le difese, tema che sappiamo «sensibile» a Strasburgo.

Dopo 11 anni il fioraio Giovanni Buccolieri torna a parlare. Nel documentario ammette come già al primo interrogatorio avrebbe spiegato che quel racconto era frutto di un sogno (sebbene poi questo non risulti nel verbale, ndr).

Vedremo cosa accadrà con il ricorso in Europa. Ma nell’eventualità la sentenza dovesse darci margine per chiedere un processo di revisione, questo elemento sarebbe fondamentale.

Resta però la domanda: se lei è così convinto dell’innocenza di Sabrina, come si spiega le tre sentenze?

È la cosa che mi fa più male. Io sono convinto che la ragione risieda nel fatto che la vicende, almeno per me, sono state interpretate contro ogni logica. Sono stati commessi errori di diritto e fraintendimenti di fatto.

A causa del processo Scazzi e della sentenza, lei stava pensando di lasciare la professione di avvocato…

Di più: avevo già scritto la lettera di dimissioni. Poi un amico e collega fidato mi ha convinto a non demordere: solo facendo l’avvocato avrei potuto continuare a occuparmi del caso e presentare ricorso in Europa.

È chiaro come la vicenda l’abbia segnata profondamente.

Resta il mio tormento, continuo a non dormirci la notte. Soffro perché non sono riuscito a dimostrare ciò che per me era ovvio: l’innocenza di Sabrina.

Se nulla dovesse cambiare mi porterò questo dolore fino alla morte. Da mesi ormai si parla di riforma della giustizia. Crede che questo processo possa insegnare qualcosa?

Le regole per arrivare a una sentenza giusta ci sono, il punto è in questo caso che non sono state rispettate. C’è nuna fatale sequela di errori riconducibili alla logica più che al diritto.

Più in generale, cosa pensa delle discussioni sulla riforma penale?

Nel corso degli anni ho assistito a molte discussioni, spesso inutili. Da artigiano della giustizia, quale mi considero, aspetto che ci siano novità concrete per poi studiarle approfonditamente. Non corro più appresso a mille teorie che finiscono solo con il disorientare.

Dipinge ancora?

Molto poco, ma resta la mia passione. Sa che Sabrina mi manda splendide lettere con bellissimi disegni? Ecco, quelle lettere le rileggo spesso. E non mi capacito che questa giovane, se niente cambierà, passerà la sua vita in carcere.

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