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Gaetano Manfredi, un prof da rimandare

Gaetano Manfredi, un prof da rimandare

L’ex ministro dell’Università corre per il centrosinistra alle elezioni comunali di Napoli. Ma, vista la gestione da rettore dell’ateneo Federico II, le premesse non sono brillanti.


Prima, i voti li dava. Adesso, li deve prendere. Il cambio di vita di Gaetano Manfredi sta tutto qui. Docente di ingegneria, ex rettore dell’ateneo Federico II ed ex ministro dell’Università nel secondo governo Conte, Manfredi è il nome su cui l’alleanza giallorossa ha deciso di puntare per espugnare il Comune di Napoli lasciato in rovina dal sindaco Luigi de Magistris, oggi affaccendato nella sfida per la sopravvivenza politica in Calabria, dove spera di ricavare un posticino da consigliere alle prossime elezioni regionali.

Su suggerimento del suo spin doctor, il professor ingegner Manfredi si è tolto gli occhiali e ha lasciato la grisaglia nell’armadio. E così, descamisado e con lo sguardo appannato dalla miopia, se ne va in giro tentando una complicata transustanziazione elettorale. Farsi figlio dell’uomo (qualunque). Confondersi con la massa. Proporsi come l’ingegnere del popolo già che c’è stato l’avvocato del popolo – ancora un prof – Giuseppe Conte, suo grande sponsor peraltro, con tanto di foto ricordo dei due davanti a una margherita (e poi dicono l’oleografia) e nell’atto di ricevere in dono la sacra maglia di Armando Maradona, lui che è orgogliosamente juventino.

«Sono uno docente prestato alla politica» assicura Manfredi dimentico della singolare coincidenza che in città, ogni tot anni, un cattedratico della Federico II passi sistematicamente a dedicarsi alla res publica: prima Luigi Nicolais, assessore regionale e ministro; poi Edoardo Cosenza, ancora assessore regionale; e infine Manfredi, appunto. E questo succede mentre l’ateneo sprofonda all’ultimo posto della classifica sulla qualità delle università nazionali elaborata recentemente dal Censis.

Per accettare la sfida elettorale, l’ex rettore ha quasi ricattato Pd e M5s obbligandoli a firmare un altisonante «Patto per Napoli» (che la vulgata ha già storpiato in «Pacco per Napoli») che impegna l’esecutivo a stanziare un finanziamento da cinque miliardi di euro per Palazzo San Giacomo che i partenopei finiranno di scontare nel 2051 con l’aumento di imposte e aliquote locali, ma in un modo o nell’altro graverà anche sul resto dei contribuenti italiani. «Senza soldi, non posso far nulla» ha detto l’ex ministro portando a testimonianza gli «anni di buona amministrazione» alla guida della sua università.

Ma è davvero così? Panorama ha potuto visionare documenti che raccontano tutt’altra storia. Da qualche settimana, è stata messa in liquidazione una società che si chiama Campania NewSteel. È una srl partecipata dalla Federico II (49%) e dalla fondazione Città della Scienza (51). Si occupa di innovazione tecnologica. Ha accumulato, negli anni in cui Manfredi è stato rettore, oltre un milione e mezzo di debiti. E nell’ombra ha fatto crescere conflitti d’interessi – tra pubblico e privato – che il candidato sindaco di centrosinistra, benché fosse informato, si è ben guardato dal risolvere.

«Una situazione affatto isolata» spiega un ricercatore dell’ateneo napoletano al nostro settimanale «che nessuno ha il coraggio di denunciare». In realtà, uno ci ha provato: il commissario di Città della Scienza, Giuseppe Albano. In una nota riservata, indirizzata al rettore Manfredi, il 16 luglio 2019, Albano gli chiede di intervenire sul vicepresidente di Campania NewSteel, Vincenzo Lipardi. Questi, infatti, si legge, «risulta essere socio e amministratore (presidente) di una società, la Spici srl, le cui attività […] sono spesso sostanzialmente “sovrapponibili” a quelle di NewSteel». Invece che una poltrona per due, uno per due poltrone.

