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Daniela Missaglia: «Vi racconto la giustizia al giorno d’oggi»

Daniela Missaglia: «Vi racconto la giustizia al giorno d’oggi»

Avvocato, saggista, scrittrice, professionista con un’esperienza unica nel campo della giustizia civile dove viaggia tra antichi problemi e prospettive sul futuro

«Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare» disse Sir Winston Churchill, e se questo adagio proviene dal leader iconico che, forse più di tutti, fu l’artefice della sconfitta di Hitler nella seconda guerra mondiale, credendoci anche nelle notte più buie dei primi anni di conflitto, facciamone tesoro”.

Così esordisce l’Avvocato Daniela Missaglia, che da decenni opera sul campo e nei Tribunali di tutta Italia (e non solo).

Avvocato, scrittrice, saggista, madre di tre figli, la sua esperienza, professionalità e cultura l’hanno condotta a fornire approfondimenti in conferenze e commissioni parlamentari, presso Università prestigiose e corsi di alta formazione (da ottobre anche direttore scientifico del master sul diritto di famiglia per Il Sole 24 Ore). Firma anche di questa testata è sempre un piacere leggere i suoi articoli taglienti, pregni di spunti interessanti, mai banali, che – a commento delle notizie e delle novità giurisprudenziali o legislative – giungono subito a evidenziare l’essenza, sollevando interrogativi che colgono nel segno.

Avvocato Missaglia, a cosa allude citando Churchill?

«Al fatto che, in un mondo che cambia più velocemente di quanto siamo abituati e di quanto mai l’abbia fatto nella sua lunga storia, anche il diritto di famiglia sta affrontando una doverosa rivoluzione epocale. Da quanto, in epoca moderna, si è ammessa la ‘dissolubilità della famiglia’, ci siamo trovati al cospetto di norme e procedure destinate a diventare ben presto obsolete di fronte a una sensibilità sociale e politica in continua e rapida evoluzione. E così anche il diritto è costretto, per adeguarsi, a innovarsi, a precorrere i tempi per offrire al cittadino nuovi e più efficaci strumenti di tutela».

Anche la famiglia è radicalmente cambiata e con essa tutto ciò che ne caratterizza la genesi, i contenuti e la crisi.

«A partire dal referendum che tutti ricordiamo, nel 1970, è stato ammesso il divorzio, che recide il legame matrimoniale e da allora si sono moltiplicate le famiglie con figli non unite in matrimonio, i cosiddetti conviventi. Quando erano un fenomeno minoritario, le loro vicende venivano gestite dai Tribunali per i Minorenni, ma ben presto si è compreso che questi non fossero in grado di gestire la mole di lavoro e di non garantire ai figli naturali la stessa tutela di quelli nati da coniugi sposati, le cui vertenze spettavano – e spettano – ai Tribunali Ordinari. Si è così arrivati a concentrarsi davanti a questi ultimi e il Tribunale per i Minorenni è stato via via svuotato di competenze fino a decretarne, con la Riforma del 2021, il futuro pensionamento. Se un tempo i figli venivano affidati in via esclusiva a un genitore, alla madre preferibilmente, dal 2006 l’affido condiviso è diventato la regola aurea ed è stata sdoganata la bi-genitorialità, quale paritaria dignità di entrambe le figure al cospetto dei figli, nei diritti e nei doveri. La ‘patria potestà’ di antico retaggio è diventata potestà genitoriale (senza connotazione di genere) e poi responsabilità genitoriale. Si è ammessa l’unione civile tra persone del medesimo sesso, con la Legge Cirinnà, più mediatica che effettiva, visti gli scarsi numeri di coppie che hanno scelto questa forma di legame – e ci si è dovuti confrontare anche con il fenomeno dei figli delle coppie omosessuali: gli Ufficiali dell’Anagrafe sono impazziti, e con loro la giurisprudenza, per decidere se iscriverli o meno come figli del genitore non biologico. Il processo di famiglia si è arricchito di norme introduttive di mezzi di impugnazione speciali, istanze cautelari, misure interdittive come gli ordini di protezione contro le violenze familiari, strumenti istruttori speciali per aiutare i Giudici a pronunciare nel “best interest” dei minori coinvolti. In tempi ancora più recenti abbiamo assistito alla ‘doppietta’ delle sentenze della Cassazione del 2017 e del 2018, la prima che, a sorpresa, ha sancito il principio di auto-responsabilità del coniuge dopo lo scioglimento del vincolo coniugale, la seconda che ha parzialmente ritarato gli equilibri a tutela del consorte che abbia sacrificato le proprie chance a favore dell’altro. In tempi recentissimi, poi, la Corte Costituzionale ci ha appena detto che potremo apporre ai nuovi nati anche il cognome materno, sicché fra una generazione avremo probabilmente un’anagrafica tipica dei proprietari fondiari brasiliani, con buona pace dei codici fiscali che diventeranno sempre più complessi».

