Dopo l’uscita del premier Boris Johnson dalla terapia intensiva, la giornalista finanziaria Giada Vercelli racconta come il Regno Unito sta reagendo alla crisi generata dal Covid-19. Lo Stato è assente, denuncia, e all’emergenza risponde la società civile. La prima a muoversi è stata la City. Ma poi sono stati in tanti a scendere in campo: dai sindacati all’hotel Claridge’s.
«Più che preoccupata, sono indignata. Non è possibile che un Paese come il Regno Unito sia abbandonato a se stesso durante una pandemia globale. Qui lo Stato non c’è». Al telefono da Londra, Giada Vercelli è un fiume in piena. Giornalista finanziaria, è stata la prima corrispondente italiana dal New York Stock Exchange e dal Nasdaq per Bloomberg Tv e SKY TV, dopo di che ha lavorato alla City di Londra per l’agenzia di rating S&P’s. Autrice del libro Donne sull’Orlo della Crisi Economica (Rizzoli), oggi conduce conferenze finanziarie in Europa, Asia e Medio Oriente sotto il patrocinio dell’Ocse e dei governi locali. In sabbatico per un master universitario alla School of Oriental and African Studies di Londra, sta lavorando con istituzioni cinesi per ovviare alle restrizioni sulla ricerca imposte dal Covid. Nata a Torino 45 anni fa, è cittadina italiana, francese e britannica.
Il premier Boris Johnson è uscito dalla terapia intensiva. Come sta il resto della popolazione britannica?
«Indubbiamente gli inglesi stanno peggio del loro premier. Nonostante le dimostrazioni ufficiali, il sentimento nazionale non ha mostrato un palese sostegno a Boris Johnson. Credo che la boutade sulle «molte famiglie» che «perderanno i loro cari» non sia piaciuta nemmeno ai pragmatici inglesi… Diverso, per esempio, è stato l’accorato omaggio, tributato attraverso applausi pubblici a medici e infermieri del servizio sanitario nazionale. Sono i nostri veri eroi, perché devono combattere non solo il virus ma soprattutto le condizioni di abbandono in cui si trovano a operare, a causa delle politiche miopi e interessate di Boris Johnson. C’è chi dice che la malattia di Johnson esemplifichi la hybris punita… La stampa popolare ha provato una campagna di beatificazione di massa del premier. Per esempio The Sun il 9 aprile ha titolato: «È rimasto al lavoro per te, ora prega a casa per lui». Ma diciamo che non ha avuto molta presa…
Quali sono stati gli effetti dell’iniziale orientamento favorevole allo sviluppo di «un’immunità di gregge»?
«Anzitutto va detto che il raggiungimento dell’immunità di gregge come risposta alla pandemia è un’opzione ritenuta praticabile ancora da una buona parte della popolazione. Gran parte degli esperti, nazionali e internazionali, ritengono invece che, se ci troviamo in queste condizioni, è a causa del tempo perduto. Rispetto all’Italia avevamo un vantaggio di due settimane. Anziché trarne giovamento organizzandoci per tempo, ce lo siamo bruciato a causa dell’iniziale ambiguità delle linee guida governative. Il risultato è il disastro che abbiamo sotto gli occhi. Ufficialmente sono stati registrati 84279 casi e 10612 morti con un aumento oggi in calo a 737 casi, secondo dati elaborati dalla John Hopkins University. Peccato però che vengano registrati solo i decessi ospedalieri, non quelli nelle abitazioni private o nelle case di riposo. Inoltre i tamponi non sono disponibili per coloro che manifestano i sintomi della malattia, ai quali è richiesto semplicemente di stare in isolamento».
Quindi non sapete quanti sono i decessi e gli effettivi casi di contagio?
