Home » Attualità » Renzi, un uomo solo al comando

Renzi, un uomo solo al comando

Renzi, un uomo solo al comando

Un atteggiamento da condottiero solitario, quello del premier. Non supportato da un’adeguata capacità di sostenere il ruolo

“Un uomo solo è al comando, il suo giubbotto di pelle è nero, il suo nome è Matteo Renzi!”. Chissà se l’indimenticato Mario Ferretti, storico cronista RAI del Giro d’Italia, avrebbe descritto così la situazione politica italiana in questa calda primavera 2015.

Quello che è certo è che a Renzi l’immagine non sarebbe dispiaciuta affatto. Condurre da solo il Giro, anzi l’intera Italia, dando dodici minuti di distacco ai suoi alleati e avversari interni ed esterni, come quella volta Fausto Coppi a Gino Bartali (un’enormità, in una tappa di montagna) corrisponde alla sua indole più autentica.

Renzi non è un genio, è un comunicatore brillante ma non brillantissimo, è del tutto privo di idee proprie, non ha un progetto politico da realizzare, ma ha una caratteristica vincente. È veloce, velocissimo. E non si volta mai indietro a guardare i disastri che lascia alle sue spalle.

Questo, in un PD immobile, in una politica italiana ingessata, nella quale tutto è lentissimo, è un’arma che ha spiazzato amici e avversari.

Per questo il ragazzo di Rignano sull’Arno continua a correre. Potrebbe far suo il motto di un altro che credeva di avere l’Italia in mano: “chi si ferma è perduto”.

Per questo non si cura delle obiezioni, delle riflessioni, delle preoccupazioni dei suoi stessi alleati. Per questo pone la minoranza del PD e i suoi sostenitori centristi di fronte a un continuo “prendere o lasciare”, rilanciando sempre, in maniera apparentemente pericolosa. Sa benissimo che i brontosauri del vecchio PD, o le composite truppe centriste, non faranno neppure in tempo a riunirsi, a discutere, a convocare “caminetti”, a tessere i fili di mediazioni paralizzanti. Lui avrà già ottenuto il risultato. Sia esso la legge elettorale o la riforma della Costituzione.

Persino i giornali abitualmente compiacenti lo criticano, sulla legge elettorale. Avanzano riserve nel merito (una minoranza potrà governare il Paese grazie alle divisioni delle altre minoranze) e nel metodo (una legge elettorale che passerà con una maggioranza risicatissima, proprio quello che era stato rimproverato a Berlusconi).

Altri esecutivi, altri leader del PD si sarebbero arrestati, di fronte ai dubbi dei costituzionalisti, dei giuristi, degli opinionisti dei fogli più paludati e politicamente corretti: gli uomini della vecchia sinistra vengono dalla quella stessa cultura, hanno utilizzato per anni quegli uomini, quel linguaggio, quelle idee, per attaccare Berlusconi, che era estraneo a quel sistema di potere conformista, ed oggi non possono certo smarcarsi da loro.

Renzi invece non ha timori reverenziali. Sa che la storia la scriveranno i vincitori, e quindi a lui interessa solo vincere.

Fino ad oggi, Renzi ha avuto dalla sua anche la caratteristica che Napoleone considerava essenziale per i suoi generali: essere fortunati. Renzi beneficia di contingenze delle quali non ha nessun merito, ma che nel passato recente ogni Premier ed ogni Ministro dell’Economia  avrebbe sognato: un costo del denaro mai così basso, un crollo del valore dell’euro a tutto vantaggio delle esportazioni, un prezzo dell’energia che da decenni non era così basso, una garanzia delle Banca Centrale Europea grazie all’azione di Mario Draghi.

E a proposito di generali, Renzi condivide con Napoleone anche la totale disistima per i capi del proprio esercito. Chi conosce la storia di Waterloo sa bene che il grande Corso non si sbagliava. Per non correre lo stesso rischio, Renzi ai suoi non fa comandare nulla: anche gli uomini e le donne più vicini a lui – che si detestano cordialmente l’uno con l’altra – hanno ben chiaro che senza il loro capo non sarebbero nulla e che ogni iniziativa autonoma è da escludere: Renzi non fa sconti, chi scarta la paga (politicamente) con la vita.

A questo punto i puristi, i retori, i demagoghi si domanderebbero: tutto questo è ancora democrazia?

Dall’inferno, dove – come insegna Dante – abbiamo una visione chiara del futuro, ci sentiamo di escludere rischi veri per il sistema democratico. Renzi non ha la statura del Caudillo, non ne ha la visione, non ne ha il respiro. Per fare il dittatore bisogna pur credere in qualcosa. Renzi non crede in nulla, se non nel potere (suo). Non andiamo verso un regime, al più verso un regimetto di opportunisti tesi a raccogliere le briciole che il capo concede.

Ma gli uomini soli al comando, prima o poi, bucano una gomma, e non c’è nessuno vicino a loro che li aiuti ad aggiustarla…

© Riproduzione Riservata