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Michele Fournoy, la clintoniana alla  Difesa Usa

Michele Fournoy, la clintoniana alla  Difesa Usa

Tra le figure più importanti che l’amministrazione Biden dovrà creare c’è quella del Segretario alla Difesa, colui, o molto più probabilmente colei, che guiderà il Pentagono nei prossimi quattro anni e che dovrà agire per la protezione degli Usa ma senza più irrigidire le posizioni di Washington come avveniva sotto l’amministrazione Trump.


Tre i nomi possibili, quelli di Susan Rice, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Barack Obama, quello del senatore Tammy Duckworth, veterano della guerra in Iraq, ma soprattutto Michèle Flournoy, ex capo del Center for a New American Security (Cnas), il centro bipartisan per gli studi militari voluto da Biden nel 2016 per definire il futuro della difesa. Classe 1960, diplomata ad Harvard e Oxford, Michèle Flournoy è la donna che Hillary Clinton, allora candidata alla presidenza Usa, qualora eletta avrebbe voluto come segretario alla Difesa. Con la vittoria di Trump Il salto di carriera non si concretizzò, ma non appena gli scrutini elettorali hanno decretato la vittoria di Joe Biden, ecco tornare in auge il nome Flournoy come numero uno del Pentagono.

“Sarebbe una scelta solida come segretario alla difesa”, ha spiegato Kori Schake, ex funzionario della sicurezza nazionale nell’amministrazione Bush “è una brava leader, conosce le questioni in essere, ha un programma che è sia congeniale per l’establishment della difesa, sia per i politici. Determinata e decisa, sa come dettare la linea e nessuno al Cnas voleva deludere Michèle.”

La carriera della Flournoy al Pentagono era iniziata sotto l’amministrazione di Bill Clinton, dove aveva servito come vice segretario aggiunto alla difesa per la strategia e la riduzione delle minacce e la strategia. Una volta al Cnas, la Flournoy ha elaborato i piani per le attività militari in Iraq e Afghanistan, fino a quando l’allora segretario alla Difesa entrante Jim Mattis l’aveva contattata per diventare il suo vice all’inizio dell’amministrazione Trump.

Un Dipartimento della Difesa guidato da Flournoy non vedrebbe sconvolgimenti, la donna ha rapporti personali con molti degli alti funzionari del dipartimento e il suo ampio approccio alle questioni geopolitiche – inclusa la convinzione che la Cina rappresenti la più grande minaccia alla sicurezza Usa nel lungo periodo – si inserisce nella tradizionale ortodossia della Difesa statunitense. Tuttavia da Segretario della Difesa cercherebbe di apportare modifiche favorendo gli investimenti nelle “grandi scommesse” per le future tecnologie. In due aree è fortemente concentrata: una “rete di reti” per garantire il comando e il controllo dell’apparato militare anche di fronte a nemici avanzati e una maggiore attenzione ai sistemi senza pilota potenziati dall’intelligenza artificiale. Entrambi sono settori già ben avviati al rinnovamento dentro il Pentagono e per capitalizzare questi investimenti a lungo termine la Flournoy vorrebbe un maggiore riutilizzo a breve termine della tecnologia disponibile. Un esempio sarebbe la sua intenzione di posizionare munizioni a lungo raggio della Marina sui bombardieri dell’Air Force risparmiando soldi da investire in sicurezza cibernetica. Se messa a capo della Difesa Usa certamente rinnoverebbe l’Ufficio per le capacità strategiche, in modo da aumentare la visione a lungo termine che con Trump si era ridotta, ma rischiando di non avere più fondi per comprare le navi e gli aerei attesi dai militari secondo i programmi fatti dall’amministrazione uscente.

Più in generale, la Flournoy cercherebbe di ristabilire la neutralità politica dell’esercito americano seguendo le mosse di Trump, non ha caso Michèle aveva recentemente dichiarato: “Il prossimo presidente dovrà prendersi la briga di resettare il Pentagono per garantire che i militari siano trattati e rispettati come un’istituzione apolitica, che sia inteso che prestano giuramento di sostenere e difendere la Costituzione, non un presidente in particolare, non una persona in particolare, non una festa in particolare. Altro che considerarlo il ‘suo’ esercito”.

In passato, come sottosegretario alla Difesa per la politica, la Flournoy aveva condotto incontri con la Cina, come quello a Pechino nel 2011, dove certo non si era mostrata debole. C’è quindi da aspettarsi una linea dura con Pechino, questione sulla quale è più vicina a Trump, considerando la Cina il principale concorrente dell’America e soprattutto un pericolo per la regione Asia-Pacifico. “Dobbiamo avere un vantaggio sufficiente, che prima di tutto possiamo dissuadere la Cina dall’attaccare o mettere in pericolo i nostri interessi vitali e i nostri alleati. Ciò significa risolutezza”, disse la Flournoy in quell’occasione, specificando: “allo stesso tempo serve un cambiamento rispetto al modo con cui l’amministrazione Trump ha visto la relazione sino-statunitense, senza spazio per il coordinamento su questioni di comune interesse. C’è una serie di minacce, dal prevenire la prossima pandemia all’affrontare il cambiamento climatico, la proliferazione nucleare nordcoreana in cui, piaccia o no, bisogna trattare con la Cina come partner per risolvere il problema, anche facendo pressioni congiunte con altre nazioni.”


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