Nato in un piccolo centro lucano che ora ne custodisce opere e memoria, è un protagonista della pittura nella seconda metà del XIX secolo per la forza delle immagini e la capacità di racconto.
Sorprendente è l’idea, realizzata negli ultimi dieci anni da una amministrazione sagace, di distribuire in alcuni palazzi del centro storico della bella e ariosa città di Moliterno, in provincia di Potenza, sette musei con le collezioni di un generoso mecenate, Domenico Aiello, che offrono, tra le altre cose, una panoramica della pittura di paesaggio dell’Ottocento e Novecento napoletano, della pittura lucana dell’Ottocento, con il suo principale rappresentante in Michele Tedesco (1834-1917), nato nella stessa cittadina. La comunità rinasce e si fortifica attraverso il suo pittore e la forza taumaturgica dell’arte, come Piero della Francesca a Borgo San Sepolcro, come Guercino a Cento, come Giuseppe De Nittis a Barletta.
Moliterno è nobile, colta, orgogliosa delle sue chiese e dei suoi musei, del suo sofisticato pittore. Vi si vive in un tempo fermo, nelle belle strade ornate dalle luminarie per la festa del patrono, San Domenico, il 4 agosto. Il palazzo municipale e la ben ordinata biblioteca si affacciano sulla piazza; in alto domina il castello. La Chiesa Madre dedicata alla Madonna dell’Assunta, edificata tra il XII ed il XIII, è stata ampliata e arricchita nei secoli successivi.
Andate a cercare la tavola con San Pietro di Simone da Firenze e il Cenacolo caravaggesco di Giovan Francesco Ferro. Da lì si può iniziare il percorso dei musei, alla ricerca di Tedesco, tra dipinti, disegni e taccuini, riesumati e raccolti per dare alla città un testimone.
Nessun dubbio che Michele Tedesco. sia un poeta. Ma chi è Michele Tedesco? Qual è il suo rilievo? Per gli osservatori, anche i più colti, sarà una rivelazione. Tedesco è un pittore. Un pittore lucano. Certamente il più notevole dell’Ottocento. Conosciuto dai collezionisti e dagli studiosi locali, ha avuto minor fortuna del suo merito. Io lo proposi all’Expo di Milano, nel 2015, con un’opera straordinaria della collezione Di Persio di Pescara, ora sul punto di trasformarsi in un grande museo dell’Ottocento. L’opera, superba, è La moglie del banchiere, autentico capolavoro che può misurarsi con le cose più elette e mondane di Giuseppe De Nittis, il principale artista meridionale, di fama universale, dell’Ottocento.
De Nittis è più giovane, ma muore precocemente all’indomani dei 37 anni, che furono singolarmente fatali a molti artisti (da cui Trentasette: il mistero del genio adolescente, un interessante saggio di Flavio Caroli), da Raffaello a Van Gogh. Aveva toccato il culmine della sua fama all’Esposizione del 1874, allestita nello studio del fotografo Nadar e universalmente riconosciuta come la prima manifestazione dell’Impressionismo.
Michele Tedesco nel 1850 si iscrive al Reale Istituto di Belle Arti. Inizia così la sua vita artistica, e frequenta i pittori del vicolo San Mattia sotto l’influenza di Filippo Palizzi. All’epoca l’arte a Napoli si divideva tra il naturalismo di Palizzi e lo storicismo romantico e accademico di Domenico Morelli, che accompagna lo spirito patriottico del tempo. Michele condivide sempre più con gli amici artisti le idee garibaldine, ma non entrerà nelle armate delle camicie rosse per un senso di responsabilità verso la famiglia, e solo dopo l’unità d’Italia si arruolerà nella Guardia nazionale, recandosi a Firenze.
È qui che entra in contatto con i Macchiaioli cui lo lega il rapporto diretto con la natura. In quegli anni Firenze è capitale del Paese (1865-1871), ed è in questa città rinnovata che la storia nazionale e la storia personale e artistica di Tedesco s’intrecciano. La proclamazione del Regno d’Italia del 1861 non significò la conclusione delle guerre e delle battaglie risorgimentali. L’Italia conquisterà Roma soltanto con la caduta di Napoleone III nella guerra contro la Prussia. La Breccia di Porta Pia è nel 1870. Nella guerra franco-prussiana aveva perso la vita il fratello della pittrice Julia Hoffmann (1843-1936) che, per dimenticare, si reca in viaggio a Firenze nel 1871.
Qui ha l’occasione di ammirare l’opera di Tedesco La morte di Anacreonte, un dipinto storicistico che il pittore cercava di vendere alla Real Casa di Capodimonte con l’aiuto di amici artisti napoletani. In quel momento è esposto nel salotto di Ludmilla Assing e, proprio mentre Julia ne apprezza le qualità, la padrona di casa le presenta l’autore. Julia e Michele si sposeranno due anni dopo, stabilendo un legame non solo sentimentale ma anche artistico, celebrato nella prima monografia di Salvatore Di Giacomo.
