L’apertura di un secondo fronte di guerra, Israele dopo l’Ucraina, e il rischio di un allargamento del conflitto con il coinvolgimento in modo più o meno diretto di altri Paesi, ha già fatto scattare l’allerta sul fronte energetico. Dietro questi due scenari bellici c’è sempre il petrolio, e la fonte fossile è al momento insostituibile. Questa criticità è amplificata dalla politica cieca della Commissione europea che seppur di fronte a una palese problematica energetica e all’aumento incalzante dei prezzi, non ammette deroghe alla tabella di marcia della transizione ecologica e quindi della decarbonizzazione. Questo significa che mentre il Medio Oriente ribolle e le quotazioni di petrolio e gas vanno alle stelle mettendo in difficoltà oltre alle famiglie tutto il sistema produttivo, si continuano a disincentivare gli investimenti legati alle fonti fossili. Il corto circuito porta al rischio di uno choc energetico.

La necessità di utilizzo dei combustibili fossili cresce, ma le folli politiche green dell’Unione europea non conoscono pause e hanno disincentivato gli investimenti. Risultato: i costi si impennano. Davide Tabarelli: «Se la guerra si allarga, per i prezzi sarà un cataclisma»
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