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GEORGE OURFALIAN/AFP/Getty Images
Economia

Come funziona l'economia dell'Isis

Petrolio, tasse e razzie sono le fonti di reddito principali, ma l'Europa teme soprattutto per i capitali che i terroristi stanno trasferendo nel continente

Sono anni che l'Isis viene definito il movimento terroristico più ricco del pianeta.
E in effetti lo Stato Islamico è stato in grado, in pochi anni, di accumulare risorse straordinarie. Per quando raccogliere dati sulle attività economiche e finanziarie degli uomini del Califfo non sia un'impresa facile, sono tanti i centri di ricerca che hanno cercato di capire attraverso quali canali questo gruppo di ribelli continua ad arricchirsi. Nella speranza che, facendolo finire sul lastrico, diventi più facile sconfiggerlo anche sul territorio.

Le finanze dello Stato Islamico

Secondo le stime del Centro studi internazionale per la radicalizzazione e la violenza politica (ICSR), l'Isis poteva contare nel 2014 su risorse stimate in poco meno di due miliardi di dollari. Da allora, però, la sua capacità finanziaria è crollata, tant'è che nel 2016 la contabilità del Califfato sarebbe scesa sotto il miliardo, attestandosi sugli 870 milioni di dollari. Al punto da indurre alcuni esperti a ipotizzare il fallimento definitivo del modello di business che ha permesso a questo gruppo terroristico di avere così tanto successo.

Le entrate del Califfo

Le voci chiave dell'economia dell'Isis sono sempre state tre: tasse e parcelle di vario genere; petrolio; saccheggi, multe e espropriazioni. Secondo gli esperti i finanziamenti ricevuti dall'estero non sono mai stati così importati da fare la differenza in termini di capacità economica del gruppo, e lo stesso vale per la vendita di oggetti preziosi rubati e per i riscatti ottenuti con i rapimenti. L'Isis si è arricchito sui territori che ha conquistato, e vendendo petrolio a prezzi relativamente elevati a paesi contro cui la comunità internazionale aveva imposto sanzioni e che, quindi, può di ricevere il greggio di cui avevano bisogno hanno accettato di acquistarlo dai terroristi.

Perché l'Isis è in difficoltà

Se questo è vero, è facile intuire come mai nel 2014 l'Isis abbia raggiunto il suo apice in termini di ricchezza accumulata nonché le ragioni del suo attuale declino.

Il 2014 è l'anno che segna la massima estensione territoriale del Califfato, mentre da allora i terroristi hanno perso il 62 per cento dei territori controllati in Iraq e il 30 di quelli in Siria. Una riduzione netta che implica anche una minore quantità di petrolio da esportare, perché assieme al controllo sul terreno l'Isis ha perso anche quello su tanti pozzi, e molte meno persone da vessare e torturare con tasse e razzie di altro genere. 

Fonti di reddito alternative

Per evitare di rimanere sul lastrico, l'Isis ha già iniziato a sfruttare fonti di reddito alternative. Anzitutto ha creato una nuova moneta, il dinaro, e ha costretto tutte le persone che vivonno nei territori del Califfato a utilizzarla. Per entrare in possesso di dinari, bisogna recarsi in appositi uffici per cambiare pound siriani e dollari americani nella nuova moneta locale. Il che vuol dire che tutta la valuta straniera che circolava in queste zone è ora nelle mani dei fedelissimi del Califfo. Altra fonte di reddito alternativa sono gli investimenti che l'Isis ha costretto a far fare agli imprenditori locali. Che quindi sotto indicazione dei terroristi hanno rilevato uffici cambiavalute, farmacie, ospedali e supermercati e ne hanno aperti di nuovi dove mancavano. Lasciando a Isis tutti i profitti.

Il business del petrolio

Pur controllando meno pozzi petroliferi, il business del greggio resta sempre molto vantaggioso. L'Isis continua a vendere tra i 25 e i 45 dollari al barile, che è un prezzo relativamente alto. Del resto, chi compra dal Califfo spesso non ha alternative. Oggi il traffico più vantaggioso è quello verso la Siria, che rimasta parzialmente isolata dall'Iran non può che accettare le condizioni che gli vengono imposte. E in questo modo sembra che l'Isis continui a incassare almeno un milione di dollari al giorno.

I nuovi cambia valute e i rischi per l'Europa

Secondo un'inchiesta realizzata dal Financial Times, c'è un altro sistema che permette di trasferire denaro all'estero di cui dovremmo preoccuparci. E' quello delle "Hawala", uffici che offrono servizi simili a quelli di Western Union e sempre più utilizzati per trasferire denaro all'estero.

In questo caso il problema non è tanto quello delle risorse che arrivano verso il Medio Oriente, quanto quello dei capitali che si allontanano. Secondo quanto ricostruito dal Financial Times, le difficoltà che il Califfato sta riscontrando nei suoi territori di origine hanno convinto tanti combattenti a spostarsi in Europa, dove, per rimanere militarmente efficaci, stanno inviando anche le risorse per organizzare nuovi attentati.

Trattandosi di un sistema di trasferimento di risorse completamente illegale, è difficile rintracciare i destinatari di questi generosi bonifici. E l'unica speranza che ci resta è che i servizi segreti di tutto il mondo riescano, lavorando insieme, a tracciare questa nuova mappa del terrore per riuscire a distruggerla prima che diventi operativa.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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