
Perversione e possesso
Il trombonista che inizia a suonare alle sette e mezzo del mattino si sciacqua prima la bocca con aceto. Che ne direbbe il senso comune di una simile pratica? Orrore. Ma poi c’è il jazz e nessuno si lamenta. E la sua musica non potrà possederla nessuno, solo goderne chi abbia cuore per sentire.
Perversione: Perversum, deviato, stravolto. Ideazione e perseguimento di comportamenti distorti rispetto al senso comune. E come dici “perversione” il cervello spara “sessuale”. Pensa come siamo ridotti che in quello che dovrebbe essere un universo di libertà e goduria, automaticamente pensiamo che ci sia un comportamento legato al senso comune e per tanto passibile di essere pervertito, deviato.
Non dico che ci si debba, o non ci si debba, appendere alle finestre del bagno vestiti in latice nero con una rosa spinata in bocca, trovo poi la squadra del ‘lettone e tempo a non finire’ entusiasmante e voluttuosamente presuntuosa. E' solo che non capisco l’automatismo a chiamare perverso chi annusa i calzini usati e la indifferente serenità di fronte ad altre cose infinitamente più aberranti. Tipo un cane che ha il suo spazzolino da denti o un neonato lasciato piangere al buio da solo, così impara a gestire quella cosa che noi, con quarant’anni in più, stordiamo di parole e benzodiazepine.
Mi chiedo da dove viene poi tutta questa fiducia nel senso comune. Il pensiero dell’ovvio, dispenser automatico di risposte scontate, del perché così è sempre stato o peggio ancora perché lo dico io (Peggio teoricamente. Io tengo famigliae lo uso al meno due volte al giorno).
Mi vengono in mente i camion-gabbia straripanti di vacche che vedevo dal finestrino della macchina di mio padre in autostrada (una statale con qualche velleità in più) quando ero piccola. Quelle vacche siamo noi e il nostro senso comune. Certe perversioni della nostra umanità ci portano al mattatoio, condannati alla noia o alla umiliazione, e diventiamo un tappeto a grandi macule bianco e nero, se ci va di lusso posto davanti a un cammino con qualcuno che ci mangia sopra mandarini davanti al fuoco, altrimenti nel ufficio di un qualche miserabile che promette un contratto o minaccia un licenziamento.
La più grande perversione che porta al mattatoio è il possesso. Porta sia i possedenti sia i posseduti. Illusione irrealizzabile che tutto distrugge e soffoca. Pensa a Venezia e agli amori. Non c’è modo di possederli. Puoi solo arrenderti, come fossi davanti a uno tsunami, e farti travolgere, inzupparti di loro e rimanerne abitato, lasciando che continuino ad essere ciò che sono. Portare nel cuore il loro nome come un souvenir, un magico talismano, e sentire un brivido quando li nomini in solitudine.
Altre perversioni invece sono deviazioni del senso comune che ci liberano, aprono la porta del camion gabbia e con grande garbo ci porgono la mano per aiutarci a scendere. E poi fanno arrivare una fata che da vacca malata di anedonia (quella tristissima incapacità di sentire piacere) ci converte in altro, più complesso e ammaccato e gioioso e amabile.
Gusto di ascoltare le storie della gente, dei miei amici. E dai loro racconti a volte rimango ammutolita.
Trovo pervertito che oggi una donna interessante, bella e simpatica, vada a casa a dormire da sola con voglia di fare l’amore. E l’ho vista più volte. Per i findelmondani, categoria umana senza patria, esseri primitivi nel sentire, che muoiono di fame, si infartano di gioia e stramazzano per terra di tristezza, una cosa del genere è inconcepibile. Trovano sempre un modo per organizzarsi e c’è amore per tutte, belle e brutte, vecchie e pischelle, per le zitelle, le frastornate e le chiacchierone, la più bassa e la più alta troveranno tutte, se lo vogliono, il loro principe, se non delle mille, garantito di una notte.
Così come trovo perverso che dopo che il trentenne, normalmente attratto (pure secondo il senso comune) da una coetanea caa borsetta nell’avambraccio, messa in piega e chili di fard, faccia tutto il gioco (anche quello incomprensibile, così lungo e senza ricompensa) di: passa a prendere, porta a cena, parla parla, riporta a casa, bacio nella guancia. Non chiamare o le stai addosso, non chiamare ancora, non ancora, ora sì, chiama, e via un altro giro: passa a prendere, porta a cena, parla di niente, e riporta a casa, bacio alla porta, e così successivamente fino a quando arriva a: riporta a casa, entra in casa, bicchiere d’acqua, bacio in cucina, un altro bacio, il gentiluomo si emoziona, si avvicina, e lei notandolo, lo manda via malamente con un “sei un porco come tutti”. Allora dillo che ti piacciono gli eunuchi, che quella è la strada del tuo desiderio. Ma no, vuoi che abbia tutto ma in stand by. Poi vai e premi pure i pulsanti ma non dovrebbe accendersi in virtù di non so quale malatissima virtù. Cercati un morto. C’è anche quella di perversione tra le tante nei manuali.
E così andiamo, basta fermarsi e guardare. Scontrati, persi, annoiati, abbruttiti dalla voglia di possedere cose impossibili, senza il carisma per conquistarle e senza il coraggio di farsi travolgere. Puoi credere che riusciamo ad annoiarci con tutta la meraviglia che ci abita e ci circonda? Che riusciamo ad ignorarci, a dirci porco ti sei eccitato, a lavare i denti al cane e a far piangere i bambini, pur sapendo che siamo mortali? E’ notevole come anche il più pessimista crede di avere ancora del tempo, e procastina. Potrebbe bastarci questa incertezza per scartare ogni giorno le emozioni e godercele come bambini in ricreazione, tutte benvenute: tristezza, frustrazione, attesa e pazza gioia.
Forse è ora di scoperchiare le nostre fragilità e stranezze e riderci sopra. A me piace dormire (anche mangiare leggere cantare e piangere) da sola in macchina, sopratutto d’inverno alla ora della siesta. Ho una amica completamente fuori dalle righe che sottolinea le sue letture col righello e una che è mamma e mangia cioccolato al latte chiusa a chiave in bagno. Queste piccole cose mi fanno intravedere, come dal occhio di una serratura, un po’ di verità in mezzo alla nebbia, fuori dalla stanza abbagliante delle ovvietà.
Il trombonista che inizia a suonare alle sette e mezzo del mattino si sciacqua prima la bocca con aceto. Che ne direbbe il senso comune di una simile pratica? Orrore. Ma poi c’è il jazz e nessuno si lamenta. E la sua musica non potrà possederla nessuno, solo goderne chi abbia cuore per sentire.