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Economia

Come funzionano i paradisi fiscali

Per creare una società off-shore servono 48 ore e un massimo di 4mila dollari

Lo scandaloPanama Papersha portato alla denuncia di centinaia di migliaia di società off-shore che avrebbero sfruttato i servizi dello studioMossack Fonseca per evadere il fisco e riciclare denaro. Anche se lo studio panamense si difende sostenendo di non essere mai stato coinvolto in attività criminali e che tutte le operazioni che ha facilitato negli ultimi anni sarebbero legittime, i contenuti degli undici milini e mezzo di file segreti contenuti nei loro archivi diffusi un paio di giorni fa dimostrano per l'ennesima volta che riciclare denaro attraverso i paradisi fiscali è più facile di quanto possa sembrare. 

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Come funzionano i paradisi fiscali

"Realtà soleggiate per persone ombrose": ecco come vengono definiti in Australia i paradisi fiscali, vale a dire paesi con regimi fiscali molto poco trasparenti che, di fatto, incoraggiano l'evasione. Non è un caso che i paradisi in questione siano spesso isole o territori molto poco estesi. Il numero limitato di abitanti permette loro di ridurre al minimo il carico fiscale, condizione che allo stesso tempo li trasforma in una destinazione privilegiata per gli investimenti diretti esteri da cui dipende il loro sviluppo. I paradisi fiscali sono anche paesi in cui vige il segreto bancario e che non hanno frequenti scambi di informazioni con il fisco e le autorità tributarie di altre nazioni. 

Società off-shore e prezzi di trasferimento

Molti pensano che esistano delle leggi che impediscono di trasferire denaro in banche di altri paesi o di aprire società o altri tipi di uffici all'estero e in particolare nei paradisi fiscali, ma non è così. Il vero crimine delle società off-shore è quello di fungere da paravento per altre società in maniera da aiutare queste ultime a moltiplicare i propri profitti. Il punto è questo: immaginiamo che ci sia un'azienda A che vende ombrelli in Europa rifornendosi in India da un'azienda che chiameremo B. B vende i suoi ombrelli a 1 euro l'uno. L'azienda A, invece, li commercializza a 50. A incassa un utile di 49 euro per ogni ombrello venduto, e paga le tasse su questo guadagno. E' evidente come A preferirebbe pagare le tasse in un paese in cui il regime fiscale è poco oppressivo, ma non sempre questo è possibile. Ecco perché può decidere di appoggiarsi ad un paradiso fiscale per ridurre gli oneri fiscali a suo carico. Come? Semplice, creando una società fittizia, C, che acquista da B gli ombrelli a 1 euro e li rivende ad A a 48. C avrà certamente utili maggiori di A, ma pagherà poche tasse visto che si trova in un paradiso. A, invece, non potrà essere accusata di evasione fiscale visto che continuerà a pagare le tasse, ma queste ultime saranno più basse perché calcolate su utili ridotti. Allo stesso tempo, però, A incasserà quelli accumulati da C.

Come si crea una società off-shore

La prima cosa da fare per creare una società off-shore è accendere un computer e digitare "offshore company" su un motore di ricerca. Una volta scelto il sito da cui creare la società, bisogna decidere il nome della stessa e il paradiso in cui la si vuole costituire. Il costo di questa operazione oscilla tra i 1.500 e i 4.000 dollari. Molto probabilmente chi gestisce il sito che avete selezionato vi chiederà anche se avete bisogno di nominare qualcuno che funga da direttore esecutivo della nuova compagnia, in maniera da tenere ben nascoste le identità di chi è realmente dietro l'operazione. Naturalmente ci sarà una quota annuale da pagare per mantenere il direttore fittizio. 

A questo punto sarà necessario fornire un documento di identità e una bolletta che dimostri dove si è effettivamente residenti. Tanti potenti tendono ad evitare anche questo passaggio, fornendo quindi il passaporto di parenti o avvocati che li rappresentano, in maniera da sentirsi ancora più sicuri nel caso in cui le informazioni dovessero in un modo o nell'altro venire alla luce. A questo punto all'azienda verrà associato un conto in banca. Il tutto in meno di 48 ore

Chi si nasconde dietro i nomi incriminati dai Panama Papers

Lo scandalo dei Panama Papers conferma punto per punto le dinamiche che abbiamo appena descritto. Ovvero che i pesci piccoli hanno spostato i capitali utilizzando i loro documenti, ma i potenti del pianeta sono stati molto più astuti. E mentre si nascondevano dietro una necessaria "austerità" da sostenere con una durissima lotta a privilegi e corruzione, utilizzavano prestanome di vario tipo per nascondere le proprie ricchezze altrove. Purtroppo gli studi di avvocati che si occupano della gestione delle società off-shore non hanno bisogno di indagare sulla vera identità di chi decide di creare una società all'estero per riciclare denaro. Per loro un passaporto è più che sufficiente. Siamo noi che dovremmo leggere tra le righe e renderci conto che, ad esempio, dietro nipoti, avvocati e faccendieri si nascondono personalità molto più in vista. Che forse prima o poi verranno punite per i reati che hanno commesso. 





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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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