
Bryan Ferry live in Foggia

La classe di Bryan Ferry

Jorja Chalmers si è divisa tra sax e tastiere

Il grande palco di Piazza Cavour

Le coriste Bobbie Gordon e Hannah Khemoh

La violinista Marina Moore
A due settimane di distanza dall’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame con i Roxy Music, uno dei gruppi-simbolo del glam rock britannico, Bryan Ferry si è esibito ieri sera a Foggia, in una piazza Cavour affollata da 15.000 persone.
Il concerto, che ha rappresentato il momento più atteso del Medimex Spring Edition, organizzato dalla Regione Puglia e da Puglia Sounds, era l’unica data italiana del tour mondiale con il quale l’artista sta promuovendo Bitter-Sweet, il disco uscito il 30 novembre scorso che contiene rivisitazioni in chiave jazz del repertorio da solista e con i Roxy Music.
L’esibizione dell’icona del rock inglese è stata aperta da due artisti pugliesi selezionati tra i gruppi finanziati dal bando Puglia Sounds Records 2018: la band salentina Le Scimmie sulla Luna e i baresi Stain.
Alle 21.30, con qualche minuto d’anticipo rispetto all’orario schedulato, ha preso il via lo show di Bryan Ferry, affiancato da un gruppo straordinario formato da Christian Gulino (tastiere e direzione), Jorja Chalmers (sax e tastiere), Chris Spedding (chitarre), Luke Bullen (batteria e percussioni), Jerry Meehan (basso), Marina Moore (violino), Bobbie Gordon e Hannah Khemoh (cori).
Insieme a David Bowie e Marc Bolan, Ferry è una delle principali icone del glam rock degli anni Settanta. Dopo l’eccentrico sperimentalismo degli esordi con i Roxy Music, emblematica crasi tra “rock” e “sexy”, il cantante inglese si è dedicato, nella carriera solista, a raffinate canzoni pop, screziate di elementi funk, folk e jazz, dando vita a uno stile unico e riconoscibile come la sua inconfondibile voce, languida, duttile ed espressiva.
Il modo di cantare di Ferry è oggi speziato e pungente come un prezioso whisky torbato: l’estensione vocale, a 74 anni, non è più quella degli anni Settanta, naturalmente, ma ha acquistato una maggiore ricchezza di colori e di nuances.
La scaletta, composta da 22 brani, è ricca ed equilibrata, con il giusto mix di brani solisti, dei Roxy Music e di cover, che predilige i brani mid e uptempo rispetto alle ballad: una scelta più adatta a un concerto in piazza e gratuito, dove il beat funge da catalizzatore.
L’incipit del concerto è affidato a The Main Thing dei Roxy Music, che mette subito in mostra l’affiatamento della band, con un sound pulito e compatto.
La romantica Slave To Love, uno dei maggiori successi solisti di Ferry del 1985, ha procurato brividi e ricordi a chi è cresciuto in quel periodo, così ricco di ottimismo e di speranza nel futuro.
Dopo l’immancabile “Ciao Foggia!” del cantante, è la volta dell’accattivante Don’t stop the dance, emblematica del pop raffinato e danzereccio di cui l’artista ha fatto largo uso negli anni Ottanta. Una preziosa lezione di stile di cui hanno fatto tesoro numerosi epigoni, Duran Duran su tutti.
Strepitoso il tris di brani dei primi Roxy Music formato da Ladytron, Out of the Blue e Oh Yeah, dove ritroviamo al meglio tutti gli elementi costitutivi del loro incondibile sound: i ritmi spezzati e quasi tribali di Luke Bullen, il fumoso sax dal sapore free jazz di Jorja Chalmers, i sintetizzatori futuristici di Christian Gulino, le chitarre distorte e virtuose di Chris Spedding, l’inquietante violino di Marina Moore, il basso tridimensionale di Jerry Meehane, i cori soul di Bobbie Gordon e Hannah Khemoh, tutti guidati dalla voce sorniona e ricca di sfumature di Ferry.
