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Vaccini, dall’illusione al caos

Vaccini, dall’illusione al caos

Altro che immunità di massa entro l’estate, come ha continuato a sostenere il supercommissario Domenico Arcuri. Con un ritmo delle somministrazioni così lento, a fine primavera solo il 10 per cento degli italiani sarà protetto dal virus. A ciò si aggiungano i passi falsi nel trasporto dei sieri e nella catena del freddo. Chi non ci perde in questa situazione? Le aziende farmaceutiche. Che hanno in mano contratti «blindati» e comunque vincenti.


Il 31 gennaio, alla fine del primo mese di vaccinazione, erano state somministrate 1.958.691 dosi, una misera media di 63.183 al giorno con cali a 34 mila provocati da forniture ridotte o in ritardo. Un dato al di sotto del minimo di 65 mila iniezioni quotidiane indicate dal super commissario Domenico Arcuri come linea del Piave per raggiungere l’immunità di gregge in tempo utile. Per fare un confronto, la Gran Bretagna ha somministrato quasi 600 mila vaccinazioni al giorno e a metà febbraio punta ad avere protetto 15 milioni di persone.

E sempre a fine gennaio appena 616.867 italiani hanno ricevuto la prima e seconda dose. Non è un caso che la fondazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze), lanci l’allarme sul rischio Caporetto del piano vaccinale. «Nel primo trimestre – al netto di eventuali ritardi di consegna – si potrà contare su circa 12 milioni di dosi» sottolinea il fondatore del Gimbe, Nino Cartabellotta, «sufficienti a completare il ciclo vaccinale di circa 6 milioni di persone – 10 per cento della popolazione – non prima di metà/fine aprile, visto che la maggior parte delle dosi saranno consegnate da metà febbraio». E con l’approvazione del vaccino di AstraZeneca consigliato solo dai 18 ai 55 anni, il ritardo sulla tabella di marcia per sconfiggere il virus è ancora più marcato. In seguito l’Agenzia italiana del farmaco, subissata dalle critiche, ha fatto una rettifica spiegando che si può somministrare agli over-55 se sono in salute.

Ma di questo passo non si arriverà mai, entro l’estate, all’immunità di massa con il 70 per cento della popolazione vaccinata in Italia e nella Ue, come continua a sostenere la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

UNA PRODUZIONE ITALIANA

«Quello che abbiamo passato nella prima fase con la penuria di mascherine e altri dispositivi di protezione lo stiamo vivendo adesso con i vaccini» dice a Panorama Riccardo Riccardi, vicepresidente della Regione Friuli-Venezia Giulia e assessore alla Salute. «Dobbiamo trovare soluzioni per produrli in Italia, come abbiamo fatto con le mascherine per non dipendere dall’estero. C’è in gioco la salute pubblica». I prossimi mesi saranno in salita per la regione del Nord-Est: «Le 60 mila dosi previste a febbraio e marzo saranno insufficienti per gli oltre 100 mila ultra 80enni. Le forniture che stanno arrivando mettono a rischio il piano vaccinale».

Il ritardo dell’approvazione a fine gennaio del vaccino AstraZeneca, che ha annunciato tagli nelle forniture del 60 per cento, poi in parte ridotti, e le consegne a singhiozzo di Moderna e Pfizer hanno sballato i piani. Senza il via libera al vaccino Johnson&Johnson a fine febbraio, e del tedesco Curevac previsto solo a maggio, non saremo in grado di iniziare la campagna di vaccinazione di massa che dovrebbe arrivare ad almeno 200 mila somministrazioni al giorno.

Il 2 gennaio, anche se le tabelle sono state rese pubbliche a fine mese, il ministro della Salute Roberto Speranza ha varato il nuovo piano vaccini. Nel contratto con AstraZeneca reso pubblico dalla Commissione europea con troppi omissis si è scoperto che la società avrebbe dovuto fornire le prime dosi «nel 2020», e «dal primo trimestre del 2021». In dicembre e gennaio il vaccino di Oxford attendeva ancora l’autorizzazione e per i prossimi mesi sono previsti tagli considerevoli (su 100 milioni previsti a livello europeo dovrebbero arrivarne 40).

Se non riceviamo 101 milioni di vaccini entro settembre non ce la faremo a immunizzare 51 milioni di italiani. Le dosi aggiuntive di Moderna e Pfizer sono 6,6 milioni ogni sei mesi, ma non è chiaro quando davvero arriveranno. Nel nuovo piano di Speranza, la parte del leone continua a farla AstraZeneca con un totale di 40,1 milioni dosi, ma anche con forniture più che dimezzate nei primi mesi e un’efficacia del 60 per cento (gli inglesi sostengono 75) rispetto agli altri sieri basati sull’mRna (oltre il 90 per cento). Da Johnson & Johnson, in fase di approvazione, attendiamo 53,8 milioni di dosi ma l’efficacia si ferma al 66 per cento.

I PASSI FALSI DEL COMMISSARIO

Alla strozzatura delle forniture si aggiungono altri passi falsi o discutibili individuati da Panorama. «Gran parte dei vaccini arrivano via terra dagli stabilimenti nel Nord Europa» spiega una fonte militare. «E vengono consegnati tutti all’hub di Pratica di Mare. Per le dosi dirette al Sud va bene, ma per quelle verso il Centro-Nord è capitato che siano tornate indietro sui mezzi del corriere Sda con l’aggiunta di personale della Difesa. Una follia logistica».

E un’altra scelta azzardata della struttura commissariale è la volontà, ancora non definitiva, di acquistare per i vaccini della somministrazione di massa frigoriferi che devono essere mantenuti a pochi gradi sotto le zero. Peccato che siano adatti agli alimenti.

