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ANSA / MARIUS BECKER
Economia

Corsa dello spread, ecco perché dobbiamo preoccuparci

L’impennata del differenziale tra titoli italiani e tedeschi, potrebbe avere effetti deleteri sui bilanci di famiglie e imprese

L’Italia sembra essere ripiombata nell’incubo dello spread, ovvero sulle montagne russe di un indice che registra la differenza di affidabilità tra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi. La corsa, che speriamo si arresti presto, è ricominciata in coincidenza con la definizione del patto di governo tra Movimento Cinque Stelle e Lega ed è peggiorata con la nomina di Giuseppe Conte alla presidenza del consiglio.

Tutto sommato questo non è una sorpresa. I due partiti infatti, in campagna elettorale, non hanno risparmiato critiche all’Europa, agitando in maniera minacciosa lo spauracchio di un’uscita dall’Unione o quantomeno dall’euro.

Proclami che evidentemente hanno messo in allarme i mercati internazionali, che proprio di fronte all’imminente chiusura dell’accordo tra Di Maio e Salvini, hanno dunque manifestato, proprio tramite l’impennata dello spread, i propri timori circa l’affidabilità di un esecutivo di marca leghista e pentastellata.

E gli effetti si sono subito visti con un livello dello spread che in poche ore è balzato da valori inferiori a 100 fino a i 200 punti. Certo siamo ancora lontani dai picchi di 5-600 punti che nel 2011 costrinsero alle dimissioni l’allora governo Berlusconi, ma comunque siamo già ad un livello di guardia. E allora cerchiamo di capire quali effetti potrà avere questo incremento sul nostro Paese, soprattutto sul lungo-medio periodo.

Famiglie e mutui

Per comprendere le implicazioni economiche legate a una crescita dello spread è bene partire da un presupposto: per quanto la discussione intorno a questo indice possa apparire tecnica e molto finanziaria, i suoi effetti sulla vita di tutti i giorni sono molto reali e si possono spiegare in maniera molto semplice.

L’aumento del differenziale tra titoli italiani e tedeschi, in sostanza, rende più difficoltoso alla banche italiane reperire a buon prezzo liquidità sul mercato. Questo fatto a cascata si ripercuote sui propri clienti, che vedranno dunque innalzarsi i tassi di interesse che pagheranno per ottenere dei prestiti.

In questo senso, una delle conseguenze più dolorose riguarda i mutui di molte famiglie, in particolare quelli stipulati a tasso variabile, che vedranno impennare il proprio costo. Nel 2011 ad esempio, si stima che la corsa folle dello spread sia costato a molte famiglie circa un 4% in più sul valore delle proprie rate del mutuo.

Imprese: denaro a caro prezzo

Ovviamente il meccanismo sopra descritto per le famiglie, si ripropone in maniera, se possibile, ancora più devastante per le imprese. Queste ultime infatti hanno rapporti molto più stretti con le banche, in molti casi siamo a livelli di vera e propria dipendenza quando si tratta di dover ottenere liquidità immediata per le proprie attività produttive.

L’incremento dello spread dunque, renderà i prestiti alle imprese più costosi, con conseguenze non da poco sulla nostra economia in generale. Anche in questo caso un semplice dato vale più di mille parole: nel 2011 è stato stimato che la già più volte citata impennata dello spread, si è riverberata sulle spese delle imprese, in particolare sui debiti a breve termine, per un valore pari a circa 15 miliardi.

Stiamo parlando di oneri finanziari, che si sono andati ad aggiungere, in maniera del tutto non preventivata, ai costi normalmente sostenuti dalle società commerciali per ottenere liquidità dalle banche.

Ovviamente come detto, siamo ancora lontani da una situazione di questo tipo, ma di certo siamo già in condizioni di poter lanciare un allarme con l’auspicio che le instabilità dello spread registrate in queste ore, possano rientrare prima che le conseguenze si facciano decisamente più serie. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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