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Quei democratici senza rispetto

Quei democratici senza rispetto

L’editoriale del direttore

Non si capisce l’indignazione che ha percorso l’Italia per l’arrivo di Jair Bolsonaro. La ragione è una sola: il presidente brasiliano è di destra e dunque a lui non si può perdonare nulla.


Nel passato abbiamo steso un tappeto rosso ai piedi di Hassan Rohani, presidente della repubblica islamica dell’Iran, cioè al capo di un Paese che i condannati li impicca al braccio di una gru, lasciandoli appesi per giorni affinché la loro fine sia d’esempio alla popolazione. Per lui, per non urtarne la suscettibilità, abbiamo anche coperto con un lenzuolo le statue che raffiguravano divinità nude. A Muammar Gheddafi, prima di bombardarlo e di lasciarlo finire a colpi di bastone dai ribelli, abbiamo consentito di piantare una tenda beduina nel parco di Villa Pamphilj, per farlo sentire a casa, cioè nel deserto.

Sorrisi e abbracci sono stati riservati anche a un altro «dittatore» (la definizione non è mia ma del presidente del Consiglio Mario Draghi), cioè a quel Recep Tayyip Erdogan che oltre a imprigionare qualsiasi dissidente, giornalisti compresi, ha confinato su un divanetto, a debita distanza, la presidente della Ue Ursula von der Leyen. L’elenco potrebbe continuare con Fidel Castro, Vladimir Putin, Xi Jinping, per non parlare di una serie di sanguinari presidenti africani, ai quali, senza troppi problemi per decenni sono state spalancate le porte di Palazzo Chigi o del Quirinale, con foto di rito e sbattere di tacchi delle guardie presidenziali schierate in parata.

Dunque, visto che la politica italiana, in nome della ragion di Stato, non è mai stata schizzinosa e, che ci fosse un uomo di sinistra o di destra a rappresentare le istituzioni, non ha mai avuto problemi a sedersi al tavolo con personcine non certo a modo, non si capisce l’indignazione che ha percorso l’Italia per l’arrivo del presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Il personaggio è certamente controverso, per le sue prese di posizione e per molte delle sue scelte, ma mi risulta che sia stato regolarmente eletto e che il Brasile sia una democrazia.

Certo è un Paese con qualche problema di corruzione e di criminalità, non a caso alcuni predecessori dell’attuale inquilino del Palácio do Planalto sono finiti in carcere (Luiz Inácio Lula da Silva), sono stati destituiti (Dilma Rousseff) o hanno evitato l’arresto solo grazie all’immunità parlamentare (Michel Temer). Tuttavia, nonostante una lotta politica condotta all’ultimo sangue anche con le inchieste giudiziarie, Bolsonaro non ha conquistato i vertici della Repubblica carioca con un golpe o un colpo di mano.

Dunque, non si capisce perché, al suo arrivo e alle successive visite in Veneto e Toscana sia stato contestato. Non piacciono le sue teorie politiche? Beh, forse quelle di Erdogan o di Xi Jinping sono preferibili? Ha gestito male la pandemia nel suo Paese? Tra i tanti cui si spalancano quotidianamente le porte del Paese c’è chi ha sottovalutato il virus, lasciando morire di Covid decine di migliaia di persone e tuttavia a questi signori non sono riservati fischi ma solo strette di mano.

Bolsonaro è colpevole di aver dato via libera alle multinazionali per lo sfruttamento dell’Amazzonia, ignorando gli appelli in difesa degli indigeni e della foresta pluviale? Sì, ma se dovessimo fare l’elenco dei capi di Stato che hanno devastato il proprio Paese con scelte a dir poco discutibili dovremmo rifiutare di ospitare gran parte dei cosiddetti «grandi della Terra». E allora perché il presidente brasiliano è trattato in modo diverso? In fondo ci ha restituito Cesare Battisti, il terrorista rosso che si è fatto beffe per decenni della Giustizia italiana e dei familiari delle sue vittime.

La ragione dell’indignazione che ha percorso la penisola è una sola: a differenza del presidente iraniano o del defunto Fidel Castro, Bolsonaro è di destra e dunque a lui non si può perdonare nulla. Mentre per molti dei signori citati in precedenza il mancato rispetto dei diritti umani è considerato un peccato veniale, nel mondo green che tanto piace a Greta Thunberg il mancato rispetto dell’Amazzonia è peggio di un genocidio.

Tuttavia, c’è una cosa che più della disparità di trattamento mi ha colpito ed è lo sgarbo al presidente di un Paese che ha contribuito a liberarci. Ci si riempie spesso la bocca con il fascismo e l’antifascismo, dimenticando che a cacciare dall’Italia i tedeschi e a spazzar via la dittatura sono stati, più dei partigiani, gli alleati. E tra quegli alleati, oltre agli americani, agli inglesi, agli australiani, ai canadesi e ai soldati di tanti altri Paesi c’erano i brasiliani, i quali parteciparono alla Seconda guerra mondiale dalla parte giusta, con un contingente di 25.000 uomini, quasi 500 dei quali morirono per liberare l’Italia e 2.000 furono feriti. A Pistoia fino al 1960 erano sepolti i corpi di 463 militari, che poi furono traslati in Brasile, nel monumento che fu eretto nell’Aterro do Flamengo.

Ecco, quei fischi, quelle mancate strette di mano a Bolsonaro, le assenze di gran parte delle istituzioni durante la visita al sacrario che ricorda i caduti brasiliani, credo che siano un insulto alla memoria di chi per liberare l’Italia ha perso la vita. L’uomo a cui alcuni presunti democratici hanno girato le spalle non era un leader politico da contestare, ma il rappresentante di quei soldati a cui noi tutti dovremmo tributare onore e rispetto.

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