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L’azzardo di Macron sugli irregolari

L’azzardo di Macron sugli irregolari

Il presidente francese punta su una legge che consentirebbe agli immigrati di rimanere nel Paese, ma solo se accettano di lavorare nei settori con grave deficit di manodopera. Gli altri, promette, saranno espulsi. Ma la politica del «piede in due scarpe» alla fine scontenta tutti.


«Fermezza» e «umanità». Sono i due pilastri sui quali, secondo Emmanuel Macron, si basa la legge sull’immigrazione presentata a inizio febbraio al Consiglio dei ministri. Ma il presidente francese si è guardato bene dal sottolineare l’aspetto pragmatico del progetto che potrebbe essere riassunto con una formula tanto semplice quanto diretta: in Francia resta solo chi serve. Per tutti gli altri, Parigi promette il pugno duro, sferrato a suon di espulsioni, soprattutto di quei migranti irregolari già condannati.

Il Paese, come buona parte del resto d’Europa, ha bisogno di manodopera, soprattuto in quelli che sono stati ribattezzati i «mestieri in tensione», dove il personale scarseggia. Secondo uno studio dal ministero del Lavoro, il 70 per cento delle professioni fatica nel trovare personale. Camerieri, carpentieri, operai qualificati e agricoltori, ma anche infermieri o geometri: la lista pubblicata sulla Gazzetta ufficiale è lunga e rischia di diventare chilometrica in occasione del prossimo aggiornamento previsto per quest’anno. Così, il governo d’Oltralpe ha deciso di unire l’utile all’umanitario, consentendo ai lavoratori presenti irregolarmente in Francia da almeno tre anni con una conoscenza elementare della lingua di ottenere un permesso di soggiorno valido 12 mesi se sono già attivi in una delle professioni in difficoltà. La richiesta potrà essere presentata direttamente dal datore di lavoro, che a sua volta dovrà dimostrare di aver impiegato il dipendente almeno otto mesi negli ultimi due anni. Un modo per mettere in regola i sans-papier, dare una mano a quei settori che da tempo chiedono aiuto e combattere attività svolte in nero.

Il sistema sarà adottato in via sperimentale fino al 2026, prima di una conferma definitiva. Tra le altre misure previste nel testo c’è anche quella che prevede un permesso di soggiorno pluriannuale valido per medici, farmacisti, dentisti e ostetriche con titoli di studio extra-Ue. La notizia ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti imprenditori, soprattutto quelli della ristorazione o dell’edilizia. Ma c’è anche chi reputa la misura insufficiente, sostenendo che il meccanismo previsto non basta a garantire la specializzazione dei lavoratori.

Quello sull’immigrazione è uno dei testi più importanti del secondo mandato presidenziale dopo quello sulle pensioni, che con l’innalzamento dell’età della retraite da 62 a 64 anni ha portato in strada centinaia di migliaia di persone nelle ultime settimane. L’elettorato potrebbe quindi non essere troppo interessato al tema, come spiega il sociologo Michel Wieviorka: «Non è una riforma che farà scendere la gente in strada, contrariamente a quello che vediamo con le pensioni». Soprattutto perché il dibattito sull’immigrazione dall’altro lato delle Alpi è più legato a fattori culturali che economici. «Qui i discorsi si accendono a causa dell’Islam radicale» continua lo studioso, ricordando che «la polemica sul “ci vengono a rubare il lavoro” non è molto potente».

Questa nuova riforma, però, riesce nella difficile impresa di scontentare tutte le principali opposizioni. Troppo duro per la sinistra, troppo poco per l’estrema destra del Rassemblement National di Marine Le Pen, che urla alla «regolarizzazione dei clandestini». Al coro si aggiungono i Repubblicani. Macron vede i neogollisti come la stampella parlamentare ideale per far approvare le riforme, soprattutto all’Assemblea nazionale dove il presidente può contare solo su una maggioranza relativa. Ma se il centrodestra si mostra disponibile nel sostenere il dossier pensioni, non è così con questo secondo progetto, considerato soft sulle espulsioni e rischioso per la possibile apertura dei «rubinetti dell’immigrazione».

Il governo ha provato a calmare le acque rassicurando sul fatto che quello in cantiere «non è un piano di regolarizzazione massiccia» ma un sistema concepito per «mettere fine a un’ipocrisia». Una posizione che alla fine potrebbe anche convincere i Repubblicani: «Sebbene si mostri critica, la destra comprende molti imprenditori e piccoli artigiani che necessitano di manodopera e sanno che l’immigrazione alla fine potrebbe essere l’unica soluzione» spiega il sociologo, sottolineando che «non è nel suo interesse mostrarsi troppo critica».

Per questo l’esecutivo è fiducioso: il ministro dell’Interno Gérald Darmanin si è detto certo del raggiungimento di un «compromesso senza snaturare il testo, ascoltando ovviamente le opposizioni» e in particolar modo quelle di destra. Macron, però, sul dossier dell’immigrazione dovrà avanzare con cautela. Incarnare in una sola volta i ruoli del «poliziotto buono» e del «poliziotto cattivo» potrebbe risultare controproducente per il capo dello Stato, che al momento sembra essere riuscito solamente a riunire le opposizioni contro di sé.

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