Più si enfatizzano le sparate degli oppositori al vaccino, più si dà loro importanza. E così facendo si contribuisce a fomentare il fenomeno.
Assalti no vax, stazioni blindate», titolava la scorsa settimana il Corriere della sera. «Pandemia di no vax», gli faceva eco il Giornale. «Follia No vax, è caccia all’uomo» rispondeva con il tipico tono pacato Libero. Ma a dispetto delle previsioni e delle preoccupazioni della stampa, mercoledì primo settembre non è successo niente. La masnada di violenti che secondo i giornali avrebbe dato l’assalto ai binari allo scopo di fermare i treni per protesta contro i vaccini (che cosa c’entrassero i convogli ferroviari con il siero non è dato sapere), semplicemente non si è vista.
Certo, nei giorni precedenti c’erano stati episodi sgradevoli, con manifestazioni conclusesi con spintoni e minacce nei confronti dei giornalisti. In rete circolavano propositi bellicosi e alcuni virologi, dopo un anno e mezzo trascorso in tv, si sono accorti che la notorietà ha un prezzo: oltre a chi ti riconosce per strada e ti saluta con piacere e magari vuole farsi un selfie con te, c’è anche chi ti insulta e promette di fartela pagare.
Il lettore a questo punto penserà che io voglia minimizzare o, peggio, che io stia dalla parte dei no vax, cioè di coloro che credono che con il vaccino ti iniettino sottopelle un chip per controllarti. Niente di tutto questo. Sono vaccinato e consiglio a tutti, soprattutto alle persone adulte, di vaccinarsi. Ma se non voglio minimizzare, non voglio neppure esagerare e non perché consideri i no vax quattro scalmanati che non fanno paura a nessuno, ma perché ritengo che più si enfatizzano le loro sparate e le loro manifestazioni e più gli si dà importanza e così facendo si contribuisce a fomentare il fenomeno.
Faccio il direttore di giornali da molti anni e da oltre vent’anni frequento gli studi televisivi. Purtroppo, se si guida una testata si è spesso richiesti di un parere su questo e quello e nonostante la ritrosia a mettersi in mostra, alla fine si è tenuti a cedere e a rispondere ai colleghi della tivù che ti vogliono intervistare sulla politica, l’economia e perfino sui fatti di cronaca. Risultato, dopo un po’ si finisce nel mirino di chi la pensa diversamente da te. Non del politico o del collega, che hanno tutto il diritto di dissentire da te, possibilmente in maniera civile, ma dei telespettatori, tra i quali ce ne sono alcuni che quando ti incontrano per strada non ti risparmiano e ti ricoprono di insulti e spesso di minacce.
Il fenomeno è anche peggiorato da quando si sono diffusi i social. Grazie all’anonimato, diversi «leoni da tastiera» ti subissano di ingiurie, augurandosi la tua fine. Di questi odiatori da tempo ho deciso di non curarmi. Non perché i loro improperi non mi facciano né caldo né freddo. Tutt’altro: a volte sono costretto, di fronte alle loro parole violente, a reprimere la rabbia. No, se non replico è solo perché so che alimenterei il loro ego, fornendogli benzina per altri insulti.
Vi chiedete perché vi parlo dei fatti miei invece che dei no vax? Perché penso che fare titoli «a scatola» su una minoranza chiassosa che minaccia e insulta serva solo a fornire a questi gruppi un palcoscenico e a indurli a fare ancora più rumore. Come ho detto, sono vaccinato e invito chi non lo è a farlo. Tuttavia, rispetto quelli che non lo sono, perché se non esiste l’obbligo, se cioè non c’è una legge che ti costringa a farti iniettare il siero, ognuno è libero di decidere di fare ciò che ritiene meglio per la propria vita, scegliendo se del caso di non proteggersi con un vaccino.
Del resto, l’Italia è un Paese che riconosce la libertà di cura. Dunque, se si è maggiorenni, ci si cura come si vuole. Certo, lo so che, per parafrasare un vecchio slogan antisigarette, chi non si cura fa male anche a te, perché rischia di contagiare altre persone (ma come abbiamo capito il Covid lo si può contrarre anche se si è vaccinati e dunque diffonderlo, magari senza subire gli effetti devastanti che potrebbe avere chi non è immunizzato). Ma più che il muro contro muro e la guerra tra vaccinati e non vaccinati penso sia utile il dialogo. In questo numero di Panorama, Stefano Vespa racconta la storia di un medico di base che ha convinto uno a uno i suoi pazienti. Non lo ha fatto promettendo misure draconiane e divieti, ma con parole rassicuranti capaci di sconfiggere le paure.
Ciò detto, è inutile fare guerre di religione o sanitarie. Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all’emergenza Covid, insediandosi aveva promesso che entro settembre avrebbe vaccinato l’80% degli italiani adulti e la campagna sta procedendo talmente spedita che l’Italia è tra i Paesi europei con il più alto numero di immunizzati. Ma se mancano poche settimane al raggiungimento della soglia ritenuta utile per l’immunità di gregge (Il Sole 24 Ore ha calcolato che ci arriveremo il 23 settembre) e, nonostante le cassandre avessero previsto un’estate tragica, con migliaia di morti e le terapie intensive intasate, non siamo in emergenza, perché alzare i toni? Perché creare un nemico – i no vax – che c’è, ma non fa paura a nessuno, se non ai giornaloni a corto di allarmi?
