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I possibili utilizzi della carne sintetica in campo medico

I possibili utilizzi della carne sintetica in campo medico

Intervista a Cesare Gargioli, professore associato all’Università Tor Vergata di Roma dove insegna biologia applicata


È tra i massimi esperti in Italia della replicazioni cellulare e si è appassionato alla produzione di carne in laboratorio. Cesare Gargioli è professore associato all’Università Tor Vergata di Roma dove insegna biologia applicata. Nel suo programma di ricerca da un paio d’anni nei laboratori di Tor Vergata sperimenta appunto la coltivazione di carne. Quando il governo ha deciso di bloccare la produzione e commercializzazione di questi prodotti è insorto affermando: «È una scelta miope, di sintetico peraltro qui non c’è nulla, coltiviamo cellule naturali, senza alcuna alterazione genetica: tutti al mondo la chiamano carne culturale o agricoltura cellulare».

Va precisato che il decreto voluto dal ministro per la Sovranità alimentare, sottoscritto dal ministro per la Salute Orazio Schillaci e sostenuto dalla premier Giorgia Meloni non vieta la ricerca. A Panorama Gargioli ha concesso un’intervista che va al di là del molto che si è già detto sul tema. Per esempio, da dove è partita la ricerca sulla carne coltivata.

Professor Gargioli, per ottener la carne coltivata quale tecnica di replicazione cellulare si utilizza? Si agisce sull’enzima telomerasi?

Nelle nostre ricerche, noi non utilizziamo nessun acceleratore della replicazione né tanto meno modifiche genetiche sulla telomerasi, la proliferazione è una caratteristica fisiologica delle cellule staminali che isoliamo dal grasso e dal muscolo di bovino, suino e ovino.

Il «brodo di coltura» – per così dire – delle cellule da cosa è composto?

Il brodo di coltura, o per meglio il terreno di coltura, è una soluzione ricca di zuccheri, sali e fattori di crescita, che noi compriamo già completa da aziende specializzate nel settore delle staminali e che impieghiamo per crescere anche cellule umane a scopo terapeutico.

Questa tecnica di replicazione cellulare è possibile partendo da tessuti muscolari e adiposi di tutte le specie?

L’isolamento di cellule staminali da grasso e muscolo l’abbiamo messo a punto inizialmente da tessuti di roditori, poi da tessuto umano a scopo terapeutico e recentemente – dal 2020 – da tessuto bovino, suino e ovino.

Sarebbe quindi possibile replicare anche carne umana? E, qualora questa fosse mescolata con altre masse cellulari, come si potrebbe distinguere?

Gran parte della nostra ricerca è concentrata sulla costruzione di muscolo artificiale umano tramite stampa 3D per recuperare danni tissutali dovuti a traumi, asportazioni o malattie genetiche. La componente umana o animale in laboratorio è facilmente distinguibile con analisi di routine che utilizzano marcatori specifici.

Si potrebbero replicare anche cellule affette da qualche patologia? E se sì, la malattia sarebbe presente in tutte le cellule riprodotte?

Se si parte da cellule geneticamente malate si possono replicare cellule malate, cosa che facciamo con modelli 3D di patologie muscolari umane come le distrofie o neurodegenerative come la Sla per studiarle in laboratorio e trovare una possibile terapia.

Esiste un protocollo etico per questo tipo di ricerca?

Le nostre ricerche sono tutte approvate da un comitato etico. E se parliamo di sperimentazione animale la ricerca deve essere approvata dal ministero della Salute.

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