Hanno raggiunto il centinaio i transfughi dal Movimento. Ci sono Emilio Carelli, Gianluigi Paragone e Mario Michele Giarrusso, ma soprattutto una pletora di meno noti dal futuro politico più incerto. Da sinistra a destra, si distribuiscono nei vari partiti. Oppure, dopo aver lanciato nuove formazioni dalle misteriose sigle, restano in attesa di un «federatore» alternativo a Giuseppe Conte.
C’è chi ha scelto di andare con la sinistra, abbracciando il Pd; chi ha optato per andare con l’ex arcinemico, Matteo Renzi, aderendo a Italia viva; chi ancora ha preferito guardare a destra. E in mezzo ce ne sono tanti altri che sognano di mettersi in proprio: fondare un partito nuovo di zecca che possa riprendere i valori predicati dal Beppe Grillo del leggendario ma ormai remoto Vaffa day.
Così si è arrivati alla quota 100 del Movimento 5 Stelle, il numero di tutti quelli che, o per l’espulsione o per fuoriuscita volontaria, hanno salutato i compagni di viaggio, mollando i gruppi di Montecitorio o Palazzo Madama. L’ultimo è stato il deputato pugliese Giovanni Vianello, in dissenso con il progetto di Giuseppe Conte. Ma soprattutto per le decisioni su Taranto e l’ex Ilva. «Non posso avallare questa politica» ha sentenziato un definitivo Vianello.
Del resto anche fuori dal Parlamento, i dissensi nei confronti di Conte aumentano e in tanti si allontanano. Nelle settimane scorse ha preso forma il progetto Partecipazione attiva, evoluzione del Movexit, lanciato da centinaia di attivisti per annunciare l’addio al M5S con l’iniziativa simbolica, la notte di San Lorenzo ad agosto, della «notte delle stelle cadenti». «Partecipazione attiva si rivolge ai milioni di italiani che attualmente non si sentono rappresentati e a tutti coloro che non riescono a far sentire la propria voce» raccontano i promotori.
Al momento, leggendo la pagina Facebook, si contano circa due mila fan. Non proprio un’organizzazione capace di spostare le masse. Il primo vero test è atteso a Napoli, dove Partecipazione attiva sostiene Matteo Brambilla, ex consigliere dei 5 Stelle, candidato sindaco di «Napoli in Movimento».
Il bersaglio, quindi, è sempre Conte, che pure si affanna a illustrare le proprie idee sul «suo» Movimento. «L’ex premier ha preso un Movimento di piazza, nato sulla forza della sua base, e ne ha fatto un partito di governo buono per tutte le occasioni» scandisce Francesca De Vito, consigliera regionale del Lazio, tra le fondatrici di Partecipazioni attiva.
Insomma, il Movimento è stretto tra l’insoddisfazione degli attivisti della prima ora e drappelli di eletti. La conta di chi va via diventa imponente: un record, quello di «quota 100» (parlamentari in meno), che potrebbe aggiornarsi ulteriormente nelle prossime settimane.
Tanto per rendere l’idea: all’inizio della legislatura erano 221 i deputati pentastellati, 112 i senatori. Oggi invece alla Camera si contano 159 grillini, al Senato ne sono rimasti 74, appena 10 in più rispetto alla Lega. Ma dove sono andati gli ex 5 Stelle? Alcuni dei volti più mediatici sono due senatori: il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, e l’ex ministra del Mezzogiorno (nel Conte 1), Barbara Lezzi.
Più volte rumors di palazzo li hanno indicati come possibili promotori di un partito, puntando sui buoni rapporti con Alessandro Di Battista, il punto di riferimento dei grillini delusi. Ma restano voci, al momento sono nel corpaccione del gruppo Misto. L’ex sottosegretario all’Economia, il deputato siciliano Alessio Villarosa, è un altro profilo di rilievo, che vanta un feeling con Dibba. I due mostrano sui social l’apprezzamento reciproco. Fatto sta che anche Villarosa è attualmente è nel Misto alla Camera.
Due noti giornalisti televisivi, contrariamente alle aspettative, non hanno legato col Movimento. Il primo è Gianluigi Paragone, che ha abbandonato i pentastellati, a gennaio 2020, fondando il suo progetto Italexit, in cui è approdato anche il vulcanico Mario Michele Giarrusso. Emilio Carelli, invece, ha lasciato il gruppo alla Camera per entrare in Coraggio Italia, il partito fondato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, e dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
In questa stessa formazione, l’ex direttore di Sky Tg ha ritrovato Marco Rizzone, il grillino espulso perché era tra i furbetti del bonus Inps, e Matteo Dall’Osso, che già nel dicembre 2018 aveva lasciato la barca grillina per traslocare in Forza Italia. Non soddisfatto degli azzurri ha poi virato per Coraggio Italia.
La senatrice Gelsomina Vono è invece passata dalle insegne grilline a quelle renziane di Italia viva: un’onta per il Movimento, visto che si è arruolata col peggiore avversario politico. Altri hanno scelto di andare nel Pd, come i deputati Paolo Lattanzio, Michele Nitti e Santi Cappellani. Pure il senatore Gianni Marilotti, dopo un passaggio anche con gli Europeisti di Bruno Tabacci, ha trovato un tetto politico con i dem. E non solo.
Le dissidenti della prima ora, voci critiche del governo Conte 1, le senatrici Elena Fattori e Paola Nugnes sono andate con Sinistra italiana, il partito guidato da Nicola Fratoianni, unendo il percorso a quello di un’altra ex compagna di viaggio, Virginia La Mura.
Altri, come detto, hanno preferito virare a destra. I deputati Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri e la senatrice Tiziana Drago si sono aggregati a Fratelli d’Italia, ampliando la rappresentanza in Parlamento del partito di Giorgia Meloni. Nella Lega sono finiti Ugo Grassi, Stefano Lucidi, Alessandra Ricciardi, Francesco Urraro e Antonio Zennaro che hanno scelto Matteo Salvini fin dai tempi del Conte 2.
Una buona parte degli ex pentastellati, infine, sta cercando di costruire qualcosa di diverso. È il caso dei deputati de L’Alternativa c’è, capitanati da Andrea Colletti e Pino Cabras alla Camera. Mentre al Senato, per via di alcuni bizantinismi regolamentari, il nascente partito ha dovuto fare un patto con il Popolo per la Costituzione di Antonio Ingroia. Tra Montecitorio e Palazzo Madama, sono 19 parlamentari uniti nell’ambizioso progetto. Anche in questo caso il sogno proibito sarebbe la leadership di Di Battista. Di certo «prima delle elezioni formalizzeremo dal notaio la nascita di un nuovo soggetto» afferma Colletti a Panorama.
E così via, tra un Gregorio De Falco – quello che apostrofò Francesco Schettino dopo il naufragio della Costa Concordia – sparito dai radar, e un Emanuele Dessì, finito nell’ombra dopo essere stato seguitissimo dai media come interprete del pensiero contiano, c’è lui, il grillino in cerca d’autore: Lello Ciampolillo. Il simbolo degli ultimi giorni del Conte 2 – celebre il suo sì ritardatario alla fiducia di quell’esecutivo – è pure lui oggi nel Misto. Ma chissà domani.