Le origini della moglie portano Tedesco a contatto con l’arte internazionale e con i principali movimenti artistici del tempo, tedeschi, austriaci, francesi, inglesi. Frequenta i circoli tedeschi e quelli vittoriani di Londra, partecipa a due Esposizioni universali, Parigi (1878) e Londra (1880). Al realismo di stampo macchiaiolo, e allo storicismo che guarda alla ricostruzione pompeiana di Lawrence Alma-Tadema, si aggiunge il simbolismo, tre tendenze che si sviluppano e si evolvono nello stretto legame umano, culturale e artistico della coppia.
Mondi diversi, luoghi a confronto, quelli di De Nittis e Tedesco, ma la curiosità e l’apertura mentale rendono il dimenticato pittore lucano un artista che si muove tra una narrazione intimistica e familiare e una pittoresca e illustrativa, ma profondamente letteraria.Una pittura colta e mai impressionistica, che documenta una storia borghese, e si misura con la visione di Silvestro Lega, di Telemaco Signorini e di Edgar Degas, o si muove nella direzione di un revival archeologico.
La varietà di invenzione di Tedesco, nella ricostruzione storica, in soggetti classici come Il giudizio di Paride, o negli ambienti domestici come nella Moglie del banchiere, ha un’impostazione teatrale, propria di un grande regista, e prefigura le scenografie di Luchino Visconti e Franco Zeffirelli. La Traviata, concepita nel 1853, sembra ispirata agli interni di Tedesco, in una convergenza di sensibilità. Musicale affinità di concezioni, di mondi evocati.
Ancor più Segreta attesa, quadro conservato nel museo di Moliterno, la città che, con giusta determinazione, e amorevolmente, lo onora. Dalla mostra del 2012, a Potenza, derivano gli eccellenti studi e la recente monografia di Isabella Valente, che definisce con chiarezza la poetica del pittore, dandogli tutta la dignità che merita: «Alla metà degli anni Settanta la ripresa dal vero, oggetto esclusivo della sperimentazione macchiaiola, era ormai superata. Alla mostra di Brera del 1876 e alla nazionale di Napoli del 1877 Tedesco espose Un figlio naturale, con cui affrontava temi ispirati al realismo sociale (un figlio nato fuori dal matrimonio, che la giovane madre è costretta ad allattare di nascosto). Sarebbero seguiti Il testamento, presentato alla Mostra nazionale di Roma del 1883 […]; L’ultimo oltraggio, del 1902; Lo sfratto, del 1910. Grazie anche allo zio abate e alla sua vasta biblioteca, e ai circoli intellettuali frequentati a Napoli, dove nel frattempo era rientrato, stabilendosi definitivamente a Portici nel 1877, Tedesco giunse a formulare una pittura basata su brani di realismo con particolare attenzione alle situazioni di degrado morale o di malessere sociale, verso cui assunse un indubbio atteggiamento di disapprovazione (si ricorda che era stato abbandonato dal padre, che era cresciuto lontano dalla madre, che aveva amato e sposato due volte una donna straniera). L’impegno di tale pittura lo indusse a studiare come conformare l’immagine rappresentata ai tipi umani indagati: un’attenzione antropologica tale che lo portò a redigere un testo dal titolo La penetrazione del carattere e il senso della vita contemporanea nel contenuto dell’opera d’arte, un manoscritto datato 1901-1902, finora ritenuto perduto, ma rinvenuto e studiato di recente».
Alla ripresa d’interesse per il pittore potrebbe concorrere, in quest’anno di celebrazioni dantesche, la trascuratissima sua impresa di illustratore della Commedia, in coincidenza con il sesto centenario della nascita, nel 1865. Tedesco era a Firenze. Così ancora Valente: «In questo stesso periodo, sull’onda dell’entusiasmo patriottico che cresceva intorno alla figura di Dante, anche Tedesco eseguì diversi dipinti dedicati al poeta, mutuando l’iconografia dalla Vita nuova piuttosto che dalla Commedia, secondo scelte precise operate ancora una volta dai preraffaelliti, principalmente da Dante Gabriel Rossetti. Nel 1862 espose all’Accademia di Brera a Milano la tela La giovinezza di Dante Alighieri, cui avrebbe fatto seguito il dipinto Gli amici d’infanzia di Dante che cantano le sue canzoni, sarà presentato nel 1864 alla III Promotrice di Napoli».
Tedesco oggi onora la Basilicata. La città di Moliterno può finalmente rivendicare, con suoi musei, il «grande ritorno» di Michele Tedesco.
