Circo Milan, ecco perché non funziona nulla
Liti in mezzo al campo, spogliatoio in subbuglio, società assente… Non basta cambiare allenatore o giocatori se manca il progetto. I tifosi lo hanno capito da un pezzo e contestano. Ma Ibra e suoi tirano dritto. Verso il caos
Se non fosse che tutte le volte il pensiero è lo stesso, verrebbe da dire che la sceneggiata della rissa sfiorata in campo tra Conceicao e Calabria rappresenta il punto più basso della stagione del Milan. E che da qui in poi i rossoneri potranno solo risalire. Il problema è che la speranza è già stata tradita più volte in questi mesi: dopo il cooling break dell'Olimpico di Roma (Leao e Theo Hernandez a 70 metri dai compagni a rapporto da Fonseca), nella notte della ammutinamento dei rigori a Firenze, oppure prendendo nota dei conti regolati in pubblico dal vecchio allenatore e poi da quello subentrato in corsa.
Il Milan sta vivendo una stagione sul filo dei nervi, anche oltre per essere sinceri. L’adrenalina per la prima partita nella sua storia ribaltata oltre il minuto 90 non giustifica il finale, ma quanto emerso successivamente è se possibile ancora meno comprensibile. Se è vero che Conceicao si era legato al dito la serata di venerdì trascorsa al concerto di Lazza da quattro suoi giocatori, club informato ma evidentemente su una posizione diversa dal tecnico, nasce un quadro sconfortante: a meno di due giorni da una partita decisiva mezza squadra in libera uscita e Zlatan Ibrahimović, quello che dovrebbe essere il faro di Milanello, a Kitzbuehel a presenziare alla Coppa del Mondo di sci. Bene, ma non benissimo.
I risultati sul campo rischiano di essere lo specchio sportivo di una società che non funziona. Il popolo rossonero lo ha capito e contesta duramente proprietà e dirigenti, non capisce quale sia il progetto e quello che vede non piace perché lontano dallo standing del Milan e dalla sua storia, anche recente. Un esempio? A una settimana dalla chiusura di un mercato che deve raddrizzare un campionato fin qui deludente, tutti sono aggrappati all'idea di portare a Milano il bomber messicano Gimenez. Ai microfoni va il presidente Scaroni per dire che non sa, non è detto, forse non arriverà. Risultato: altra benzina sul fuoco.
La stessa benzina che ha sparso per mesi a piene mani Fonseca, chiamato in estate sulla panchina quando tutti volevano Conte che a Napoli vola mentre il Milan arranca. Lui ha interpretato il ruolo del capro espiatorio perfetto, a lungo abbandonato a se stesso dai dirigenti di nomina o di fatto, come il già citato Ibrahimovic che nelle mezzo delle grandi crisi autunnali è sempre stato altrove. La spiegazione? Non è un tesserato ma il rappresentante della proprietà. Che è vero, ma fa a pugni con l'investitura dello stesso Cardinale all'ex campione, vero Deus ex machina nel mondo Milan, il suo "proxy" per usare le parole del proprietario che a Milano si vede poco e a Zlatan ha delegato il funzionamento della struttura.
Ricapitolando, poco o nulla di quanto sta accadendo dentro e fuori il Milan rappresenta la normalità. Compresi i dettagli, come un giocatore sul mercato e spinto ad andare (Emerson Royal) schierato e poi puntualmente infortunato. O un altro a lungo marginalizzato (Pavlovic) che poi torna centrale mentre si ipotizza una sua partenza per altre squadre. E così via...
Dopo la sconfitta di Torino con la Juventus, c'è chi ha descritto - senza alcuna smentita - Conceicao furioso e sorpreso perché mai in carriera aveva allenato un gruppo con così poco carattere. Parole simili al testamento sportivo di Fonseca nella notte dell'esordio, comunicatogli con almeno un'ora di ritardo e figuraccia annessa seguita da scuse pubbliche del solito Ibrahimovic. Un gruppo immune a qualsiasi strategia di intervento, sia essa il bastone o la carota. E che vive pericolosamente in bilico tra il fallimento dell'obiettivo Champions League, vitale per i conti del club e per il futuro stesso del progetto sportivo, e qualche risurrezione che allunga la vita. Come quelle di Como e contro il Parma. Sempre, però, sul filo dei nervi, come non potesse esistere normalità.
Ecco perché il diverbio in campo tra allenatore ed ex capitano, uno dei quattro del concerto di Lazza, ha sorpreso solo per la platealità con cui si è sviluppato. Senza filtri e senza rete, inseguendo anche nella comunicazione l'emergenza quotidiana. Un elettrochoc continuo in cui non si salva quasi nessuno.
PS - A caso-concerto scoppiato, Lazza che ne è stato protagonista incolpevole ma che è molto vicino a parte dello spogliatoio rossonero, essendo amico di tanti senatori del Milan, ha postato sui social un messaggio beffardo indirizzato al Conceicao furioso: “Mister ti aspettiamo al prossimo, vedrai che ti diverti. Sempre forza Milan”. Immaginiamo la gioia del fumantino tecnico portoghese.