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Soldi e propaganda: la rete italiana pro Hamas

Soldi e propaganda: la rete italiana pro Hamas

Dopo la risposta militare israeliana a Gaza, però, gli animi dei filopalestinesi in Italia si sono scaldati e le iniziative di piazza ma anche quelle di sostegno diretto con tanto di raccolta fondi si sono moltiplicate.


Per anni si sono mossi quasi nell’ombra, con piccole iniziative pubblicizzate esclusivamente nei loro circuiti e sempre finalizzate a far passare Hamas come una semplice organizzazione politica. Dopo la risposta militare israeliana a Gaza, però, gli animi dei filopalestinesi in Italia si sono scaldati e le iniziative di piazza ma anche quelle di sostegno diretto con tanto di raccolta fondi si sono moltiplicate. Come la propaganda. La rete italiana pro Hamas sta emergendo. Lo spartiacque è il pomeriggio del 10 ottobre scorso, quando nella centralissima piazza dei Mercanti a Milano un gruppo di persone si è radunato per un sit-in filo palestinese. Mohammad Hannoun, architetto palestinese che da anni vive a Genova e tiene in vita più di una associazione, ai microfoni della troupe locale della Rai detta la linea: «L’attacco di Hamas è un’autodifesa». Da quel momento la macchina della propaganda si è messa in moto, partendo dai siti web delle Ong fondate da Hannoun: l’Associazione di solidarietà della carità con il popolo palestinese (Abspp), alla quale nel dicembre 2021 erano state sospese le operazioni bancarie per una serie di anomalie legate a una controversa raccolta di fondi (la massiccia movimentazione di contante, l’invio di provviste economiche a soggetti non censiti in Palestina e ad altri inseriti nelle «black list» delle banche dati europee portò alla chiusura dei conti corrente), dall’Associazione dei palestinesi in Italia e dall’associazione Europea per al-Quds.

«Un orfano per me rimane sempre un orfano anche se figlio di un kamikaze» se ne era uscito Hannoun per difendere la sua colletta. Lo stesso aveva dovuto fare nel 2004, quando la Procura di Genova ha scandagliato nel mondo dell’attivista per capire se i finanziamenti che raccoglieva arrivassero alle organizzazioni terroristiche in Palestina. Il fascicolo finì velocemente in archivio. E Hannoun, bersagliato dalle segnalazioni dell’intelligence israeliana, ha riattivato le sue questue. Una delle quali è attiva sul sito dell’Abspp: l’utente che si collega alla pagina web può contribuire al progetto «Gaza sotto attacco» con la propria carta di credito in modo anonimo. Hannoun, però, compare anche in un rapporto pubblicato dall’Ofcs, un osservatorio italiano con esperienza nella sicurezza nazionale e internazionale, che, oltre a evidenziare una serie di connessioni politiche dell’architetto sia in Italia che all’estero, ha inserito anche le foto dell’attivista accanto ai leader di Hamas Isma’il Haniyeh e Khaled Mash’al. «Quello stesso rapporto contiene foto di Hannoun alla Camera dei deputati accanto a politici italiani come Laura Boldrini, Matteo Orfini e Nicola Fratoianni, cosa che ha recentemente portato il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli a chiedere chiarimenti» spiega a Panorama Giovanni Giacalone, analista del britannico Islamic theology of counter terrorism e autore di articoli su Hannoun sul Washinghton outsider.

L’associazione di Hannoun, poi, sostiene un’agenzia di stampa: Infopal, che porta la conta dei morti palestinesi, cerca di smontare le notizie sulle decapitazioni bollandole come «fake news» e definisce la reazione di Israele un’azione «delle forze di occupazione israeliane». Ma quelli riconducibili ad Hannoun non sono gli unici blog filo palestinesi. La Luce, per esempio, se la prende con il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara accusandolo di «censurare» le proteste studentesche a favore dei palestinesi. Ma pubblica anche un’intervista esclusiva del direttore Davide Piccardo a Basem Naim, uno dei leader di Hamas a Gaza, che «ha spiegato le ragioni dell’offensiva di Hamas e risposto alle accuse di atrocità mosse dai media occidentali». Mentre la risposta israeliana viene definita come la «punizione collettiva di Israele». Non solo, Piccardo si chiede se i 300 riservisti italiani partiti per Israele non siano «foreign fighter». Sui social è molto attivo anche il padre di Davide, Roberto Hamza Piccardo, autore di libri e curatore addirittura di una edizione italiana del Corano, che riassume così la situazione a Gaza: «Gli assediati rompono l’assedio e attaccano gli assedianti. E non ci parlate di democrazia e civili esposti, quella democrazia opprime da 75 anni, quei civili sono coloni armati e incivili». Tra i siti web più seguiti c’è «Palestina rossa». L’ultimo articolo pubblicato è un «appello alla solidarietà attiva con la Palestina», in cui si sostiene che «la resistenza di Gaza ha scritto una nuova pagina nella storia». E che «l’umiliazione inflitta all’esercito sionista israeliano dalla resistenza palestinese è stata ieri e sarà ancora l’umiliazione di tutti gli eserciti imperialisti e colonialisti del mondo».

Tra le associazioni che strizzano l’occhio ad Hamas, poi, ci sono quelle che hanno convocato un presidio davanti al municipio di Milano il 10 ottobre: Giovani palestinesi in Italia, Unione democratica arabo-palestinese e Associazione dei palestinesi sono arrivate a rivendicare «il bisogno di esprimere massima solidarietà alla popolazione palestinese ancora una volta minacciata dalla violenza del colonialismo israeliano». Ma anche i Cobas si sono schierati pubblicamente. Il loro portavoce Piero Bernocchi in un arzigogolato articolo pubblicato sul suo blog prende le distanze dall’ideologia di Hamas ma finisce per giustificarne l’azione: «La resistenza palestinese ha il pieno diritto di combattere e agire per liberarsi dalla ferocia dell’occupazione». Mentre i Carc, acronimo di Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, gli irriducibili del Pci, sul loro sito web hanno sceltocon precisione la loro metà campo: «A fianco di chi con la bava alla bocca invoca di radere al suolo la Striscia di Gaza si esprime anche una schiera di anime belle che incita a “isolare Hamas”, “cancellare Hamas”, “annientare Hamas” perché “Hamas è come l’Isis”. Chi cade nel tranello e si intruppa nella schiera di chi invoca “la distruzione di Hamas”, si schiera al fianco di chi vuole distruggere la principale organizzazione della resistenza palestinese». Che è un’organizzazione terroristica.

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