E infine la Riforma del 2021…

«Ecco, appunto, se ne parla molto ma in pochi l’hanno compresa. Ci aiuti. Francamente è una difficoltà che stiamo affrontando anche noi operatori del settore, avvocati gius-familiaristi e giudici delle sezioni-famiglia dei Tribunali più grandi, con i quali mi sono confrontata. Si tratta di una riforma in tre fasi, avviata già a partire dal 22 giugno di quest’anno e si completerà nella seconda parte del 2025. Senza voler tediare i lettori con noiosi approfondimenti tecnicistici, le maggiori novità sono la costituzione di un Tribunale iper-specializzato – almeno nelle intenzioni – per le persone, i minorenni e le famiglie nel quale confluiranno tutte le cause di famiglia e che, come detto, archivierà definitivamente l’esperienza del Tribunale per i minorenni. Si adotterà una procedura unica improntata al diritto al contraddittorio e si darà il giusto rilievo all’ascolto del minore, in linea anche con le Risoluzioni del Parlamento Europeo (l’ultima del 5 aprile scorso) che elevano i minori a parti dei procedimenti che li riguardano e attribuiscono ai medesimi il diritto a esprimersi. A tal fine viene potenziata ed estesa la figura del Curatore speciale del minore e richiesta l’istituzione di Albi appositi per i consulenti tecnici che saranno chiamati a dirimere, in qualità di periti, le svariate questioni che usualmente vengono affrontate nei procedimenti di famiglia. Questo e molto altro ancora».

Ho letto che c’è anche una norma anti-Bibbiano, è vero?

«Il caso Bibbiano è solo la punta dell’iceberg di un cortocircuito generato da una norma antica, di origini fasciste, l’art. 403 del codice civile, che autorizza la Pubblica Autorità a togliere il minore dalla famiglia e collocarlo in un ‘luogo sicuro’, in via d’urgenza. Il problema sta nel fatto che spesso questo luogo sicuro non è e che la norma si fonda su presupposti vetusti, discrezionali e generici (si parla di minore allevato in locali insalubri o pericolosi oppure da persone, per immoralità, ignoranza, incapaci di provvedere alla sua educazione) che hanno favorito l’abuso di questo strumento, con la connivenza di associazioni pseudo-benefiche, consulenti spesso non limpidi, Giudici minorili sommersi dai fascicoli o distratti o impotenti, il tutto a danno dei bambini. Con la Riforma si dovrebbe cambiare registro, o almeno questa è l’intenzione, ed stata finalmente regolamentata la procedura di allontanamento del minore (“se esposto a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica”) dalla propria famiglia per ordine dell’autorità giudiziaria. In particolare, il legislatore ha previsto un articolato controllo giurisdizionale (sull’azione della Pubblica Autorità da parte del Pubblico Ministero e del Tribunale) e l’ascolto delle parti e del minore (ma non dei Servizi Sociali)».

Daniela Missaglia: «Vi racconto la giustizia al giorno d’oggi»
(Laila Pozzo)

Avv. Daniela Missaglia

Daniela Missaglia: «Vi racconto la giustizia al giorno d’oggi»
(Laila Pozzo)

Avv. Daniela Missaglia

Daniela Missaglia: «Vi racconto la giustizia al giorno d’oggi»
(Laila Pozzo)

Avv. Daniela Missaglia


E sulla violenza contro le donne?

«Qui è necessario ragionare oltre gli schemi. Sì, la riforma contempla una nuova disciplina volta a velocizzare l’iter necessario all’emanazione dei provvedimenti posti a tutela della donna vittima di violenza e del minore, con l’obiettivo di rendere più efficace la tutela attraverso la previsione di strumenti di raccordo tra giustizia civile e penale. E’ però anche vero che altre innovazioni sono state introdotte negli anni, l’ultima è la Legge del 5 maggio, entrata in vigore il 6 giugno 2022, volta a garantire un flusso informativo adeguato, per cadenza e contenuti, sulla violenza di genere contro le donne al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno. A dicembre dello scorso anno è poi stato salutato con grande ottimismo il Decreto Legge che contemplava numerose misure di repressione e prevenzione. Questo però non ha impedito di dover continuare a leggere, ogni giorno, la macabra conta di uomini che sopprimono mogli, compagne, figli, per gelosia o vendetta. E’ facile agire in via repressiva: si aumentano le pene e l’obiettivo è raggiunto. Più difficile prevenire: non siamo in Minority Report con la società del pre-crimine, un mondo utopistico in cui la Polizia aveva elaborato un software particolare per eliminare i reati leggendo nella mente del potenziale reo. E’ impossibile, sotto certi versi, anticipare le mosse di chi cova la soluzione più drastica senza dare segni di sorta. Il fatto è che, nella stragrande maggioranza dei casi, di segnali ce ne sono eccome. Come l’uomo vicentino che ha ucciso l’ex moglie e l’amante dopo aver scontato una pena detentiva proprio per le reiterate minacce e violenze familiari. Le denunce rimangono inascoltate, spesso vengono archiviate e le Forze dell’Ordine agiscono più da pacieri che attraverso poteri d’intervento specifici. Il pubblicizzato Codice Rosso, con le sue procedure accelerate, almeno sulla carta, non è decollato, anche per mancanza di fondi economici. Le norme via via promulgate sembrano recepire queste inefficienze e tentano di intervenire ma occorre una maggiore sinergia affinché, come nel caso di Vicenza poc’anzi accennato, non si debba assistere allo scarica-barile tipico italiano fra Tribunali che alzano le mani accusando gli operatori dell’ordine, i Servizi Sociali. E viceversa. Nessuno che si assume mai la responsabilità».

