Dopo oltre 7 settimane di combattimenti, la tanto anticipata controffensiva ucraina non ha sostanzialmente portato ad apprezzabili risultati sul terreno come verosimilmente si attendevano sia i Vertici di Kiev sia quelli della NATO e dell’Unione Europea.
La progressione, come riportato dagli stessi ucraini, si misura in poche centinaia di metri al giorno nel settore di Bakhmut ad est e di qualche chilometro in quello di Zaporizhzhia a sud, considerato il punto dove viene esercitato lo sforzo principale, in quanto consentirebbe di raggiungere il Mar d’Azov dividendo in due lo schieramento avversario.
I risultati sono stati sino ad ora marginali: circa 300 km quadrati in totale su tutto il lungo fronte (poco più della superficie dell’Isola d’Elba) senza tuttavia riuscire ad intaccare la prima linea russa.
Lo stesso Presidente Zelensky ha dovuto ammettere che l’attacco è stato lanciato troppo tardi ed ha attribuito questo “stallo operativo” ai ritardi nelle forniture di armi ed equipaggiamenti da parte occidentale, che hanno consentito all’esercito russo di organizzare efficacemente le proprie posizioni. Lungo gli oltre mille chilometri del fronte, Mosca ha realizzato più linee difensive intervallate da fossati anticarro, estesi campi minati, postazioni di armi controcarro.
Queste difese hanno fatto sì che gli ucraini, soprattutto nei primi giorni della controffensiva, quando hanno tentato di avanzare in massa con colonne di carri armati, secondo quanto previsto dalla dottrina statunitense, subissero pesanti perdite in termini di personale e di mezzi da combattimento. La presenza di estesi campi minati ha rallentato decisamente la progressione delle unità attaccanti sottoponendole al preciso fuoco dell’artiglieria russa (indirizzata dai droni), agli attacchi portati dagli elicotteri da combattimento e dai nuclei cacciacarri.
Nei mesi estivi, inoltre, la mimetizzazione e la vegetazione rimangono fattori cruciali per le forze in difesa che si trovano quasi sempre in vantaggio grazie a trincee poco visibili o a unità di guerra elettronica nascoste che usano l’inganno e l’occultamento per depistare le forze attaccanti.
Alle forze ucraine, oltre a non aver valutato adeguatamente le capacità difensive russe, è mancata la determinante copertura aerea, indispensabile supporto per un attacco su vasta scala, non compensata dalla limitata capacità contraerea: storicamente senza una decisa superiorità aerea ogni offensiva è destinata a non riuscire, come si è verificato per l’offensiva tedesca nelle Ardenne del Natale 1944.
In sostanza, la controffensiva ucraina non ha potuto applicare i principi fondamentali dell’arte della guerra, quali la sorpresa, l’inganno, la velocità dell’azione e la sincronizzazione degli sforzi per condurre una manovra combinata in cui aviazione e artiglieria, unitamente a una difesa aerea integrata e ai sistemi anticarro, operano di concerto per proteggere e sostenere l’azione iniziale delle unità del genio (nel forzamento dei campi minati) e la successiva avanzata delle unità di fanteria e corazzate.
Tale situazione ha indotto lo Stato Maggiore ucraino a cambiare tattica cercando di procedere con piccoli gruppi d’assalto che muovono appiedati per neutralizzare sistematicamente la rete di trinceramenti russa. Una tattica tuttavia molto lenta e dispendiosa. Il Kyiv Post (22 luglio 2023) ha riportato che per ogni 100 metri di avanzata gli attaccanti perdono mediamente 4/5 uomini.
I ranghi della fanteria ucraina, inoltre, dopo aver subito forti perdite dall’inizio della guerra, sono spesso colmati da truppe meno addestrate e più anziane o molto giovani.
La situazione attuale è molto simile alla famosa battaglia di Kursk del luglio 1943 (Operazione germanica Citadel). Gli storici concordano sul fatto che furono essenzialmente tre fattori che decisero le sorti di questo immane scontro di carri armati.
Il primo fattore fu che i Russi sapevano esattamente dove e a che ora sarebbero avvenuti gli attacchi; il secondo che la parte sovietica si è preparata per mesi in modo molto preciso a questo attacco e aveva allestito posizioni difensive in profondità; il terzo fattore è stato la caparbietà dei soldati sovietici nel difendersi dagli attacchi tedeschi.
L’ostacolo minato incontrato dagli Ucraini è imprevedibile, privo di regole, è più difficile da localizzare; è diffuso anche in aree urbanizzate ed è decisamente più subdolo per l’ampio ricorso alle trappole esplosive ed all’improvvisazione.
I Russi, inoltre, tendono a contrattaccare immediatamente per riprendere ogni posizione persa in cooperazione con la propria artiglieria che colpisce con precisione (conoscendone le coordinate) le trincee appena occupate dagli avversari.
Questa situazione, molto simile ai combattimenti della Prima Guerra Mondiale, ha drammaticamente evidenziato la carenza ucraine nelle capacità classiche del genio di “mobilità e contro-mobilità”, fondamentali per il superamento dei campi minati, di ostacoli anticarro e di corsi d’acqua.
I metodi usati per la bonifica, molto simili a quelli della Seconda Guerra Mondiale, dovrebbero basarsi oltre all’attività umana sui sistemi meccanici o sugli strumenti esplosivi.
Tra i primi rientrano i veicoli dotati di catene metalliche, poste di fronte al mezzo, che battono il terreno facendo esplodere le mine (veicolo sminatore attrezzato con flagelli, in grado di fresare il terreno), oppure con sistemi a rulli o a vomere, montati sugli chassis dei carri armati.
Tra quelli esplosivi si utilizzano i sistemi a razzo che, impattando con il terreno, provocano varie esplosioni, le quali inducono il brillamento “per simpatia” degli ordigni circostanti.
I pochi carri gittaponte, apri varchi e sminatori, forniti da alcuni Paesi europei, sono stati tuttavia resi inefficienti nella fase iniziale dell’offensiva dalla reazione russa, in quanto disposti alla testa delle colonne corazzate avanzanti per il forzamento (breaching) dell’ostacolo minato finalizzato all’apertura di corridoi (route clearance), larghi 4 – 5 metri, destinati al successivo trafilamento dei mezzi.
Una conseguenza della fine della Guerra Fredda che ha portato all’illusione di un mondo privo di conflitti convenzionali su larga scala, causando una riduzione generalizzata delle scorte di munizioni e della componente pesante (corazzati, artiglieria e genio) delle Forze Armate occidentali, orientate per oltre vent’anni a condurre missioni di peacekeeping (PKO) e di contro-insurrezione (COIN).
Ciò ha richiesto di procedere alla bonifica del terreno con l’impiego di personale in possesso di specifica preparazione, oltre che di grande coraggio, che opera con i metodi classici dell’individuazione visiva delle aree minate, della identificazione dei singoli ordigni e infine della loro manuale neutralizzazione. Una lenta e logorante attività effettuata spesso sotto il fuoco avversario.
Con il conflitto al suo secondo anno ed entrambi gli eserciti ben esperti nella costruzione e nella difesa delle fortificazioni, l’assalto alle trincee è diventato uno dei compiti più pericolosi per le truppe ucraine che cercano di riconquistare il proprio territorio.
Il Chairman dello Stato Maggiore Congiunto statunitense, Generale Mark Milley, ha recentemente affermato che i prossimi mesi saranno caratterizzati da intensi e sanguinosi combattimenti.
