I colloqui tra Allianz e Amundi per la fusione delle rispettive divisioni di gestione patrimoniale sono stati sospesi. La notizia, riportata dal Financial Times, evidenzia un punto di rottura chiave tra Allianz e Crédit Agricole — controllante di Amundi — legato alla governance della nuova entità.
Secondo le indiscrezioni, Crédit Agricole puntava a mantenere una quota di controllo appena superiore al 50%, lasciando ad Allianz una partecipazione del 30% e riservando il restante 20% al mercato. Tuttavia, i tedeschi avrebbero preteso una co-leadership, opponendosi a uno schema di controllo unilaterale da parte dei francesi.
Dopo settimane di trattative, sembrava che un compromesso fosse vicino, con Crédit Agricole disposta a diluire la sua quota al di sotto del 50%. Ma la distanza sulla governance ha reso inevitabile la sospensione dei colloqui, congelando un progetto che avrebbe creato uno dei più grandi gestori patrimoniali al mondo con 3.000 miliardi di euro di masse in gestione.
Crédit Agricole verso il 19,99% di Banco Bpm
Mentre si consuma la rottura con Allianz, Crédit Agricole rafforza la sua presenza in Italia. La banca francese ha annunciato venerdì 6 dicembre di aver incrementato la propria partecipazione in Banco BPM dal 9,9% al 15,1%, utilizzando derivati per portare avanti l’operazione in maniera rapida e discreta. L’obiettivo dichiarato è ottenere l’autorizzazione della Banca Centrale Europea (BCE) per arrivare fino al 19,99%, soglia cruciale per acquisire maggiore influenza strategica su Banco BPM.
La mossa di Crédit Agricole, appoggiata informalmente dal governo italiano, ha spiazzato UniCredit, che stava già corteggiando Banco BPM con un’Offerta Pubblica di Scambio (OPS). UniCredit ha però dichiarato di essere pronta a dialogare con i francesi. Nel frattempo, Banco BPM starebbe valutando di chiedere una deroga alla passivity rule presso la Consob, mossa che consentirebbe al suo consiglio di amministrazione di opporsi a operazioni non gradite senza dover attendere il voto dell’assemblea degli azionisti.
Il terzo polo
La scalata di Crédit Agricole a Banco BPM si inserisce in uno scenario più ampio che vede il governo italiano spingere per la creazione di un “terzo polo bancario” attorno a Banco BPM e Monte dei Paschi di Siena. L’ingresso dei francesi potrebbe riaccendere questa prospettiva, rimasta congelata dopo l’offensiva di UniCredit.
Nel breve periodo, l’obiettivo di Crédit Agricole sembra legato alla protezione delle partnership esistenti con Banco BPM. Attualmente, i due gruppi collaborano nel credito al consumo tramite Agos Ducato (di cui Banco BPM detiene il 39%) e nel settore assicurativo tramite Banco BPM Assicurazioni. Inoltre, c’è la scadenza della storica partnership tra Amundi e UniCredit, prevista per il 2027, un appuntamento strategico che Parigi vuole presidiare con forza.
Fonti di mercato riferiscono che l’operazione francese sarebbe supportata da JP Morgan e che dietro il rafforzamento della quota di Crédit Agricole si celi la costruzione di un progetto industriale alternativo per Banco BPM, che potrebbe avere il favore del governo italiano.
Il piano di UniCredit: rilancio in vista?
Con l’ingresso di Crédit Agricole, UniCredit si trova ora costretta a rivedere la sua strategia. La proposta iniziale prevedeva un rapporto di concambio di 0,175 azioni UniCredit per ogni titolo di Banco BPM, per un prezzo implicito di 6,66 euro per azione. Tuttavia, la reazione negativa del mercato e le critiche di analisti e investitori, che hanno definito l’offerta “inadeguata”, potrebbero costringere UniCredit a rilanciare.
Il CEO di UniCredit, Andrea Orcel, ha lasciato aperta la porta ammettendo che il gruppo ha tempo fino a marzo per migliorare le condizioni. Ma con l’ingresso di Crédit Agricole e la conseguente impennata del titolo Banco BPM (che ha chiuso venerdì con un prezzo già superiore al 13% rispetto ai valori pre-OPS), i costi di un eventuale rilancio si sono alzati.
Gli analisti di Deutsche Bank stimano che UniCredit potrebbe dover aggiungere almeno 3 miliardi di euro all’offerta per rimanere competitiva. Ancora più ottimisti gli esperti di Intermonte, che ipotizzano un rilancio da 3,7 miliardi di euro, giudicando “non congruo” il premio iniziale offerto da UniCredit.
Lezioni dal passato
Le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) nel settore bancario europeo hanno sempre comportato premi significativi. L’offerta di UniCredit su Banco BPM, che includeva solo lo 0,5% di premio rispetto al prezzo pre-OPS, appare distante dagli standard recenti. Per fare un confronto, Intesa Sanpaolo ha offerto inizialmente il 27,6% di premio per UBI Banca, cifra poi salita al 44,7% dopo il rilancio. Allo stesso modo, Crédit Agricole ha pagato un premio del 45,2% per il Credito Valtellinese, mentre Caixabank e BBVA hanno offerto rispettivamente il 20% e il 30% di premio nelle loro operazioni di fusione in Spagna.
Gli esperti sostengono che un premio adeguato tenga conto non solo della valorizzazione degli attivi e dei multipli (prezzo/utili), ma anche delle sinergie attese dall’integrazione. Nel caso UniCredit-Banco BPM, le sinergie sono stimate in 1,2 miliardi di euro, di cui 0,9 miliardi derivanti da risparmi sui costi. Se si considera che operazioni simili hanno registrato premi tra il 20% e il 45%, la proposta di Orcel potrebbe essere rivista al rialzo, anche per evitare una potenziale controfferta di Crédit Agricole.
Uno scenario in movimento
Il risiko bancario italiano entra in una nuova fase. Da una parte c’è Crédit Agricole, forte dell’appoggio del governo italiano e della sua storica presenza nel Paese. Dall’altra c’è UniCredit, guidata dal carismatico Andrea Orcel, determinato a non perdere la partita.
Se Crédit Agricole riuscirà a ottenere l’autorizzazione della BCE per salire fino al 19,99% di Banco BPM, la sua posizione sarà molto più forte. L’operazione costringerebbe UniCredit a fare una scelta: rilanciare l’offerta o rischiare di perdere Banco BPM, la pedina chiave per rafforzare la propria presenza sul mercato italiano.