Quasi cinquant’anni dopo la pubblicazione di Razza padrona, si potrebbe scrivere un altrettanto meraviglioso libro su quel ceto politico che, pur essendo di infimo livello, è in grado di influenzare un esecutivo.
Sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando Eugenio Scalfari e Peppino Turani (collega esperto di cose economiche, scomparso, ahinoi, di recente) scrissero Razza padrona. Il libro raccontava i segreti di un ceto manageriale che si era fatto Stato e che contava più della politica, il cui campione era identificato in Eugenio Cefis, il padre-padrone di Montedison. Oggi che l’industria pubblica è ridotta al lumicino, nessun amministratore delegato o presidente sarebbe in grado di condizionare i partiti e il governo. Tuttavia, si potrebbe scrivere un altrettanto meraviglioso libro sulla «Razza poltrona», ovvero su quel ceto politico che, pur essendo di infimo livello, è in grado di influenzare un esecutivo contribuendo, come è accaduto la settimana scorsa, a tenere in vita oppure a far cadere un governo che ormai non ha più la maggioranza.
Prima dell’ultima girandola di cambi di casacca, il sito Openpolis aveva calcolato che nel solo 2020 erano stati 57 gli onorevoli eletti in un partito che avevano deciso di traslocare in un altro, spesso di segno opposto. Dell’elenco fanno parte molti grillini i quali, pur essendo approdati in Parlamento con i voti di un Movimento che tra le sue bandiere sventolava il vincolo di mandato, non si sono fatti alcun problema a transitare dai 5 stelle a Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma anche di unirsi al Pd, alla Lega, a Italia viva, a Leu e perfino ad Azione, il micropartito di Carlo Calenda. Una diaspora che ha coinvolto ben 22 pentastellati e che, a quanto pare, ancora non si è conclusa.
Ma se neppure un virus che ha rinchiuso in casa gli italiani ha impedito ai grillini di accasarsi altrove, i voltagabbana non si registrano solo nel gruppo fondato da Beppe Grillo al grido di «Vaffa» contro tutti i partiti tradizionali. L’abitudine della transumanza è un fenomeno che colpisce indiscriminatamente destra e sinistra. E infatti, basta scorrere l’elenco dei fuoriusciti per trovare storie di instabilità politica degne di studi approfonditi sulla personalità dell’onorevole.
Prendete per esempio Donatella Conzatti, senatrice di Rovereto, in provincia di Trento. In politica ha debuttato relativamente di recente, con Scelta civica di Mario Monti, ma già un anno dopo era vicina al partito di Angelino Alfano, salvo poi ricredersi e ripuntare sull’ex rettore della Bocconi. Certo, un ripensamento è sempre possibile, tuttavia nel 2018 la signora ci ripensò un’altra volta, passando con l’Udc e candidandosi alle elezioni politiche con il centrodestra. La giravolta le valse il seggio a Palazzo Madama, ma invece di sedersi tra le file scarse di Noi con l’Italia e dell’Unione di centro, si accomodò fra quelle di Forza Italia.
Anche lì però durò poco, perché con la nascita del Conte bis, la senatrice cominciò a manifestare i primi dubbi, evitando di votare contro il governo giallorosso. Una settimana ancora e, folgorata sulla via di Matteo Renzi, Donatella Conzatti approdò alla neonata creatura del senatore semplice di Scandicci, Italia viva. È finita? Non si può esserne certi. Nei giorni scorsi, la senatrice era data tra le più gettonate come volenterosa sostenitrice del governo Conte: alla fine, quando si è trattato di votare la fiducia si è astenuta, ma mai dire mai, perché l’avvocato di Volturara Appula è alla ricerca affannosa di senatori responsabili.
Naturalmente c’è anche chi ha un curriculum con più giravolte della senatrice Conzatti, ma anche senza aver cambiato troppe volte casacca, nessuno meglio del senatore Lello Ciampolillo può rappresentare la nuova Razza poltrona. Eletto a Bari con i Cinque stelle nel 2013 con un passato nell’Ugl, il sindacato di destra, è riapprodato in Parlamento nel 2018. In sette anni da onorevole si è segnalato per una serie di coraggiose battaglie: per la legalizzazione della cannabis, che secondo lui potrebbe addirittura curare il coronavirus, e per aver suggerito di usare il sapone contro la xylella, la malattia che ha fatto strage di ulivi. Nel febbraio 2020 i grillini lo hanno espulso per una storia di rimborsi e per questo è finito al gruppo misto.
Ma martedì 19 gennaio, quando si è trattato di votare per salvare Conte e soprattutto la sua poltrona, all’ultimo si è deciso. Si è trattato di una scelta sofferta, arrivata sul filo di lana, tanto che ha rischiato di non poter essere ammesso al voto, ma alla fine ce l’ha fatta e ora l’ex impiegato della Telecom diventato senatore, si augura di essere adeguatamente ricompensato. Di sé ha già detto che si vedrebbe bene come sottosegretario al ministero della Salute. La persona giusta al posto giusto. Ma siamo certi che, nelle prossime settimane, altri volenterosi costruttori si faranno avanti. Perché non ci sono solo Lady Mastella, Renata Polverini e Maria Rosaria Rossi: il Parlamento abbonda di onorevoli pronti ad aiutare.
Certo, non si può andare a soccorrere Conte alla spicciolata, meglio fondare un partito responsabile, con i suoi capigruppo, i presidenti di commissione che spettano, i rimborsi e così via. C’è chi suggerisce di usare il simbolo dell’Unione di centro e chi di ripigliare dall’archivio della storia il garofano del Psi. Ma forse, i moderni voltagabbana, che le trattative le fanno alla luce del sole senza alcuna vergogna, potrebbero avere più coraggio. Niente Con te o Insieme, come qualcuno ha ipotizzato. Meglio andare dritti al punto e chiamarlo: Razza poltrona. O, se preferite: Udp, Unione dei poltronari. Anzi, dei poltronani.
