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Trasporti, il contagio dei debiti

Trasporti, il contagio dei debiti

Tra obbligo del green pass e timore del contagio, su autobus e treni i passeggeri sono sempre meno, e i conti delle società che li gestiscono sono sprofondati. In Campania è crisi nera, ma i guai toccano anche tante altre aree e città d’Italia.


Anche gli autobus e i treni sono finiti in terapia intensiva. Stremati dal Covid che ha loro tolto ossigeno e passeggeri. Il crollo del trasporto pubblico nel 2020 è stato del 48% rispetto al 2019, segnala il report di Legambiente. E otto passeggeri su 10, calcola l’istituto di statistica Ipsos, ormai non si fidano più di pullman e metropolitane. L’obbligo di mascherine e green pass, oltre alla percezione di luogo insalubre, hanno fatto deragliare il servizio e scavato una voragine nei conti delle società. Poche sono quelle che sono riuscite a domare la febbre dei costi a fronte di ricavi sempre più bassi, e nessuna di esse – a guardare i numeri – si sarebbe salvata senza i fondi stanziati negli ultimi due anni dal governo.

A un passo dal baratro c’è certamente l’Eav, holding regionale che gestisce il trasporto su ferro e gomma in Campania e può vantare, per la sua Circumvesuviana, il poco invidiabile record di ferrovia peggiore d’Italia. Il deficit, per il 2020 e il 2021, è di 40 milioni di euro complessivi. Il fondo nazionale per il trasporto pubblico locale ha già stanziato 10 milioni e altrettanti dovrebbero arrivare a breve ma se il flusso di traffico non riprenderà a livelli sostenibili, il governatore Vincenzo De Luca sarà costretto a drastiche decisioni. La dirigenza Eav sta già intervenendo tagliando i rami secchi (tratte deserte, servizi poco remunerativi) ma a piombare il bilancio sono pure gli oltre 5 milioni di euro all’anno necessari per le sanificazioni delle strutture. Più o meno la stessa cifra che l’azienda spende per l’elettrificazione delle tratte.

Sprofondo rosso pure all’Atac di Roma (-39 milioni). La società del Campidoglio è la spina nel fianco del sindaco Roberto Gualtieri. Malgrado i costi per il personale in lieve calo (da 537 milioni nel 2019 a 529 nel 2021) e un incremento dell’incasso medio, favorito dal ritorno dei controllori a bordo, passato da 7 a 15 milioni al mese, il fatturato da traffico è precipitato dai 277 milioni del 2019 ai 134 del 2021. Per di più, parliamo di una impresa in concordato inseguita dai creditori e dal futuro incerto.

Si ferma, invece, a -20 milioni il precipizio contabile dell’Atm di Milano per l’anno 2021. In risalita rispetto ai -64 milioni dell’anno precedente che fecero tremare la fascia tricolore Beppe Sala. «A regime, nel medio periodo, ci attesteremo su un numero di passeggeri che sarà inferiore rispetto al pre Covid di un 10-15%» ha spiegato il direttore generale Arrigo Giana. «Tutto questo impatta in maniera determinante sull’equilibrio economico e finanziario del trasporto pubblico. I ricavi non saranno più in linea con quelli che avevamo prima», ammette. Serviranno almeno 5 anni, secondo il manager, per tornare ai tempi belli.

Restando in terra lombarda, troviamo le ferrovie Trenord che chiudono il bilancio 2020 con un disavanzo di 7 milioni. Quasi un’inezia rispetto ai risultati della controllante Fnm che si è vista aggravare la posizione finanziaria di 43,7 milioni rispetto al +39,9 del 2019 con una flessione nei ricavi del 6,4%. In questo caso, però, il morbo cinese c’entra poco. A zavorrare i conti del gruppo sono stati gli 86 milioni spesi nel luglio 2020 per rilevare il 13,6% dell’autostrada Milano-Serravalle dai Gavio. Era proprio necessario di questi tempi? Tra l’altro, già nel 2005 la Provincia di centrosinistra, guidata da Filippo Penati, aveva strapagato Gavio per rilevare un 15% della Serravalle. Lo ha appena certificato la Cassazione, condannando gli uomini che in quella giunta 16 anni fa avevano votato l’acquisto a un risarcimento di 44,5 milioni di euro per danno erariale

Passando a Bologna, a sorpresa, la Tper è in utile di 3,2 milioni. Miracolo economico-imprenditoriale? In realtà no: l’azienda chiude col segno più il 2020 grazie ai ristori statali e a un giro di partite straordinarie positive come l’incasso di risorse comunitarie per treni acquistati nel 2017 con anticipazione aziendale. Senza questo meccanismo virtuoso, la Dotta avrebbe provato il brivido del rosso.

