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Calcio

Le cinque verità di Milan-Juventus

La rivincita di Allegri, i dubbi di Pioli e uno spettacolo non all'altezza del derby d'Italia e della sua tradizione. Ecco cosa ha detto la super sfida di San Siro e quali riflessi potrà avere sul campionato

La furia con cui Massimiliano Allegri ha vissuto gli ultimi minuti della sua Juventus a San Siro e il volto deluso di Stefano Pioli nel post partita fotografano, senza ombra di discussioni, il peso che il risultato del derby d'Italia può avere sul resto della stagione. Non era una sfida scudetto - troppo presto - ma certamente rappresentava una sorta di esame di mid term per due progetti ancora inespressi e dei quali si intravedono potenzialità e limiti. La Juventus è uscita con tre punti e le idee più chiare, il Milan si lecca le ferite e guarda con preoccupazione a un calendario che ora propone altri due match di peso specifico enorme come le trasferta a Parigi e Napoli nel breve volgere di quattro giorni.

Milan-Juventus nn è stato un grande spettacolo ma è stata una partita di enorme intensità. Insieme ai bianconeri ride l'Inter, che ha ritrovato la vetta solitaria della classifica ammortizzando il mezzo passo falso con il Bologna. E' presto per trarre indicazioni o per immaginare una fuga, però a un quarto di stagione consumato alcune risposte si possono trovare alle domande della scorsa estate. Limitandosi ai 90 minuti di San Siro, ecco cosa ha detto la sfida tra Milan e Juventus:

1 - Il MIlan ha perso il secondo scontro diretto su due. Aveva in cassato una cinquina nel derby con l'Inter ma, se possibile, il ko contro la Juventus fa anche più male perché arrivato in un confronto in cui sulla carta i rossoneri erano superiori. Anche privi di Maignan, Theo Hernandez e Loftus Cheek. E' vero che l'espulsione di Thiaw ha condizionato oltre un'ora di partita, ma anche prima si era visto troppo poco perché ci fossero i presupposti per una vittoria. A Napoli il test sarà decisivo. Dovesse cadere ancora, il Milan dovrebbe cominciare a interrogarsi sulla sua tenuta nei match di altissima classifica;

2 - La Juventus è stata operaia e provinciale nel senso buono del termine. Privata di Danilo, leader della difesa, con il centrocampo falcidiato e cortissimo e messi in panchina Vlahovic e Chiesa, da utilizzare come armi finali visto che rientravano da assenze per problemi fisici, ha sfruttato al massimo gli episodi dentro la partita vincendola con merito. E' da scudetto? No. al netto dei due citati la panchina da cui Allegri ha pescato era composta da Huijsen, Yildiz, Iling-Junior, Miretti, Cambiaso, Nicolussi Caviglia e Nonge. Ci vuole onestà intellettuale: non una rosa da corsa tricolore;

3 - Non è stato un Milan-Juventus indimenticabile. Anzi. Senza cadere nella nostalgia per i meravigliosi anni Novanta e primi dieci del Duemila il livello tecnico è stato basso. Non è la fotografia del nostro campionato, ma l'augurio è che i prossimi big match sappiano offrire di meglio;

4 - Allegri continua a essere inviso a una fetta importante del tifo bianconero, anche se i numeri sono dalla sua parte. Rispetto all'avvio dello scorso campionato viaggia con 7 punti di vantaggio, la difesa è blindata (6 clean sheet) e il gruppo appare solido anche messo davanti ai problemi extra campo. Insiste a dire, supportato dalla società, che l'obiettivo è un posto nella prossima Champions League: ha ragione.

5 - Pioli ha appena festeggiato il quarto anno sulla panchina del Milan, ereditata da Giampaolo l'8 ottobre 2019. Ha fatto un lavoro enorme ma alla base c'è sempre stato il rifiuto degli alibi. Negli ultimi tempi si è rifugiato un po' troppo spesso in argomentazioni post sconfitte che assomigliano a una fuga dalla realtà. Esempio? Gatti ha curato Leao con le buone e con le cattive, ma non ha fatto 22 falli (sono stati 5 da report ufficiali della Lega) e il timing della sua ammonizione non ha inciso sul risultato di San Siro.

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Giovanni Capuano