A proposito di violenze, in genere, come è cambiato il mondo con l’avvento delle tecnologie digitali?

«Sono esplosi nuovi fenomeni sociali come quello del cyber-bullismo o revenge-porn che, nel periodo pandemico, ha avuto un forte impatto nella vita dei nostri ragazzi. In questi casi, oltre a una responsabilità personale dei minori si inserisce quella dei genitori o delle scuole che non hanno saputo educare o vigilare. Anche in questo caso il Parlamento si è dovuto adeguare ai tempi e legiferare in materia, a partire dal 2017, con norme che introducono la possibilità di richiedere al gestore del sito o al titolare del social network l’immediato oscuramento, il blocco o la rimozione dei contenuti illeciti pubblicati online. Ma anche in questo caso è arduo eliminare il fenomeno, soprattutto perché i molestatori virtuali e cyber-bulli sono furbi e aggirano i divieti operando su piattaforme sempre nuove e con avatar o IP imprendibili. La Polizia postale fa il possibile ma è come svuotare il mare con un secchiello. E’ l’educazione, nelle famiglie e nelle scuole, l’unico rimedio per raggiungere il nucleo dell’incendio da spegnere».

Lei ha commentato, sulle pagine di Panorama, anche la sentenza della Corte Suprema USA che ha abolito l’aborto in modo inaspettato. Perché non può accadere in Italia?

«Non ho scritto che non possa accadere nel nostro Paese ma che la Costituzione italiana ha strutturato un ordinamento in cui le tutele dei diritti fondamentali non sono rimuovibili così facilmente come in USA. Da giurista trovo curioso, e per certi versi inquietante, che un manipolo di Giudici di nomina politica possa intervenire sulle libertà dei cittadini in modo autoritario e senza un contro-potere, un sistema di controllo e verifica. Biden si agita e sbatte la coda ma ormai il danno è fatto (almeno visto dalla prospettiva dei detrattori di questa decisione). In Italia, scottati dalla dittatura del fascismo, esistono più livelli di tutela dei diritti costituzionali: dalle maggioranze speciali del Parlamento al vaglio del Capo dello Stato e, in ultima istanza, della Corte Costituzionale. In USA possiamo dire che l’ordinamento sia più immaturo o solo più ingenuo ma il risultato è il medesimo. Tenga presente che, solo il giorno precedente, la stessa Suprema Corte aveva bocciato le restrizioni al porto di armi a New York, applicando il Secondo Emendamento della Costituzione americana in modo estensivo e legittimando la possibilità di portare con sé un’arma anche fuori dalla propria abitazione. In un paese scosso dalla quotidiane stragi di massa non è proprio il massimo».

Un’ultima domanda ad un avvocato donna e madre: in che modo si può superare il gender gap nel settore legale? Cosa consiglierebbe a una giovane professionista?

«Nel diritto di famiglia c’è già una prevalenza di avvocati donne quindi ritengo che il gender gap, almeno in questo ambito, sia già stato superato. Noi donne abbiamo un modus operandi e una forma mentis che si attaglia perfettamente al diritto di famiglia perché sappiamo trasferire nelle vicende familiari che trattiamo anche una componente empatica e passionale che aiuta sia il cliente sia la gestione del caso. Il consiglio a chi voglia intraprendere una carriera nell’ambito del diritto di famiglia – che sia un avvocato donna o uomo è indifferente – è di essere pronti a mettere in gioco se stessi ed essere coinvolti dai casi trattati in modo totale e totalizzante, con pensieri che ti accompagnano ogni giorno 24 ore su 24 e urgenze che si manifestano in ogni momento».

Chiuda con una considerazione sulla famiglia del II millennio.

«Governare una famiglia è poco meno difficile che governare un regno”, scrisse Michel de Montaigne e ciò è vero per chi la compone e per chi la disciplina o ne dirime i conflitti. Io aggiungo che la vera sfida di una società moderna è offrire strumenti e soluzioni adeguate che permettano a questa cellula primigenia, alla base di ogni consesso umano, di essere protetta dalle onde di un mondo che ne è ostile e garantirne – in caso di irreversibile crisi – ricomporsi in altre forme, con una transizione ordinata e tutelante per i suoi componenti, soprattutto i figli, incolpevoli protagonisti di ogni vicenda che li riguardi».

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