Il sindaco di Napoli vuol remunerare il consiglio d’amministrazione di una «municipale», i cui membri finora ricoprivano un ruolo a titolo onorifico. È l’ultimo esempio dei mancati risparmi di un Comune in rosso per 5 miliardi di euro, che per questo deve rinunciare a molti servizi ai cittadini.
Al Comune di Napoli hanno inventato la spending review al contrario. In pratica, si paga quel che prima era gratis. Geniale, no? L’amministrazione del sindaco Gaetano Manfredi ha deciso, infatti, di riconoscere al cda dell’azienda speciale Abc, che si occupa del ciclo integrato delle acque, un compenso di 78 mila euro annui, nonostante i cinque membri del consiglio abbiano accettato la poltrona a titolo onorifico. E nonostante la cassa versi in condizioni disastrose. Se non ci fossero i fondi della Città Metropolitana, il Comune avrebbe già dichiarato bancarotta con i suoi cinque miliardi di euro di «rosso».
I trasporti adeguati sono ormai un lontano ricordo. Anche l’avveniristico treno entrato in funzione nella tratta metropolitana è già in officina per riparazioni: si è rotto dopo appena un mese. Non solo: mancano i soldi per la manutenzione stradale e del verde pubblico. Le dieci Municipalità in cui è suddivisa Napoli piangono miseria finanche per la carta per le fotocopie e per pagare le bollette dell’energia elettrica. E il Municipio, qualche mese fa, ha dovuto esternalizzare 21 asili nido per mancanza di risorse.
L’idea dello stipendio, avallata da due super assessori della Giunta, Pier Paolo Baretta ed Edoardo Cosenza, sta per questo creando fibrillazioni nella stessa maggioranza gialloverde. Tanto che il consigliere comunale Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture, ha deciso di tirare il freno a mano. «Non capisco come si possa pensare di retribuire un consiglio d’amministrazione dopo che ha firmato un incarico gratuito appena qualche anno fa» spiega a Panorama. «La mia preclusione non è ideologica ma pratica. Le strade sono due: o si rifà un contratto ex novo, modificando lo Statuto della società; oppure se ne riparla al prossimo Cda. Intervenire in corsa mi sembra un po’ azzardato. Peraltro la stessa Avvocatura comunale non ha escluso che il riconoscimento di un emolumento all’attuale board potrebbe innescare una serie di rivendicazioni economiche da parte dei vecchi organi di gestione».
Il risultato sarebbe un lungo e costoso contenzioso. «Porterò il documento in Aula» conclude Simeone «quando sindaco e assessori avranno chiarito i miei dubbi. Fino ad allora resterà parcheggiato in commissione». A bocciare lo stipendio al consiglio di amministrazione Abc e, più in generale, tutta la politica gestionale della Giunta Manfredi, c’è anche colui che ha preceduto l’attuale fascia tricolore, ovvero Luigi de Magistris. «In attuazione del referendum sull’acqua pubblica, il nostro primo intervento quando divenni sindaco fu quello di trasformare una Spa (la vecchia Arin, ndr) in un’azienda speciale pubblica (Abc, che sta per Acqua bene comune, ndr) con i vertici scelti con selezione pubblica, due membri su cinque espressione di associazioni ambientaliste, e incarichi a titolo gratuito» ricorda al nostro giornale. «Abbiamo evitato il fallimento e la privatizzazione delle partecipate, con operazioni di risanamento e trasparenza, con le retribuzioni dei vertici tra le più basse tra le grandi città d’Italia».
Inoltre, commenta, «abbiamo eliminato consulenze esterne dal Comune di Napoli, ridotto tutte le spese. Il mio stipendio e quello degli assessori erano tra i più bassi tra le grandi città. Uno dei primi atti della gestione Manfredi è stato quello di triplicarsi lo stipendio (oltre 12 mila euro, ndr) e aumentarlo in maniera inaccettabile, considerando anche il momento storico, a tutte le componenti politiche dell’Amministrazione». L’azienda speciale vive poi la preoccupazione su una possibile privatizzazione – che porterebbe, sul modello Acea, soci esterni nel capitale – alimentata dai rumours ricorrenti e paventata dai sindacati. Abc è una struttura ad alto valore tecnologico e rappresenta un boccone assai ghiotto sul mercato delle multiutility, ma soffre sulla tenuta dei conti. Nel bilancio 2021, sono iscritti oltre 324 milioni di euro di crediti verso terzi. Di questi, 148 milioni sono verso privati e altri 48 verso enti pubblici «per forniture di acqua all’ingrosso». Il che significa che oltre a tantissimi cittadini, pure scuole, università e probabilmente ospedali hanno smesso di pagare il servizio idrico.
Tenere in equilibrio le finanze è sempre più complicato in questa prospettiva, considerato anche che non arriveranno i fondi del Pnrr per l’ammodernamento della rete idrica. Forse proprio per uscire dall’angolo, la presidente Alessandra Sardu (ex assessore della giunta de Magistris) e il Cda hanno autorizzato la sottoscrizione di una convenzione con la società vicentina Zeta Renewable per la gestione del fiume Serino a fini idroelettrici «mediante co-uso». Una decisione che ha tuttavia scatenato le reazioni rabbiose delle associazioni ambientaliste e del padre comboniano, Alex Zanotelli, che hanno accusato Abc di tradire la filosofia dell’acqua pubblica affidandola a un privato. La Zeta Renewable installerà delle turbine nelle acque del Serino per produrre energia. Ma quali saranno gli impatti di queste opere sulla qualità dell’acqua e sulla sua potabilità? E poi, alla fine, l’energia prodotta dove andrà? A Vicenza o a Napoli?
