Anni fa il leader dei 5 Stelle si guadagnava il cachet con battute dissacranti. Che oggi, con la legge Zan, non potrebbe più pronunciare.
«Una volta c’erano solo i travestiti e non c’erano i transgender… un trans è una donna col belino oppure un uomo che parla tanto? Una volta c’erano i portuali che si mettevano la parrucca e i tacchi, prendevano un marinaio e… Non c’erano le escort, c’erano le bagasce». Appena quattro anni fa, quando già i 5 stelle erano entrati in Parlamento e si preparavano ad aprirlo come una scatoletta di tonno (ma come abbiamo visto poi sono stati loro a essere aperti), Beppe Grillo diceva cose politicamente scorrette e sapeva di dirle, tanto da aggiungere, durante uno dei suoi spettacoli pubblici, che «a fare una battuta su un transgender ti prendi dieci querele… si incazzano».
Infatti, il movimento gay s’incazzò. Vladimir Luxuria, già onorevole comunista, lo accusò di omofobia. In un’intervista radiofonica raccontò di essere stata una fan di Grillo, ma di essere rimasta agghiacciata dalle sue battute. «Nel 2006 pagai un biglietto molto caro per andare a sentirlo. Si era appena saputo della mia candidatura e mentre ero seduta aspettando che parlasse di ecologia o altri temi, a un certo punto lui, che non sapeva che fossi in platea, disse: come andremo a finire con Rifondazione che candida un travestito? Sono rimasta impietrita, è veramente doloroso sentirsi offendere da una persona che stimavi. Da lì ho capito che Beppe Grillo ha dei problemi con la transessualità e l’omosessualità, perché è un omofobo e lo ha manifestato in più occasioni. Ci sono persone che godono nel fare del male agli altri. Se c’è un travestito in tutta questa storia è il suo odio travestito da satira».
Vi chiedete perché oggi abbia voluto ricordavi come Grillo si guadagnava il cachet anni fa, quando già ambiva a governare l’Italia, ma ancora non aveva vinto le elezioni? Perché più di qualsiasi dotta spiegazione, mi pare chiaro chi sia il leader dei 5 Stelle, da quali posizioni sia partito quando spediva «vaffa» al sistema politico e mediatico e a quale punto di caduta sia arrivato. Parlo di caduta perché risulta evidente a chiunque il disfacimento verso cui procedono i grillini, nati pompieri e finiti spompati. I sondaggi li danno al minimo storico e quel 32% conquistato appena un anno dopo le battute «omofobe» fatte durante i suoi spettacoli rimane un pallido ricordo.
Oggi, diversi sondaggisti non attribuiscono al Movimento neppure la metà di quella percentuale. E considerando le recenti liti interne, con il figlio di Gianroberto Casaleggio e l’addio alla piattaforma Rousseau, ma anche gli scontri sullo statuto fra Giuseppe Conte e lo stesso Grillo, è facile immaginare che la soglia di tenuta di un movimento che voleva cambiare il mondo, per lo meno quello politico, possa ancora scendere.
Tuttavia, oltre alle vicende legate alla leadership e al futuro dei pentastellati, mi preme raccontare l’involuzione grillina rappresentata dallo stesso fondatore, un tipo che della dissacrazione, della rottura dei luoghi comuni, del sarcasmo e dell’ironia ha fatto non solo la sua cifra, ma pure la sua fortuna. Se ho citato la battuta sui transgender non è un caso. Perché l’Elevato, con la legge Zan, ossia con le norme che puniscono la discriminazione delle tendenze sessuali, una frase del genere non la potrebbe pronunciare. E non per il fatto che i transgender s’incazzano, come diceva il comico quattro anni fa, ma perché il Codice penale lo vieterebbe, condannando chi non lo rispetta a una pena detentiva aggravata dall’odio «sessuale».
Sì, non sto scherzando e non scherzerebbe neppure Grillo, il quale dovrebbe ripulire i suoi show da tutti gli argomenti che potrebbero essere ritenuti un incitamento alla discriminazione delle persone con atteggiamenti sessuali diversi da quelli cosiddetti normali. Con la legge che il Pd, la sinistra radicale e gli stessi grillini hanno approvato, il fondatore del movimento finirebbe in carcere, perché le sue battute sarebbero ritenute discriminatorie. Anzi, come ha spiegato Vladimir Luxuria, verrebbero giudicate omofobe. E non passerebbero inosservate neppure le sue invettive contro l’utero in affitto, ossia contro una pratica che in Italia è vietata, in quanto ritenuta un sistema per sfruttare una donna in difficoltà, ma che all’estero è consentita e alla quale molte coppie, moltissime fra queste omosessuali, fanno ricorso.
«C’è qualche cosa del concetto di utero in affitto che mi spaventa. E non ha nulla a che fare con l’omosessualità oppure l’eterosessualità; mi spaventa la logica del “facciamo perché è possibile”» diceva Grillo. Era il 2016 e i 5 stelle governavano già Roma e Torino, mentre il leader prometteva di rompere gli schemi e di fare una rivoluzione che non fosse di destra né di sinistra, ma voleva rubare voti a destra e sinistra, raccogliendo il consenso di elettori delusi e arrabbiati.
In realtà il comico ha preso in giro tutti, facendo quasi sempre il contrario di ciò che aveva assicurato. Doveva essere una corsa solitaria di un Elevato ma poi quando, è venuta l’ora, il Movimento si è unito a tutti, passando dalla Lega al Pd e poi perfino al rappresentante più autorevole di quella classe di banchieri sempre detestata, fino alle divisioni interne, prima con Casaleggio poi con Conte, con l’intermezzo di un attacco alla magistratura in difesa del figlio accusato di stupro.
Per rimanere in argomento con un signore abituato a far ridere, ora siamo alle comiche finali. Si può ironizzare a lungo su ciò che sta accadendo, sui 5 stelle cadenti o sul canto (finale) del Grillo, ma c’è poco da sorridere, perché di questa stagione, comunque, ci resteranno ancora per un po’ il reddito di cittadinanza e forse una legge chiamata Zan, ma sarebbe meglio dire Zac, perché è un taglio secco alla libertà di opinione. Una legge transgender che promette libertà e dispensa condanne nei confronti di chi non si uniforma al pensiero unico di quanti sognano di abolire l’identità sessuale, in un mondo dove non c’è mamma e non c’è papà, ma solo una X e una Y. Oltre a una G, che sta per Grillo: quello di Pinocchio.
