L’Ucraina in fiamme passa da un’applicazione di messaggistica. Chi è sotto le bombe, chi si trova in cammino verso nuovi Paesi, chi è rifugiato, chi vive in Italia da tempo: tutti hanno un cellulare in tasca e lo usano per documentare e per leggere le notizie che arrivano in tempo reale sui tanti canali dedicati e pieni di informazioni (o disinformazioni).
C’è l’annuncio di un uomo che offre un passaggio per fuggire: «Da Ternopil-Leopoli fino al confine tra Uzhorod e la Slovacchia. 4 posti. Prezzo adeguato». C’è il video sanguinoso: «A Chernihiv, nei pressi di un rifugio, verso le 10 i razzisti (i russi, ndr) hanno sparato a chi era in fila per il pane. Almeno 10 persone sono state uccise». Ci sono continuamente allarmi: «ATTENZIONE! Allerta attacco aereo Vinnycja, trovate subito riparo!». C’è anche la richiesta di una certa Inna, che scrive: «Aiuto urgente per una donna di 72 anni evacuata da Kiev e ora a Varsavia. Deve operarsi a una rotula. Sapete chi può aiutarla?».
Se si potesse racchiudere in un unico luogo l’universo-mondo della guerra in Ucraina, sarebbe Telegram, una piattaforma di messaggistica diventata imprescindibile fonte di informazione e di «incontro» tra chiunque abbia a che fare con lo sconquasso bellico. Un’app usata da larga parte della popolazione sul posto, ma anche dai rifugiati, dai media in cerca di notizie, dagli ucraini che abitano da tempo all’estero ma i cui genitori, nonni e amici sono sotto le bombe russe.
Il successo di questo «social» è dovuto alla possibilità, oltre che di creare chat simili a WhatsApp (ma allargabili a 200.000 membri), di generare i cosiddetti «canali»: gruppi in cui si postano video e notizie (soltanto chi gestisce la chat può pubblicarne) visibili a un numero illimitato di partecipanti. Un esempio è quello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky (canale «Zelenskiy/Official»), che ha superato il milione e mezzo di iscritti. È anche e soprattutto da lì che ha chiamato gli ucraini alla resistenza una volta iniziata l’invasione, e sempre da lì ogni giorno parla alla popolazione.
«La potenzialità di Telegram è emersa nell’agosto 2020 in Bielorussia, quando in tanti manifestarono a Minsk contro la rielezione del presidente Alexander Lukashenko» spiega la studiosa ucraina Kateryna Pishchikova, analista Ispi e professore associato di Relazioni internazionali e Scienze politiche all’università eCampus. «Lo consideravano un posto sicuro per scambiarsi informazioni immediate su quali strade evitare perché c’era la polizia, o sui nomi di chi era stato arrestato e dov’era detenuto e molto altro. Oggi quella utilità è estesa all’Ucraina».
Decine i gruppi che riversano ogni tipo di contenuto scritto in cirillico. Uno dei più importanti è Ukraine Now (forse parafrasi del film Apocalypse Now), circa un milione e 200.000 iscritti, che si presenta come «La principale fonte verificata di informazioni sugli eventi in Ucraina» e ha sue versioni «minori» in diverse altre lingue, italiano compreso (@UkraineNowItalia). Ogni giorno vi si danno notizie su cosa avviene e dove. Dall’andamento dei negoziati alle istruzioni per entrare nella brigata internazionale, dall’avanzamento dei russi sul territorio agli allarmi di attacchi aerei e missilistici, che compaiono in chat contrassegnati da punti esclamativi rossi cui segue il nome della città, Leopoli, Žytomyr, Ternopil, Odessa, Kharkiv, Kiev…
L’Ucraina in fiamme passa da Telegram, ed è la prima volta che una guerra è documentata tanto capillarmente. Ognuno ha un cellulare in tasca e sono centinaia i video che giorno dopo giorno affollano questi canali. Effetti dei bombardamenti, operazioni militari dei soldati ucraini registrate da loro stessi, sfollati, feriti, morti abbandonati per strada, carcasse di missili e animali, edifici crollati e tutta l’iconografia che in alcuni casi rimbalza sui nostri siti e nei nostri tiggì.
«È giornalismo “open source”: chiunque contribuisce anche se poi le notizie vanno verificate e non tutti lo fanno» prosegue Pishchikova. «Le informazioni sono seguite all’estero e all’interno del Paese. Le persone chiuse negli scantinati di Mariupol, dove l’elettricità va e viene, utilizzano Telegram per capire se ci sono stati bombardamenti nella loro stessa città, se è una giornata più o meno tranquilla per cui si può uscire in cerca di generi di prima necessità dopo due o tre giorni passati a nascondersi. Nelle chat locali, le persone del quartiere si scambiano informazioni su quali zone sono più tranquille, su dove trovare cibo o farmaci».
E in mezzo a tutto questo spicca la voce di Zelensky, ascoltatissima. «Lui viene dallo show business, è bravissimo a comunicare, a occupare gli spazi pubblici anche a livello internazionale. E così fa su Telegram, da dove mantiene viva la mobilitazione enorme che c’è stata e rafforza il legame tra leadership politica e comunità. La guerra mediatica l’ha vinta lui, con la sua presenza continua. Nella città dove sono nata, Charkiv, ho amici stanchi, affamati, traumatizzati, che non hanno idea di come andrà a finire. Ma sapere che accendendo il cellulare trovano il loro presidente che gli sorride, in qualche modo li tira su. Il morale, in guerra, è tutto».
