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Germania: Gang Über Alles

Ufficialmente il giro d’affari delle mafie in Germania è molto inferiore rispetto alla media europea. Difficile crederlo. Visto che nel Paese prosperano decine di organizzazioni (quasi tutte con interessi nella droga) delle più varie nazionalità.


Il mercato del crimine in Germania vale oggi 540 milioni di euro e sottrae risorse all’economia per appena 691 milioni, tra tasse evase e mancati profitti. Una perdita risibile per Berlino, che nel 2017 era addirittura inferiore ai 210 milioni. Cioè, due terzi in meno del 2018 (ultimo dato disponibile). Ma è possibile? Per l’Ufficio federale di polizia criminale (Bka) è così. Eppure, considerato l’elevatissimo numero di organizzazioni criminali autoctone e straniere, i dati europei sui traffici internazionali di droga, e ancora i volumi di affari illeciti che ruotano intorno al Paese più ricco e popoloso della Ue, quei numeri non convincono. Se la ‘ndrangheta calabrese, la mafia siciliana e la camorra restano tra le organizzazioni più stabilmente integrate nella malavita tedesca, la concorrenza è notevole: libanesi, russi, turchi, curdi, albanesi, kosovari, ceceni, serbi e albanesi. Persino bande afghane e vietnamite. E, più di recente, anche gruppi nigeriani. In tutto, le autorità calcolano almeno 45 clan. Se dovessero spartirsi una così misera torta, il loro guadagno corrisponderebbe all’acquisto di un attico a Manhattan. Difficile crederlo. Inoltre, se raffrontati alle mafie italiane – il cui fatturato si aggira tra i 30 e i 90 miliardi di euro annui, secondo le fonti più accreditate – il divario appare sproporzionato all’inverosimile e non in linea con la media europea. Possibile che in Germania non si delinqua?

«Questi dati sono certamente sottostimati» dice a Panorama il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, in prima linea nel contrasto dei reati mafiosi. «I loro calcoli si riferiscono ai soli reati consumati, quelli cioè che emergono in superficie, ma sottovalutano il dato assoluto. Inoltre, i loro parametri sono diversi dai nostri. Con gli strumenti normativi a disposizione, del resto, difficilmente i tedeschi possono scoprire condotte mafiose e altre attività che noi giudichiamo criminose». Perché? «Semplicemente, non hanno la possibilità di penetrare a fondo sul piano investigativo, economico e finanziario come facciamo noi. Non prevedendo il reato di associazione mafiosa, per esempio, non possono disporre delle intercettazioni in tali contesti».

C’è anche un’altra distorsione che i numeri ufficiali non colgono. «Le mafie straniere in Germania vendono soprattutto cocaina e con il ricavato acquistano tutto ciò che è in vendita. Questo ha un duplice risvolto: da un lato, l’opinione pubblica non ne ha la percezione, perché i reati violenti associati a questo commercio sono rarissimi. Dall’altro, poiché il riciclaggio non genera allarme sociale, non costringe il legislatore o le forze dell’ordine ad approfondire».

In effetti sono appena 535 le indagini in tal senso in Germania, in calo del 6,5 per cento rispetto al 2017. Mentre il denaro confiscato ha raggiunto nel 2018 quota 67 milioni di euro, a fronte di 675 identificati come proventi da illeciti. Di questi, il 60 per cento è riferibile a crimini fiscali e doganali; il 20 per cento associabili al mondo degli affari e la restante parte a crimini contro la proprietà. Il numero di indagini su scala nazionale differisce molto a seconda dell’area geografica. Il dato generale evidenzia un difformità significativa tra i 16 Lander, con la Renania settentrionale-Vestfalia che registra il valore più elevato (111 indagini su 535 totali), seguita dalla Baviera (78); mentre Brema e Turingia risultano le meno «indagate» (quattro ciascuna).

