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Un’altra capriola del «trasformista»

Un’altra capriola del «trasformista»

L’editoriale del direttore

Giuseppe Conte era spacciato, ma gli errori dei suoi avversari lo hanno salvato. Dunque, credo che nei prossimi mesi ne sentiremo parlare ancora


Tre anni fa con Antonio Rossitto scrissi un libro dedicato a Giuseppe Conte. Il capo del Movimento 5 stelle aveva da poco dato vita al suo secondo governo, quello con la sinistra, e ci sembrava giusto dedicare un’inchiesta approfondita a un personaggio politico che, da sconosciuto qual era, in meno di un bienno era passato da un esecutivo con la Lega a un altro con il Pd. Oscillare dai sovranisti ai riformisti senza perdere l’equilibrio e soprattutto la poltrona non è cosa che riesca a tutti. Perciò Rossitto e io lo definimmo «Il trasformista», che poi è il titolo del libro. Certo, mai avremmo immaginato che quanto stavamo raccontando fosse solo un capitolo della storia di Giuseppe Conte. Infatti, di lì a pochi mesi l’avvocato di Volturara Appula ci avrebbe stupito interpretando un ruolo ancora diverso rispetto a quello di premier giallorosso. Da marionetta nelle mani di Matteo Salvini e Luigi Di Maio (così lo descriveva nel 2018 Repubblica), a statista illuminato deciso a condurre a colpi di Dpcm l’Italia fuori dalla crisi pandemica. Miracoli della politica che in pochi mesi trasforma un impacciato legale in un uomo di governo, pensammo Rossitto e io. Certo, non immaginavamo che, in capo a un anno, Conte ci avrebbe fornito un’altra prova delle sue capacità camaleontiche.

Caduto il suo secondo governo, invece di ritirarsi a Firenze, riprendendo la cattedra di diritto che aveva lasciato nella primavera di tre anni fa, il professore si dedicò alla costruzione di un suo ruolo alla guida dell’opposizione. A dire il vero, nessuno credeva che ne sarebbe stato capace e tutti immaginavano che Beppe Grillo lo avrebbe fatto impazzire con le sue trovate da guitto prestato alla politica. E Luigi Di Maio lo avrebbe fatto cadere in chissà quali trappole. Al contrario, Conte ha messo nel sacco l’uno e l’altro e, grazie a uno statuto costruito su misura con un linguaggio para-giuridico più che para-politico, ha costruito la sua leadership. Ovviamente è stato fortunato, perché l’Elevato è stato affossato da un’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il figlio e la sua uscita sgangherata contro i giudici sardi lo ha messo fuori gioco. Non di meno lo ha aiutato l’autogol di Luigi Di Maio, il quale, credendo di sostenere Mario Draghi, con l’uscita dai Cinque stelle ha dato il via a una frana che ha fatto crollare il governo dell’ex governatore della Bce. Sì, i principali nemici dell’avvocato pugliese si sono eliminati da soli, tuttavia bisogna riconoscere che il principe dei trasformisti ancora una volta è riuscito a impersonare un nuovo ruolo e oggi addirittura incarna il volto dell’opposizione a Giorgia Meloni, avendo strappato voti al Pd.

Come in meno di tre anni un carneade che non sapeva cogliere la differenza tra un decreto legge sulla sicurezza e un disegno di legge sulla stessa materia sia riuscito a diventare uno dei protagonisti della vita politica del Paese, è un argomento che dovrà essere oggetto di studio. Sta di fatto che oggi Conte si è mangiato il Pd. Infatti il suo partito, che prima delle elezioni era dato per spacciato, è avanti di almeno un paio di punti rispetto alla creatura cui hanno dato vita gli eredi di Pci e Dc. Mentre Enrico Letta e compagni discutevano della leadership futura, trascinando la preparazione del congresso per la scelta del nuovo segretario fino a febbraio, l’avvocato grillino si intestava la battaglia contro le modifiche al Reddito di cittadinanza. Un ritorno alle origini per chi, giurando la sua prima volta nelle mani di Sergio Mattarella, dichiarò di essere orgogliosamente l’avvocato del popolo.

Non so se l’ennesima capriola che lo ha portato a essere una specie di Masaniello sia tutta farina del suo sacco e non una trovata del Rasputin della sua comunicazione, ovvero Rocco Casalino. Tuttavia so che almeno questa volta ha ragione Matteo Renzi, il quale pochi mesi fa, commentando lo strappo di Luigi Di Maio, mi confidò: «Lui e i consiglieri di Draghi sono riusciti nell’incredibile operazione di resuscitare un morto». Sì, Giuseppe Conte era spacciato, ma gli errori dei suoi avversari lo hanno salvato. Dunque, credo che nei prossimi mesi ne sentiremo parlare ancora. Nel frattempo, Rossitto e io ci dedicheremo alla nuova stesura del Trasformista, con altri colpi di scena.

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