«No. La Scozia sta iniziando a pubblicare i dati sui decessi nelle case di riposo, dopo che la Bbc ha rivelato i numeri nascosti di sette case di riposo. James Naismith, direttore del Rosalind Franklin Institute and University of Oxford, ha sottolineato che il calo odierno dei decessi è dovuto a ritardi nei calcoli a causa del ponte pasquale. “Il Regno Unito, con oltre 10.000 decessi, è uno dei paesi più colpiti in Europa. Anche se i numeri continuano a essere imprecisi a causa dei ritardi nei conteggi e a causa del fatto che sono registrati solo i decessi in ospedale” ha detto. “Prima di prendere altre decisioni, il governo dovrebbe ascoltare il consiglio degli esperti, identificare le aree di miglioramento e apprendere le lezioni dagli altri Paesi”».
Che cosa pensa l’opinione pubblica britannica della stima del professor Jeremy Farrar, secondo cui il Regno Unito potrebbe avere il più alto tasso di morti in Europa?
«Il Paese è spaccato in due. Da una parte c’è chi crede ancora nella superiorità britannica e nella necessità della sovranità nazionale, anche di fronte a un’emergenza planetaria come questa. Dall’altra c’è chi riconosce che la situazione è gestita male e che occorre un cambio di passo. Faccio presente che il 22 marzo, secondo la prima dichiarazione ufficiale del Public Health England, il Paese era considerato «a basso rischio». In linea di massima, gli inglesi hanno mantenuto «stiff upper lip», vale a dire non si sono scomposti, ignorando non solo quanto stava accadendo altrove, ma anche le direttive dell’Oms che incoraggiavano i test di massa sulla popolazione. E la gente comune ha completamente sottovalutato la crisi, continuando a uscire, a prendere i mezzi pubblici e a viaggiare all’estero. Con conseguenze inaudite».
A che cosa si riferisce?
«Mi spiego con un esempio. Qualche giorno fa ho chiamato un mio contatto alla task force di emergenza del Foreign Office per avere informazioni sul rimpatrio di un amico inglese bloccato a Goa, in India. La mia fonte, che stimo profondamente, mi ha spiegato che – a differenza in altri Paesi – nel Regno Unito si è continuato a viaggiare durante la pandemia. Il risultato è che ora il Foreign Office si trova a dover rimpatriare contemporaneamente oltre un milione di persone sparse in giro per il mondo: una missione impossibile. Se invece i cittadini fossero stati avvisati diversamente fin da subito, come è accaduto altrove, il Foreign Office sarebbe riuscito a recuperare tutti rapidamente… Ma ancor oggi qui a Londra il lockdown è solo parziale. Ieri, il giorno di Pasqua, Regent’s Park era pieno di persone a passeggio, me inclusa».
Il vostro sistema sanitario è preparato ad affrontare l’emergenza? Lo stesso Boris Johnson ha ammesso che quello italiano è «superbo». Si può dire lo stesso di quello britannico?
«Mah… Il primo ministro ha presentato un piano in quattro fasi per stimolare l’immunità di gregge. Tre punti chiave non riguardavano affatto la popolazione generale. Per dare un’idea, uno di questi punti parlava di “evitare di andate in crociera”, come se andare in crociera facesse parte della quotidianità della popolazione. In realtà, tutte le responsabilità sono state gradualmente scaricate sulle spalle dei dirigenti dei vari settori della società civile. I presidi delle scuole, per esempio, fino a tre settimane fa hanno avuto la responsabilità di scegliere se tenere le scuole aperte o no. E loro, non sapendo che cosa fare, hanno lasciato la decisione alle famiglie, considerando comunque le assenze giustificate. Le rappresentanze sindacali del personale medico ospedaliero e delle case di riposo si sono rifiutate di mandare i propri iscritti a lavorare senza i kit di protezione personale. Le poste, privatizzate, hanno invece continuato a operare come se niente fosse, nonostante casi accertati di Covid fra il personale. Insomma, i vari settori amministrativi sono stati abbandonati alla discrezione dei dirigenti, che si sono ritrovati ad assumere decisioni vitali per dipendenti e clienti senza disporre di alcuna informazione scientifica. Informazioni alle quali il governo aveva accesso, ma che Boris Johnson ha deciso di ignorare.
