I verbali del Comitato tecnico scientifico sui giorni più difficili della pandemia. I lucrosi bandi per i banchi a rotelle. E persino il bonus da 600 euro pagato ai politici furbetti. L’esecutivo giallorosso ha silenziato tutto quello che può dar fastidio al suo potere incontrastato.
Non crediate siano solo dei costosi banchi di scuola. Scolaretti e giovinetti, nelle prossime settimane, siederanno dietro inconfessabili segreti di Stato. Che siano fissi o a rotelle, poco importa. Impossibile conoscere i nomi di chi ha vinto il bando per la fornitura più simbolica e forse inutile con cui il governo ha fronteggiato l’emergenza sanitaria. Un gravoso compito per cui ha già speso oltre 10 miliardi di euro: mascherine, farmaci, terapie intensive, arredi. Con una trasparenza che ricorda la bruma padana in una giornata d’inverno. Insomma, complice l’epidemia, i giallorossi hanno silenziato tutto. «Questo governo non agisce con il favore delle tenebre» diceva Giuseppe Conte lo scorso 10 aprile. È successo esattamente il contrario. Sugli ultimi mesi aleggiano misteri, dubbi e silenzi. Dai verbali a lungo inaccessibili del Comitato tecnico scientifico al piano sanitario del ministero della Salute. Dal nome dei politici arraffoni che hanno chiesto il bonus di 600 euro alla proroga in sordina dei servizi segreti.
Sono ancora più sbalorditivi i traccheggiamenti sui miliardi usati per l’epidemia. È possibile, di grazia, sapere com’è stata usata questa montagna di soldi pubblici? I nomi dei vincitori degli appalti, cosa è stato comprato, i dettagli dei contratti… Domenico Arcuri, il commissario straordinario per la lotta al Covid, il 7 aprile 2020 promette: «Presto metteremo online anche tutti i dati sui nostri acquisti, con fornitori, quantità, sconti e modalità di ingaggio. Prepariamo un software, presto accadrà». Oltre cinque mesi dopo, è stato divulgato soltanto un risibile campione: appena sette bandi. Quisquilie. E di appena tre procedure ci sono i decreti di aggiudicazione.
Delle altre quattro gare, nonostante i termini siano scaduti da un pezzo, non si sa nulla. Compreso l’ormai famigerato bando per i banchi, pubblicato il 20 luglio scorso. Anzi, una cosa s’è saputa. E non per merito di Arcuri. Il quotidiano La Verità ha scoperto il nome di una delle 11 aziende che hanno vinto l’appalto: la Nexus made srl. Peccato che si occupi di eventi. E con quattro mila miseri euro di capitale. Eppure, avrebbe dovuto fornire 180 mila pezzi: 247,80 euro cadauno. Totale: 45 milioncini. Svelato l’arcano, è arrivata la precisazione: «Il contratto per la fornitura non è stato mai perfezionato».
Nel frattempo, il dilemma è diventato rovello: cos’altro ci nascondono? Le restanti dieci società aggiudicatarie hanno simili e sconfortanti referenze? Il bando prevede due lotti. Il primo serve a reperire fino a 1,5 milioni di banchi e 700 mila sedute «tradizionali». E il secondo 1,5 milioni di materiale «innovativo». A rotelle, insomma. Quei tavolini rotanti considerati indifferibili dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Una spesa iperbolica. E di dubbia efficacia. Era davvero così disdicevole usare il mobilio esistente, considerata anche la necessità di distanziare gli alunni? La ministra temeva qualche riga in più sul pavimento? O le lombosciatalgie degli operatori scolastici intenti a spostare i suppellettili? Chissà.
Quelli che rischiano di sicuro sono gli alunni. Perfino l’allegato tecnico alla gara specifica che si tratta di «prodotti non classificati». Dovranno essere dunque i dirigenti ad attestare «l’idoneità funzionale all’impiego». E i produttori? «Si assumono il rischio di essere responsabili in caso di incidenti, poi non so quali accordi abbiano preso con il committente» racconta Emidio Salvatorelli, presidente di Vastarredo, principale azienda nel settore. Pure l’onnipresente Cts stavolta mette le mani avanti: «Nessuno ci ha mai chiesto una valutazione» rivela Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato. E persino un gruppo di ortopedici scrive al governo: «I nuovi banchi monoposto non sono adeguati per la salute dello scheletro di alunni e studenti».