Altri amministratori pubblici, del governo o locali, hanno capito l’importanza del mezzo e danno il loro contributo. Alcuni canali sono dedicati a singole regioni o città. In quello di Kiev per esempio (KyivCityOfficial), i videomessaggi del sindaco Vitali Klitschko arrivano direttamente a 470.000 iscritti. Il network @VolunteerTalks raggiunge centinaia di migliaia di persone, suddivise per città (@VolunteerTalksKyiv, @VolunteerTalksKyivMariupol, eccetera).
Molti gruppi di cittadini si organizzano con gruppi locali, anche di quartiere. Elena, che vive a Milano ma è di Dnipro, segue i suoi amici su Telegram. «È da prima della guerra che con loro ho creato gruppi dove si parlava di tutto. Ma ora scrivono continuamente cose orribili che io leggo da qui senza poter fare nulla. Cercano aiuti e si scambiano informazioni per sopravvivere, per esempio fanno passaparola per farmaci introvabili, o dicono dove c’è un’auto per portare un ferito da qualche parte… Sono i civili che si arrangiano. E io leggo e non partecipo. Non posso, e il senso di impotenza mi distrugge».
Nel caso di altri gruppi ha preferito scollegarsi. «Erano chat di conoscenti filorussi e non potevo sopportare che offendessero i soldati ucraini e benedicessero i missili di Putin. Eppure in tanti nell’Ucraina occidentale, lontano dal Donbass, ammirano i russi e aspettano che i loro carri armati finalmente li liberino. Sono stati fatti troppi errori, tipo imporre l’ucraino come unica lingua, invece ci poteva essere spazio per la convivenza. Ma hanno esacerbato le persone. E ora qualcuno li chiama salvatori».
Non è un caso che su Telegram canali filorussi come Yurasumy contino quasi un milione di iscritti. Le sue informazioni mostrano l’avanzata di Mosca (con tanto di mappe) dando enfasi al potere delle sue truppe. Quando hanno occupato Melitopol, prendendo in ostaggio il sindaco, il commento è stato «finalmente siete arrivati».
«Io evito di leggere i canali con troppa propaganda, alimentano l’odio nelle persone» spiega Iuliia, studentessa di una città nel Nord-Est del Paese, Sumy, e anche lei milanese di adozione. «Mi informo soprattutto su Ukraine 24, che definirei neutro, e su Suspilne Sumy, che l’emittente nazionale Suspilne (la nostra Rai, ndr) dedica alla mia città». Quello di Suspilne è tra i canali Telegram di informazione più seguiti.
Altri sono Znua.live, costola del sito web di informazioni Znua; Stop Russian War (dove non manca la propaganda); Liganet; kapriz_lyll, che ha 835.000 iscritti; UkrPravda_news, versione Telegram della testata indipendente ucraina Pravda, ovvero «Verità», forse per dichiararsi diversa dalla tantissima disinformazione che gira da entrambi gli schieramenti. Ma comprendendo la portata del mezzo, i canali pro-Cremlino si sono moltiplicati, travestiti da giornalismo open-source ma spesso con una «Z» nella foto-profilo (il simbolo della macchina da guerra di Mosca).
Anche dalla Russia ci si informa sulla reale situazione ucraina grazie a Telegram. «Milioni di russi, in patria e in tutto il mondo, non si fanno incantare dalla propaganda e per sapere come stanno le cose si collegano a Telegram» dice a Panorama una pietroburghese che ora vive in Italia. Temendo per la propria vita desidera rimanere anonima, ma ammette: «Io seguo vari canali, come Yurydud, Meduza od Ostoroshno Novosty, e posso solo sperare che tutto questo aiuti a far cadere Putin. C’è già tanta gente pronta a far crescere la democrazia in Russia. E io sono ottimista. Anche noi ci parliamo su Telegram attivando l’opzione di messaggi criptati, sapete?».
Ma oggi nel mondo sono gli ucraini a organizzarsi. Qualcuno fornisce informazioni agli sfollati su come cavarsela lungo la strada (vietati i riferimenti a ponti e altro che possa diventare un target per i russi) e nei Paesi dove si rifugeranno. Su HelpToday si trovano orari dei voli e dei treni rimasti per mettersi in salvo, e messaggi come «!!Evacuazione gratuita in autobus da Kiev a Leopoli ogni giorno per donne e bambini» (segue numero di telefono). Molti i messaggi che riguardano l’Italia.
Su Tripmydream ognuno può contribuire. «Ciao, chi è partito per la Spagna può dirmi cosa può offrire a noi ucraini?». «Qualcuno sa come arrivare da Uzhgorod al confine moldavo?». «Cerchiamo alloggio temporaneo in Austria per una o due settimane. Due adulti e tre bambini».
Nel gruppo dedicato ai rifugiati in Polonia, 25.000 membri, è comune leggere richieste come quella di Nadiya: «Viviamo in alloggi temporanei a Varsavia, io e i miei due figli di 16 e 4 anni. Cerco un asilo, una scuola e un lavoro» (segue numero di telefono). In quello dei rifugiati in Germania abbondano le informazioni su aiuti di ogni genere, dal medico di base al dentista, dallo psicologo al ginecologo. Affrontano una nuova vita. Mentre sul cellulare continuano a comparire notifiche. «!!Kharkiv! Allarme aereo!».