La forma di rischio – che Albano, avvocato generale dello Stato, definisce «non remota» – è che Spici possa andare in «sostanziale competizione con NewSteel». E questo perché «l’accesso alle informazioni riservate di Campania NewSteel da parte del suo vicepresidente rende attuale e concreto il conflitto di interesse con la società Spici dallo stesso presieduta e partecipata». Situazione imbarazzante su cui tuttavia Manfredi fa spallucce.

Albano torna alla carica dopo due mesi e, in una comunicazione all’assessore regionale Antonio Marchiello (3 settembre 2019), segnala un’altra «anomalia». E cioè che il consigliere di amministrazione di Campania NewSteel, il prof Giorgio Ventre, si autodefinisca «presidente» nella corrispondenza ufficiale della società «pur non avendo l’assemblea dei soci mai deliberato la sua nomina». Un presidente «abusivo», secondo Albano, che diventa motivo di preoccupazione ulteriore perché Ventre, nel frattempo, è entrato in società con Lipardi, acquisendo quote di Spici srl.

Dunque, il potenziale conflitto di interessi raddoppia. Manfredi e la giunta del governatore Vincenzo De Luca sono al corrente di tutto, ma come dispettose divinità greche ignorano le suppliche. Arriviamo così al 12 settembre 2019, quando il commissario Albano chiede direttamente a Manfredi perché Ventre si sia autonominato presidente di Campania NewSteel visto che manca la «documentazione agli atti del socio di maggioranza», ovvero la Fondazione Idis-Città della Scienza.

Stavolta il rettore finalmente prende carta e penna: non per recidere i conflitti d’interessi tra la srl pubblica e quella privata né per stigmatizzare il comportamento del suo docente, ma solo per nominare ufficialmente Ventre capo del cda. Questo è il suo massimo livello di coinvolgimento. Come si suol dire: vivi e lascia vivere. Oggi Ventre, direttore anche della Apple Academy di San Giovanni a Teduccio, è il liquidatore della società su indicazione del nuovo rettore, Matteo Lorito, ritenuto vicinissimo al suo predecessore.

Intrecci di nomine e di rapporti che avrebbero imposto maggiore cautela nelle dichiarazioni pubbliche di quanti, avendo lavorato con Manfredi, fanno leva sulla loro autorevolezza accademica per sponsorizzare il collega. Ancora Ventre, per esempio, ha voluto ricordare in un’intervista «la situazione drammatica in cui versa il Comune» omettendo, però, il particolare che la Federico II – proprio con Manfredi rettore – ha maturato nei confronti di Palazzo San Giacomo quasi 70 milioni di euro di debiti per le tasse sulla spazzatura non pagate.

Ma sono dettagli che nemmeno l’attuale rettore vuol rievocare. Tant’è che, a proposito del collega con l’ambizione della fascia tricolore, Lorito racconta entusiasta: «Manfredi è un uomo che raccoglie le sfide in maniera seria, si pone l’obiettivo di realizzare concretamente le cose […] da rettore della Federico II è passato da un bilancio fortemente negativo a uno estremamente positivo, quindi se messo in condizione di poter operare, sa e può farlo più che bene».

È utile ricordare a Lorito che un’altra società della Federico II, la Amra, nata nel 2005 come Centro regionale di competenza analisi e monitoraggio del rischio ambientale, è stata messa in liquidazione durante il rettorato di Manfredi, il quale ne è stato presidente fino al 2014, perché zavorrata da 1,8 milioni di euro di debiti. Forse la tanto decantata maestria finanziaria dell’ex ministro, con due partecipate che hanno dovuto cessare l’attività perché capaci solo di creare passività e non reddito, risulta un po’ sopravvalutata.n

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