Tokyo Joe è funky stralunato e raffinatissimo, con tanto di handclap anni Settanta. The Waste Land ha un incipit rarefatto, per poi trasformarsi in un pop dritto e accattivante, impreziosito da un eccellente assolo chitarra di Chris Spedding.
In Windswept le percussioni disco e il violino si incastrano alla perfezione nel complesso mosaico sonoro, mentre nella cupa e ipnotica Bête Noire, uno dei brani più dark della sua carriera solista, Ferry si dedica anche alle tastiere.
Con l’adrenalinica Zamba si ritorna nel campo rock, mentre la cover di Don’t Think Twice, It’s All Right, sentito omaggio all’arte di Bob Dylan, è ricca di magia, soprattutto negli emozionanti assoli di armonica.
My only love si caratterizza per le chitarre avvolgenti e per la batteria incalzante, mettendo in luce anche le voci black delle coriste Bobbie Gordon e Hannah Khemoh, con un finale in crescendo dove il sax e la chitarra hanno un ruolo enfatico.
“Grazie mille, è un piacere suonare qui”, afferma il cantante. “E’ sempre bello tornare in Italia. La prossima canzone, My Only Love, è estratta dal primo album dei Roxy Music”.
In every dream home a heartache è una ballad struggente, ideale per la voce dolente di Ferry, mentre nella hit More Than This, caratterizzata da un simil-falsetto, si avverte, nelle sue corde vocali, l’inevitabile trascorrere del tempo.
Avalon è un gioiello pop di intatta bellezza, che ci ha trasportato per quattro minuti all’inizio degli anni Ottanta, quando i Roxy Music avevano abbandonato i furori avanguardistici per un pop colto e adulto.
Finale in crescendo con l’ irresitibile funk di Love Is the Drug, brano al quale i Duran Duran si sono apertamente ispirati negli anni Ottanta, Re-Make/Re-Model ed Editions of You, con la sassofonista Jorja Chalmers ai synths, mentre Bryan si produce in un pregevole assolo di organo elettrico.
Ci avviamo verso la fine del concerto con la splendida interpretazione di Jealous guy, cover pubblicata nel 1980 sull’onda emotiva della morte di John Lennon, imitato anche nel celebre fischio.
Il bis è affidato a un’altra cover di lusso, l’adrenalinica Let’s stick together di Wilbert Harrison, di cui nel finale abbiamo apprezzato gli assoli di chitarra e di armonica all’unisono.
Il concerto si chiude alle 23, dopo un’ora e mezza esatta, salutato da fragorosi applausi dei 15.000 spettatori di Piazza Cavour, che ricorderanno per anni questa fredda serata di aprile, riscaldata dalla magia di canzoni senza tempo.
Bryan Ferry si è confermato un fuoriclasse del crooning, nonostante l’età non più verdissima, oltre che uno degli ultimi rappresentanti di una stagione lontana e irripetibile della musica e del costume inglese, in cui si pensava che il rock potesse cambiare il mondo, mentre, invece ha “solo” cambiato (in meglio) le nostre vite.
La setlist del concerto di Bryan Ferry a Foggia (13/4/2019)
The Main Thing
(Roxy Music song)
Slave To Love
Don’t Stop the Dance
Ladytron
(Roxy Music song)
Out of the Blue
(Roxy Music song)
Oh Yeah
(Roxy Music song)
Tokyo Joe
A Waste Land
Windswept
Bête Noire
Zamba
Stronger Through the Years
(Roxy Music song)
Don’t Think Twice, It’s All Right
(Bob Dylan cover)
My Only Love
(Roxy Music song)
In Every Dream Home a Heartache
(Roxy Music song)
If There Is Something
(Roxy Music song)
More Than This
(Roxy Music song)
Avalon
(Roxy Music song)
Love Is the Drug
(Roxy Music song)
Re-Make/Re-Model
(Roxy Music song)
Editions of You
(Roxy Music song)
Jealous Guy
(John Lennon cover)
BIS
Let’s Stick Together
(Wilbert Harrison cover)