Così, il dilemma riassale: occultare le informazioni su quest’ultimo e maldestro esborso serve a salvare la faccia? Lo stesso Arcuri spiega che fornirà lumi sui contratti solo a tempo debito: «Quando saremo certi di evitare che vengano strumentalizzati per polemiche politiche». L’opacità istituzionale che diventa programma. Legittimata dal timore che i manigoldi all’opposizione o i pennivendoli meno ossequiosi si mettano a ficcanasare. Del resto, il commissario ha già rigettato la richiesta di Openpolis. L’associazione, che da anni si batte invano per la trasparenza nella politica, ha chiesto accesso agli atti dei contratti stipulati durante l’emergenza. Autorizzazione negata.
È andata meglio alla Fondazione Einaudi. Ma per ottenere, il 6 agosto 2020, appena cinque verbali del Cts ha comunque dovuto battagliare contro il governo davanti a Tar e Consiglio di Stato. Giuseppi, capito che l’arrocco era diventato insostenibile, tenta di rimediare il 9 agosto 2020: «Pubblicheremo tutto». O quasi. Un mese dopo, all’inizio di settembre, 95 verbali vengono finalmente resi noti. Ma restano ancora molti omissis, coperti da pecette nere.
I resoconti raccontano i 165 giorni che hanno cambiato l’Italia: dal 7 febbraio al 20 luglio 2020. Sottovalutazioni, errori, scontri, minacce emergono dalle tormentate riunioni tra scienziati e politici, spesso in presenza del premier. «Non erano documenti secretati, erano solo riservati» derubrica Conte con l’ennesimo garbuglio verbale. Allora perché il governo ha consegnato i verbali soltanto quando è stato costretto a farlo? Quelle centinaia di pagine, attaccano le associazioni delle vittime, alimentano il dubbio: tutti i morti, oltre 35 mila, non erano inevitabili. Lo dimostrerebbero, attaccano, gli atti della seduta del 26 febbraio scorso, quando viene bocciata l’ipotesi di istituire la zona rossa attorno ad Alzano e Nembro, in Val Seriana. Una scelta che si rivelerà catastrofica.
Tra le carte divulgate c’è pure il «Piano sanitario nazionale per la risposta a un’eventuale pandemia da Covid». Quello su cui il ministro della Salute, Roberto Speranza, continuava a minimizzare: era uno «studio in itinere». Solo valutazioni «ipotetiche e aleatorie». Talmente incerte, però, da diventare profetiche. Il 22 febbraio 2020 il dossier fissava infatti priorità poi disattese: maggiore disponibilità di posti in terapia intensiva. E scorte adeguate di mascherine, tute e guanti. Dotazioni che, nelle prime settimane di epidemia, non si rivelano sufficienti: né per il personale sanitario né per i malati. In compenso, due tonnellate di materiale sanitario vengono inviate in Cina il 15 febbraio scorso, mentre il «gruppo di lavoro ristretto» nominato dal ministero è già al lavoro per presentare il piano anti Covid.
I sospetti si alimentano: pure in questo caso, c’era qualcosa da nascondere, smussare, derubricare. D’altronde la scarsa trasparenza governativa è diventata regola. Restiamo ancora in trepida attesa, per fare un altro esempio, della lista dei politici che si sono accaparrati il bonus di 600 euro a dispetto dei 13 mila euro netti percepiti ogni mese. L’Inps ha tirato fuori solo i nomi dei primi furbetti: leghisti per lo più. Sugli altri Pasquale Tridico, presidente dell’ente previdenziale di conclamate simpatie grilline, prende tempo. Anc-he lui, come il premier, faceva parte del fanta-esecutivo presentato dal Movimento a febbraio del 2018. Era il governo ombra. È diventato il governo delle ombre. Anzi, delle tenebre. Proprio quelle che Giuseppi aveva promesso di rifuggire.