Infatti, il Covid ha azzannato anche da queste parti: il valore della produzione della Tper si è assestato sui 179 milioni a fronte dei precedenti 202,4 milioni con un calo dell’utenza del 33 per cento. Anche a Genova i ristori (15,5 milioni) hanno salvato il bilancio che ha registrato uno striminzito utile di 5.300 euro. Ma sono altri i numeri da analizzare: calo dei clienti dell’80% e dei relativi ricavi del 36 per cento (da 66,4 a 42,55 milioni). Il fatturato 2020 sul 2019 ha visto un -21,7 milioni. Non va meglio a Torino, dove la Gtt ha totalizzato 19,8 milioni di euro di perdite per il 2020 malgrado l’arrivo di ristori pari a 25,9 milioni, provenienti dal decreto Rilancio, e di altri 188 milioni come compensazioni economiche previsti dal Cura Italia. L’azienda, posseduta dal Comune del capoluogo piemontese, ha totalizzato 370 milioni di euro di ricavi rispetto ai 419,84 del 2019.

Dolente il tasto della bigliettazione: persi oltre 64 milioni di euro rispetto ai 12 mesi precedenti per un totale di circa il 46 per cento di minori ricavi. Per i ticket piangono anche l’Anm di Napoli e il neosindaco Gaetano Manfredi. La riduzione dei ricavi da traffico, per ferro e gomma, si assesta a -50%, ma in questo caso bisogna calcolare un’ulteriore (robusta) percentuale di portoghesi che utilizzano soprattutto i bus. Un po’ come accade a Tallin, in Estonia, dove però il servizio pubblico gratuito è stato deciso dallo Stato e non da quelli che si credono più furbi degli altri.

Dal Golfo alla Laguna: l’Actv di Venezia, tra il 2019 e il 2020, ha perso 70 milioni. Un crepaccio che sarebbe diventato un abisso se il Comune non avesse anticipato ben 25 milioni sul contratto di servizio. Per rendersi conto delle proporzioni basta prendere come punto di riferimento il mese tradizionalmente più ricco per la patria dei Dogi: ad agosto 2019 sono stati staccati 23,7 milioni di biglietti. Un anno dopo, stesso periodo, erano drammaticamente diventati 12 milioni, giusto la metà. Nel 2021 c’è stata una piccola ripresa che ha portato il livello a 17 milioni di tagliandi. Ma è la Serenissima, si dirà. La città degli innamorati che richiama turisti da tutto il mondo anche durante i mesi caldi della pandemia; dunque, a buon diritto, la risalita è sempre più facile. E se non si possiede, invece, questa fortuna che cosa si fa? Semplice: per far quadrare i conti si tagliano le corse e si risparmia sui costi del personale con la cassa integrazione.

Prendiamo Trentino Trasporti: il bilancio 2020 segna +8.000 euro nonostante un decremento dei passeggeri del 40%. Per tenere a galla la gestione, il management ha deciso di ridurre i servizi e di ottimizzare quelli superstiti. La stessa scelta dell’Amc di Catanzaro che ha abbattuto i costi di produzione per 800.000 euro, in pratica l’equivalente della contrazione dei ricavi registrati nell’anno. L’utile per il 2020 è stato di appena 9.000 euro, mentre l’anno prima aveva sfondato quota 37 mila. La Stp di Brindisi, invece, ha ottenuto un utile di 70.000 euro pur avendo incassato 2,2 milioni in meno rispetto al 2019, quando il bilancio segnò un lusinghiero +380 mila euro.

Di fatto quasi tutte le aziende di trasporto degli Enti locali più piccoli riscontrano situazioni simili. Per loro il futuro è una puntata alla roulette. Dove prenderanno i soldi necessari le Amministrazioni pubbliche per ripianare i debiti è un mistero, a meno che non intervenga ancora una volta lo Stato. Ne approfitteranno allora i privati per accaparrarsi il settore? Difficile dirlo: anche in questo caso, il coronavirus ha fatto sfracelli. Il gruppo di aziende private più rappresentative del mercato ha scritto al premier per chiedere un aiuto. Basterà dire che Flixbus ha visto decurtato di quasi il 48% il suo fatturato rispetto al 2018. Ci sarà la benzina per far ripartire tutti?

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