La colpa non è dei «vecchi». Se siamo in difficoltà a causa della pandemia, il problema è politico.
Questo non è un editoriale, bensì un manifesto in difesa di chi ormai non è più un giovanotto e tuttavia non si rassegna a rinchiudersi in casa o, peggio, a tirare le cuoia come qualcuno si augura. Sono anni che chiunque raggiunga una certa età, cioè quella della pensione, viene guardato da economisti e commentatori come una specie di costo fisso da tagliare, perché invece di produrre e generare ricchezza per il Fisco, si gode i frutti del proprio lavoro.
Ma da quando siamo sprofondati nell’incubo del coronavirus, il giudizio nei confronti degli anziani si è fatto ancora più severo, anzi, direi feroce. Il problema sono loro, sembrano dire ogni sera dagli schermi televisivi i cosiddetti esperti. Sono le persone fra i settanta e gli 80 anni che si ammalano più facilmente di Covid. Dunque, non ha senso rinchiudere tutti gli italiani in casa, vietando loro di comportarsi come hanno sempre fatto e cioè di andare al ristorante, divertirsi e viaggiare: meglio vietare la libera circolazione dei pensionati e che sia finita, così ci saranno meno persone che finiscono in terapia intensiva e meno ottuagenari che affollano i pronto soccorso.
Sì, il nemico più che il coronavirus sembrano loro: i vecchi. Già con l’innalzamento delle aspettative di vita venivano guardati in tralice, perché più anni vivono e più gravano sui conti dell’Inps. Poi ci si sono messi i conti della Sanità, perché più si invecchia e più si ha bisogno di cure e queste sono finanziate con la fiscalità generale, cioè con le tasse. Adesso c’è l’epidemia, con il contorno di necrofori televisivi che ogni giorno commentano i dati sulla mortalità. Non ho ancora raggiunto i 70 anni e dunque non parlo pro domo mea: tuttavia, non sopporto i virologi che ci spiegano come il tasso di decessi sia sopra gli 80 anni. Ogni volta che lo dicono ho la sensazione che vogliamo sminuire l’importanza dei numeri, quasi a dire che le vittime del coronavirus sono tante, ma anche tanto anziane e dunque, a parere loro, forse meno importanti.
Le parole escono dalla bocca di professoroni, che con il tono molto impostato da luminari non si accorgono di incentivare in qualche modo il comportamento scellerato di chi, pensando di essere giovane e dunque invincibile, ha evitato di proteggersi indossando la mascherina e mantenendo le debite distanze da altre persone. La Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e dunque suppongo che lo siano anche davanti alla Sanità, così come purtroppo lo sono davanti alla malattia e alla morte. Certo, i giovani reagiranno meglio alle cure, mentre una persona affetta da altre patologie e con l’organismo debilitato dall’età farà più fatica, ma questo non può essere una giustificazione per affrettarne la dipartita come qualcuno si augura, magari sospendendo le terapie.
Scrivo queste righe dopo aver letto decine di lettere inviate da molti lettori, i quali reagiscono a un mio precedente editoriale in cui invitavo a non giocare con la vita degli anziani. Secondo la signora a cui rispondevo, anch’ella oltre i settanta, il mondo occidentale starebbe crollando a causa dei vecchi. Colpa loro, dunque anche un po’ della lettrice, se siamo agli arresti domiciliari, perché gli anziani si ammalano. Vale la pena di sopportare questo disastro economico, culturale e umano, si chiedeva dandosi subito una risposta: isoliamo e tuteliamo gli anziani e lasciamo che il resto della popolazione viva, lavori e studi. Sì, insomma, torniamo alla normalità rinchiudendo chi ha più di 70 anni.
Beh, dopo l’indignazione con cui hanno reagito molti lettori di Panorama, ho deciso di dedicare la copertina a loro, cioè a chi, secondo alcuni, sarebbe il centro del problema, perché si ammala di più e costa di più alla collettività. Il nostro vuole essere un manifesto in difesa degli anziani, non solo perché i «vecchi» sono la nostra memoria, ma perché sono la nostra ricchezza, di esperienza e di intelligenza. Spesso sanno più di tanti giovani e capiscono più di tanti presunti intelligentoni.
L’innalzamento delle aspettative di vita, oltre che la legge Fornero, ha fatto sì che lavorino fino alle soglie dei 70 anni e anche oltre. Dunque, non sono un peso, perché quella pensione che hanno maturato l’hanno pagata e hanno il pieno diritto di godersela. Senza dimenticare che spesso, con quella pensione, mantengono i figli e magari anche i nipoti. Oltre ad avere versato i contributi, chi oggi viene considerato un problema da rinchiudere dentro quattro mura, ha pagato le tasse e con quelle tasse si è retto fino a oggi il sistema sanitario, quello stesso sistema che ora non assiste solo gli anziani, ma anche chi le tasse non ha mai iniziato a pagarle, perché magari vive con il reddito di cittadinanza.
Se siamo in difficoltà a causa della pandemia, con pochi letti e ancor meno medici, il problema non è generazionale, il problema è politico. Perché i soldi di quegli anziani che adesso si vorrebbe mettere da parte, chiusi non so dove, sono stati spesi male. È lo spreco il tema con cui dobbiamo fare i conti, una grande mangiatoia che ha dilapidato un patrimonio. E adesso qualcuno vorrebbe far pagare gli errori commessi proprio a chi quel patrimonio ha contribuito a crearlo. Sapete che c’è? Questo non è un Paese per vecchi. Anzi, forse non è neanche un Paese.