Questa disomogeneità si spiega anche con le diverse nazionalità dei malavitosi tedeschi. Ad accomunarli quasi tutti il contrabbando di droga, l’attività più remunerativa: nel 2018, riguardava il 37,6 per cento delle organizzazioni criminali. Eppure, l’ultimo rapporto Bka stima un giro d’affari poco sopra i 250 milioni di euro. Difficile che tale cifra sia attendibile, considerati il consumo di droghe in crescita da un decennio in Europa e il numero di clan che vi ruotano intorno.

Le mafie operano storicamente nel distretto della Ruhr e nella Germania occidentale, dove ci sono gli italiani. Ma importanti affari si fanno anche a Berlino, Amburgo e in Renania settentrionale-Vestfalia, dove sono attive decine di organizzazioni. Nella capitale dominano, in particolare, i libanesi: Al-Zein, Mhallami, Miri, e il clan Abou Chaker. Quest’ultimo ha circa 300 malavitosi all’attivo e il quartier generale nel distretto di Neukölln, di pertinenza esclusiva dei clan mediorientali. Ad Abou-Chaker si oppone il clan Rammo, gestito da una famiglia turco-libanese che conterebbe 500 membri.

Tra il 2017 e il 2018 al clan Rammo sono stati sequestrati beni per 10 milioni di euro, ma si stima che i traffici nel Mediterraneo valgano dieci volte tanto (il giro di affari della tratta dei migranti è ancora quasi del tutto sommerso in Germania).

È tuttavia il clan Al Zein, attivo anche a Essen e Duisburg, a rappresentare la maggior organizzazione criminale straniera in Germania: con oltre 10 mila membri, è guidato da una famiglia arabo-curda ramificata in mezza Europa. Il suo leader, Mahmoud Al-Zein, è soprannominato «il padrino di Berlino».

Molto attivo anche Osmanen Germania, gruppo nazionalista turco di estrema destra che dispone di 400 affiliati. Dalla sua fondazione, nel 2005, è in ascesa sulla scena criminale nazionale. Nessuno di questi gruppi risulta, in ogni caso, collegato strutturalmente al terrorismo o a crimini di natura politica.

Menzione a parte meritano le bande di motociclisti. Tutte associabili alle Outlaw motorcycle gangs (Omcg), network internazionale sotto il cui cappello figurano: gli Hells angels motorcycle club (Hamc), i Bandidos Mc (Bmc), gli Outlaws Mc (Omc) e i Gremium Mc (Gmc). Organizzati in club, si dedicano a spaccio di droga, traffico di armi, rapine ed estorsioni.

Nella ricca Baviera, invece, si trova un panorama variegato di organizzazioni dedite a reati più sofisticati: la Yakuza giapponese, le triadi cinesi, la mafia vietnamita e quella albanese. Ma a dominare è la mafia eurasiatica: ne fanno parte russi, armeni, ceceni e lituani, ma anche tedeschi. Si dedicano soprattutto a crimini contro la proprietà, al traffico di stupefacenti, ai reati finanziari e alla criminalità informatica (cybercrime).

Quanto alla mafia italiana, la ‘ndrangheta registra la presenza più robusta, forte di almeno 1.200 membri. Ma anche il fatturato a loro imputato dalla Bka è inverosimile: 130 milioni di euro quali proventi del contrabbando di cocaina. Ora, se è vero che questa organizzazione è in assoluto «leader del commercio e della distribuzione all’ingrosso della cocaina in Europa» come sottolinea Gratteri, è difficile pensare a un così magro ricavo. Anche perché «mentre le altre mafie comprano dalla foresta amazzonica a 1.800 euro al chilo ingenti partite di cocaina, i broker della ‘ndrangheta riescono a comprare a mille euro al chilo, e lo fanno persino in conto vendita».

Sono loro a far arrivare, su container, fiumi di coca dal Sudamerica fino a Duisburg e Francoforte, via Olanda. Questo la dice lunga sui dati ufficiali tedeschi, che fotografano solo la proverbiale punta dell’iceberg. E su come vi siano enormi difficoltà a far emergere il mondo sommerso della criminalità in Germania.

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