Non solo il dossier russo-ucraino. Nell’imminente vertice di Vilnius la Nato vuole ridefinire gli equilibri al proprio interno, con attenzione particolare all’Artico. L’Italia, però, giocherà un suo ruolo essenziale.
L’attesa per il vertice Nato dell’11 luglio a Vilnius, in Lituania, è forte. Non che la cosa stupisca: il piatto si preannuncia particolarmente ricco. I principali «pensatoi» americani ed europei dibattono già da settimane dei principali punti che formeranno oggetto di discussione. Rispetto al vertice dell’anno scorso a Madrid, sono infatti cambiate diversi elementi. L’anno scorso, la novità era rappresentata dalla presenza di Fumio Kishida, il premier giapponese, primo capo di governo giapponese ad aver mai preso parte a un summit ufficiale dell’Alleanza atlantica. Al di là del notevole effetto scenico, la presenza giapponese rivelava la crescente spinta americana verso una integrazione delle dimensioni atlantica e pacifica, nonché il ruolo-chiave giocato da Tokyo.
È da mettere in conto che la spinta americana per una sempre maggiore cooperazione tra la sua gamba euro-atlantica e quella pacifica continuerà, senza tuttavia tradursi in un linguaggio formale. Non sfugge infatti un certo nervosismo dei francesi, che insistono sulla necessità di irrobustire il «pilastro europeo» dell’Alleanza atlantica. Insistenza che la dice lunga soprattutto sulla paura francese che venga accantonata definitivamente l’idea della difesa comune europea. I timori di Parigi da tempo sono rivolti soprattutto verso la Germania. Gli strateghi francesi temono infatti che i tedeschi puntino a un ruolo rilevante in seno alla Naro. I tempi non sarebbero rapidi, ma i segni sono inequivocabili: vanno in questa direzione la scelta tedesca di procedere al riarmo, di acquistare il caccia americano F 35, di usare le vendite di sistemi di difesa tedeschi come strumento per attirare nell’orbita Nato Paesi un tempo non allineati (si pensi all’India del primo ministro Narendra Modi).
Inevitabilmente, il vertice di Vilnius sarà dedicato in non poca parte al consolidamento della «constituency» Nato, che vede un recente acquisto (Finlandia) e un imminente ingresso (Svezia). Com’è inevitabile, c’è un tema di assestamento degli assetti e degli equilibri interni alle strutture dell’Alleanza, che dominerà l’agenda insieme alle garanzie di sicurezza che la Nato dovrà offrire all’Ucraina, benché quest’ultima sia ancora in guerra con la Russia. Alla perdurante riluttanza – dei francesi, ma non solo loro – ad ammettere l’Ucraina nell’organizzazione difensiva atlantica, dovrà fare da contraltare un salto di qualità nel sostegno rivolto a Kiev. Lo sguardo sarà dunque rivolto alla formula strategica che il vertice sarà in grado di esprimere. In tutto ciò una notizia-chiave è data dalla conferma del segretario generale Jens Stoltenberg, trapelata con ampio anticipo rispetto ai giorni del vertice. La conferma del norvegese strizza l’occhia tanto agli inglesi quanto a scandinavi e baltici, i quali guardano tradizionalmente a Londra e a maggior ragione lo fanno in questa fase storica.
La scelta di Stoltenberg non risponde solo a una logica di pesi e contrappesi interni alla Nato. Non è, cioè, un modo per riaprire il vaso di Pandora delle aspirazioni (e delle frustrazioni) dei vari maggiorenti dell’organizzazione. È invece, molto di più, la conferma che la Nato ha stabilmente integrato la minaccia cinese nella propria dottrina strategica. Come? Attraverso il vettore nordico, che traguarda l’Artico in cui la competizione con Pechino si preannuncia fin d’ora più aspra che mai. Sarà interessante vedere se a questo aspetto sarà data rilevanza anche nelle comunicazioni ufficiali a valle del vertice, oppure no.
Per l’Italia questo «riorientamento» a Nord-est dell’Alleanza non è di per sé ragione di pessimismo. Detto altrimenti: non rischiamo la marginalizzazione. Roma ha infatti segnalato di voler assecondare attivamente l’agenda strategica degli Stati Uniti e dei suoi partner più stretti, anche con gesti di portata simbolica. Scalda i cuori, per esempio, vedere il tricolore della nave Morosini garrire a Yokosuka, nel remoto Giappone. Ma ancora di più lo è sapere che questo governo intende offrire un presidio forte del quadrante nordafricano e dei collegamenti tra Mediterraneo e Indo-Pacifico. n
L’autore, Francesco Galietti è un esperto di scenari strategici e fondatore di Policy Sonar