Per di più la Difesa ha già dato due volte parere negativo, spiegando che non si riescono a sistemare su quei mezzi in grado di alimentarli. Nonostante le controindicazioni, è stato chiesto all’ex Fiat la fattibilità di modifiche dell’impianto elettrico di altri furgoni delle Forze armate per il trasporto. Ovviamente non è stata calcolata «la proposta inviata ad Arcuri dal distretto di Casale Monferrato, capitale della tecnologia del freddo» spiega il sindaco, Federico Riboldi. «Una strategia seria e di alto profilo tecnico per la gestione dei vaccini in tutta Italia».

La ciliegina sulla torta è rappresentata dalle Primule, le tensostrutture disegnate dall’architetto Stefano Boeri per le vaccinazioni di massa, fortemente volute da Arcuri. Sui blog specializzati il progetto e il bando di gara vengono bocciati senza appello.

L’architetto Carlo Quintelli, in un’analisi dettagliata di costi e benefici, ha concluso che si spenderà «dieci volte tanto rispetto a un punto vaccini di analoga portata nella sala civica, in quella parrocchiale, nella palestra, sotto la tenda degli alpini e via dicendo». Solo la Difesa ha pronte all’uso 200 strutture in tutt’Italia da utilizzare come punti vaccinali.

Matteo Salvini, leader della Lega, ha annunciato un esposto in procura. Il deputato leghista Daniele Belotti ha scritto una lettera a Palazzo Chigi e ad Arcuri e ha presentato un’interrogazione parlamentare. «Il bando riguarda la realizzazione urgente dei primi 21 padiglioni, uno per regione, mentre rispetto ai successivi 1.179 si riporta che saranno “eretti successivamente”» scrive Belotti che sciorina le cifre.

La spesa prevista è di 8.599.500 euro, che significa 409.500 euro per padiglione, ovvero un costo di 1.300 euro a metro quadrato. Belotti si chiede se non fosse stato meglio noleggiare una tensostruttura quadrata o rettangolare e non rotonda come vuole Boeri, che costa molto meno (140/150 mila euro per un anno). E aiuta il settore fieristico in crisi per la pandemia. Arcuri ha risposto con una parziale marcia indietro: le Primule arriveranno «a primavera, forse a primavera inoltrata» a causa dei ritardi nel piano vaccinale. E apre al settore fieristico.

LOTTERIA DEI PREZZI

Nonostante gli omissis del contratto europeo con AstraZeneca, si è scoperto che gli Stati Ue hanno versato 366 milioni di euro come «finanziamento iniziale» degli 870 milioni per 400 milioni di dosi. Per fare partire i vaccini, anche delle altre società, la Ue ha già sborsato 2,7 miliardi di euro. Non solo: la compagnia farmaceutica «farà del suo meglio» («best reasonable efforts») per produrre il vaccino. Una formula che vuol dire tutto e niente. E soprattutto non subisce alcuna penale in caso di mancata consegna, ma solo «la sospensione del pagamento».

Al contrario, se l’Europa è in ritardo nel saldare le dosi, gli Stati membri devono pagare «gli interessi (…) al tasso applicato dalla Banca centrale europea (attorno allo 0,50 per cento, ndr) più cinque punti».Per non parlare del fatto che AstraZeneca sta fornendo regolarmente 100 milioni di vaccini alla Gran Bretagna. E dall’hub di produzione in India ha inviato 6 milioni di dosi a Brasile, Sudafrica, Marocco, Algeria, Arabia Saudita, che pagano anche il doppio rispetto alla Ue.

Secondo il contratto, l’Europa versa alla società «un prezzo pari al costo lordo senza alcun profitto o perdita» di circa 2 euro a dose. E forse è proprio questo il problema. La Commissione europea ha tirato sul prezzo acquistando i vaccini anche al 45 per cento in meno rispetto ad altri Paesi, compresi gli Usa. Gli israeliani sono stati i più furbi. Lo Stato ebraico ha pagato un prezzo quasi doppio per i vaccini più efficaci: 23,50 dollari a dose a Pfizer e Moderna rispetto ai 14,55 per il primo e 12 per il secondo dell’Unione europea, numeri rivelati con una fuga di notizie. Risultato: le consegne vengono rispettate, a maggio il Paese avrà raggiunto l’immunità e la copertura risulta del 92 per cento.

I top manager delle società coinvolte nel gigantesco business smentiscono qualsiasi preferenza, ma non rivelano i prezzi. E hanno già guadagnato milioni di euro prima del caos vaccini. L’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, in novembre ha incassato in un giorno 5,6 milioni di dollari vendendo le azioni della sua società quando è stato annunciato l’antidoto al virus. Mentre il top manager di Moderna, Stéphane Bancel, ha ceduto 49,8 milioni di dollari di azioni della compagnia beneficiata dalla corsa ai vaccini. Anche gli emolumenti dei super manager sono stellari: Pascal Soriot di AstraZeneca è stato pagato nel 2019 oltre 16 milioni di euro.

L’ULTIMA SPIAGGIA

La beffa, dopo il danno della pandemia, sarebbe l’ancora della salvezza del vaccino cinese Sinovac, che l’Ente europeo del farmaco potrebbe autorizzare assieme al russo Sputnik V (efficace al 91 per cento). Il ministro della Salute tedesco Jens Spahn non ha escluso l’acquisto dei due sieri per arginare la carenza di dosi: «Indipendentemente dal Paese in cui viene prodotto un vaccino, se sicuri ed efficaci possono aiutare a far fronte alla pandemia».

Mosca ha annunciato di poter fornire 100 milioni di dosi alla Ue. Il direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, non ha dubbi: «Dobbiamo superare i ragionamenti di geopolitica. Se il vaccino Sputnik ci dà un alto coefficiente di efficacia e di sicurezza, prendiamolo subito».

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