Home » Attualità » Esteri » L’incognita di Pyongyang preoccupa Pechino

L’incognita di Pyongyang preoccupa Pechino

L’incognita di Pyongyang preoccupa Pechino

Negli ultimi mesi l’isolamento nord-coreano è notevolmente aumentato. E la Cina non desidera che uno Stato confinante divenga instabile.


È un clima di crescente incertezza quello che aleggia attorno a Pyongyang. Il leader nordcoreano, Kim Jong-un, ha recentemente criticato alcuni alti funzionari del Partito del Lavoro di Corea e del governo, colpevoli di aver portato il Paese a una «enorme crisi». In particolare, secondo l’agenzia di stampa statale Kcna, avrebbe rimproverato «la mancanza di capacità e irresponsabilità dei quadri e [avrebbe] chiesto di condurre una campagna più feroce a livello di partito contro i difetti ideologici e tutti i tipi di elementi negativi esposti tra i quadri». Nonostante non sia del tutto certo a quale «crisi» Kim Jong-un si stesse effettivamente riferendo, è assai probabile – come suggerito dall’Associated Press – che queste turbolenze interne siano principalmente legate alla pandemia. Si teme infatti che, dal punto di vista sanitario, la situazione in loco possa essere seriamente sfuggita di mano.

In tal senso, quanto sta accadendo ai vertici del partito nordcoreano sembrerebbe sconfessare la classica versione ufficiale del regime: nell’ultimo anno e mezzo, Pyongyang ha ripetutamente sostenuto che non si fossero verificati casi di contagio nel Paese, anche grazie ad alcune misure adottate (a partire dalla chiusura dei confini). Tra l’altro, oltre ad assai probabili problemi di natura sanitaria, bisogna anche aggiungere una grave carenza di scorte alimentari.

Tutto questo, mentre l’isolamento nordcoreano è notevolmente aumentato negli scorsi mesi: secondo NK Pro, il numero di scambi internazionali con la Corea del Nord sarebbe sceso da 398 nel 2018 (di cui circa 200 di natura diplomatica) a due l’anno scorso e ad ancora nessuno nel 2021. È in un simile quadro che, secondo quanto riferito lo scorso 2 luglio da NK Daily, il regime avrebbe creato «nuove “unità disciplinari di ordine sociale” per rafforzare gli sforzi volti a controllare e schiacciare il “comportamento non socialista” che si verifica in tutta la società nordcoreana». Segno che quindi potrebbero verificarsi (o si stiano già verificando) delle turbolenze interne.

Insomma, la situazione risulta fortemente problematica ed è plausibile ritenere che i vertici di Pyongyang, a partire dallo stesso leader, siano profondamente preoccupati. In questo contesto, si registrano anche dubbi sullo stato di salute proprio di Kim Jong-un. Come sottolineato lo scorso 3 luglio dal Financial Times, il leader trentasettenne è apparso in pubblico – nelle ultime settimane – visibilmente dimagrito. Un problema significativo, soprattutto perché si ritiene che, in caso di malattia e di una sua conseguente scomparsa, ciò potrebbe innescare una lotta di potere interna con effetti imprevedibili (soprattutto in termini di stabilità internazionale). La testata The Diplomat è in tal senso arrivata ad affermare che, in caso di prematura morte del leader, «assisteremo alla disintegrazione della Rpdc».

L’unica cosa certa al momento è quindi che l’instabilità rischia di aumentare notevolmente. Un problema soprattutto per la Cina. Come recentemente sottolineato dal The National Interest, Pechino non desidera che uno Stato confinante come la Corea del Nord divenga instabile: sia perché teme il propagarsi della stessa instabilità all’interno del proprio territorio sia perché Pyongyang possiede armi di distruzione di massa. In tal senso, Pechino si è in passato opposta alle sanzioni contro la Corea del Nord non tanto perché volesse tutelarne le capacità nucleari, ma perché ha sempre paventato che tali sanzioni – aggravando la situazione economica interna – spingessero il Paese nel caos. È tuttavia chiaro che Pechino e Pyongyang abbiano bisogno l’una dell’altra. Pechino vuole evitare una riunificazione delle due Coree, ritenendo che un tale scenario avvantaggerebbe Seul (e quindi Washington). Pyongyang, dal canto suo, vede nella Repubblica popolare cinese una possibile sponda per affrontare la propria crisi interna.

A questo proposito, ricordiamo che Kim Jong-un abbia recentemente inviato le sue congratulazioni a Xi Jinping, in occasione dei cento anni del Partito Comunista Cinese. Secondo quanto riferito dal Global Times, nel messaggio il leader nordcoreano avrebbe affermato che «il Partito del Lavoro di Corea e il Partito Comunista Cinese sono i veri compagni e compagni d’armi che hanno condiviso la vita e la morte nella lunga lotta per opporsi all’imperialismo e costruire il socialismo, scrivendo l’orgogliosa storia dell’amicizia». Le testate South China Morning Post e Cna hanno ipotizzato che, dietro queste calorose congratulazioni, si celi in realtà una sotterranea richiesta d’aiuto da parte della Corea Nord (soprattutto in termini di assistenza vaccinale). Una situazione ricca di incognite dunque, che non sembra rivelarsi di buon auspicio per la Cina.

© Riproduzione Riservata