Coltivazioni senza pesticidi? Al di là di retoriche green, l’utilizzo di questi prodotti, sia di sintesi sia naturali, è indispensabile per una produzione ottimale di frutta e verdura di qualità e in sicurezza.
Quello che una volta, in agricoltura, era lo stigma dei pesticidi, cavallo di battaglia di vecchie crociate ambientaliste, lontane dalla realtà e dal pragmatismo necessario nella produzione di derrate alimentari, è ora un circolo virtuoso di controlli, tecnologia, digitalizzazione: è il mondo degli agrofarmaci. Di tutti quei preparati cioè, sia a base chimica sia naturale, che permettono di far arrivare in tavola prodotti di qualità, sani e certificati: senza costringerci a cedere alle sirene dell’importazione da Paesi dove controlli sanitari e normative a tutela dei consumatori sono distanti anni luce dagli standard italiani ed europei.
Lo stato dell’arte sull’utilizzo degli agrofarmaci – che comprendono fungicidi, insetticidi, erbicidi e altre categorie – ce lo racconta il primo lancio di un report dell’Osservatorio Agrofarma, che d’ora in poi, ogni sei mesi, raccoglierà diverse informazioni sulla condizione dell’agricoltura italiana e sul ruolo strategico che l’industria di questi prodotti svolge ai fini della produzione del nostro Paese: produzione che, senza agrofarmaci, risulterebbe insufficiente e non sostenibile. «Esattamente come gli esseri umani, anche le piante possono sviluppare malattie» spiega Riccardo Vanelli, presidente di Agrofarma-Federchimica. «Le cause possono essere funghi, batteri, insetti, che provocano una riduzione e in alcuni casi anche il deterioramento dell’intera derrata produttiva. Gli agrofarmaci fanno sì che la pianta resista a queste avversità presenti nell’ambiente. E si badi bene: li utilizza anche l’agricoltura biologica, perché ora come ora nessun tipo di produzione – se non quelle estremamente di nicchia, a uso quasi locale – può permettersi di farne a meno».
Infatti, oltre ai prodotti chimici – che grazie alla continua ricerca e sviluppo consentono un uso molto residuale di principi attivi, e quindi massima sicurezza e controllo – esistono ormai numerose sostanze o microorganismi di origine naturale: «Questa tipologia di soluzione» prosegue Vanelli «può avere un effetto avverso nei confronti del patogeno, risolvendo i problemi senza ricorrere ad alcun composto chimico. È una tecnologia alternativa, o meglio complementare rispetto a quella dell’agrofarmaco di sintesi, ormai adottata anche nell’agricoltura tradizionale e convenzionale».
Senza agrofarmaci nella coltivazione di frutta e verdura, ne risentirebbero la la salute e il portafoglio: prima di tutto, si assisterebbe a un’ingente riduzione della produzione agroalimentare che per alcuni prodotti, per esempio il pomodoro per produrre salse e passate, potrebbe arrivare al 70 per cento (fonte: studio di impatto condotto su 18 filiere da VSafe, spin-off dell’Università Cattolica di Piacenza). Questi quantitativi andrebbero poi importati: «Il primo rischio nel farli arrivare dall’estero» afferma Vanelli «è quello di avere prezzi al consumo molto più alti, oltre a un forte impatto sull’ambiente, dovuto al massiccio utilizzo di mezzi di trasporto da un continente all’altro. Oltre a ciò, arriverebbero prodotti coltivati in Paesi al di fuori della Ue, dove ci sono meno controlli, meno paletti e quindi meno garanzie di qualità e sicurezza».
Ma come facciamo a essere certi che, quando consumiamo un pomodoro, un’insalata o un grappolo d’uva made in Italy, non ci siano eccessivi residui di insetticidi, funghicidi e altri prodotti chimici? Anche qui viene in aiuto la tecnologia: nel settore c’è stata un’evoluzione tale da permettere nelle coltivazioni l’utilizzo di molecole molto più avanzate rispetto al passato, che consentono un impiego inferiore di principio attivo rispetto a quello previsto all’origine. «Da questo punto di vista» spiega ancora Vanelli «il progresso ci ha portati a usare i prodotti in maniera molto più efficace: in agricoltura ormai impieghiamo meno agrofarmaci – e infatti il rapporto che abbiamo appena presentato mostra una flessione delle vendite – ma con una maggiore efficienza nella protezione delle piante». La digitalizzazione, poi, conclude le caratteristiche di una filiera più virtuosa: grazie all’agricoltura 4.0, i coltivatori riescono a sapere in tempo reale se, quando e come ricorrere agli agrofarmaci, offrendo una tecnologia ulteriore anche a supporto delle culture meno diffuse (alias colture minori) quali ceci e piselli, mango e avocado nelle zone del Meridione, solo per fare alcuni esempi – diffuse anche in seguito ai cambiamenti climatici e alle nuove esigenze dei consumatori.