Lei quando ha capito che la situazione era grave?
«Mio marito lavora nella City: prima ancora del piano di Boris Johnson, la sua azienda e tutte le altre hanno erogato ai dipendenti una significativa somma per acquistare i support tecnologici necessari per lavorare da casa. A quel punto abbiamo capito, grazie alla lungimiranza del settore finanziario, che dovevamo tenere i nostri due figli a casa da scuola, anche se entrambi gli istituti erano ancora aperti. La City, che non può permettersi di perdere intelligenze a causa del virus, soprattutto dopo la debacle dei mercati finanziari, ha insomma agito tempestivamente, molto prima del governo. Le startup dell’indotto, poi, sono stremate. Una mia amica, amministratore delegato di un’azienda, ha licenziato un terzo del personale in un giorno».
Già, l’economia… Come giudica l’intervento del governo di Boris Johnson su quel fronte?
«DIsastroso. Se il suo obiettivo era proteggere l’economia, ha sortito l’effetto opposto. Il premier ha “raccomandato” di non frequentare i locali pubblici. Per settimane abbiamo visto ristoranti, bar e caffé vuoti ma ufficialmente aperti: costi vivi da sostenere a fronte di zero introiti. Senza una chiusura ufficiale, le società di assicurazione non sono tenute a risarcire».
Ma perché?
«Posso solo rilevare che il 28 maggio scorso Boris Johnson aveva ricevuto 25,540 sterline più Iva per un discorso di due ore tenuto il 16 maggio alla Biba, l’organizzazione del settore assicurativo. Ad ogni modo, un programma di prestiti alle SMEs, piccole e medie imprese, è stato in effetti presentato dal chancellor, ma non ne sono chiari i termini. Innanzi tutto non è un piano di soccorso all’economia, ma un piano di prestiti garantiti, quindi comunque da ripagare. Gli interessi sono poi a tasso zero per un periodo di tempo determinato, ma non è chiaro a quanto ammontino nel periodo successivo alla scadenza. Inoltre i tempi per le domande di accesso al programma sono troppo lunghi per molte aziende, che hanno cassa sufficiente per un paio di mesi al massimo. Negli Stati Uniti la Fed ha proposto un piano di sostegno all’economia più strutturato e il vero bazooka sarà l’acquisto diretto di corporate bonds. Ovviamente è riservato alle aziende che hanno accesso al mercato obbligazionario, ma oltreoceano si parla di dare mandato alla Small Business Administration di aiutare i piccoli imprenditori. Qui, invece, siamo al “si salvi chi può… »
Confrontandole con quelle adottate in Italia, come giudica le misure sanitarie prese da Boris Johnson per fronteggiare la pandemia?
«Credo che la via italiana sia al momento l’unica percorribile. Certo, bisognerà poi vedere che cosa succede quando verranno tolte le restrizioni. Quanto al Regno Unito, quando Boris Johnson non ha più potuto nascondersi dietro il “buon senso del popolo inglese” e ha dovuto affrontare la crisi, si è reso conto che gli ospedali non erano in grado di sostenere l’emergenza. A quel punto, ma solo a quel punto, ha risposto in modo efficace, costruendo un ospedale attrezzato nel centro congressi Excel. Il governo ha poi annunciato che farà 100.000 tamponi al giorno, ma gli addetti ai lavori ritengono tale promessa irrealizzabile».
Ma se lo Stato è assente, chi risponde all’emergenza?
«La società civile. Ho citato l’esempio della City, dei presidi, dei sindacati… Ma ne faccio anche uno che mi riguarda in prima persona. All’inizio dell’emergenza io e i miei vicini ci eravamo organizzati per cucinare per i senzatetto della nostra zona. Poi i numeri sono diventati tali che noi non riuscivamo a star dietro alle richieste. E sapete chi ha preso il nostro posto? Il Claridge’s. Proprio così: l’hotel più stellato di Londra si è messo a dar da mangiare agli homeless».
