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I nuovi veleni del Forteto, la setta italiana

I nuovi veleni del Forteto, la setta italiana

Una vicenda sconvolgente che inizia nel 1977 e prosegue per oltre 40 anni. Una comunità per l’accoglienza di minori, dove si consumano abusi sessuali e maltrattamenti sugli ospiti. Fondatore-padrone Rodolfo Fiesoli, che si fa chiamare «il Profeta». L’inchiesta individua 86 vittime, tra giovani e disabili… Ma anche oggi, dopo un lungo processo, la ferita resta aperta.


Continua a scorrere il veleno, nella storia del Forteto di Firenze, e forse non si fermerà mai. Del resto, questa è la storia della prima, vera e terribile setta italiana: una vicenda crudele, iniziata nel 1977 e durata oltre quarant’anni, che ha visto un piccolo esercito di adulti soggiogato dalle regole dettate da un guru carismatico e ammaliatore, Rodolfo Fiesoli, che malgrado la terza media si spacciava per medico e si faceva chiamare «il Profeta». Fino al 2012, decine e decine di bambini sono stati gettati tra le mura del Forteto: qui, dietro la facciata di una fiorente cooperativa agricola, giorno dopo giorno venivano affogati nel gorgo di diffuse violenze fisiche e psicologiche, e sottoposti ad abusi sessuali da parte dei capi della setta. A consegnarli a questa vita di sevizie, paradossalmente, era proprio l’autorità che avrebbe dovuto tutelarli, cioè il Tribunale dei minori di Firenze.

È vero che tre mesi fa, per quei maltrattamenti e abusi, Fiesoli è entrato in carcere con una (tardiva) condanna definitiva a 14 anni e dieci mesi di reclusione. Ma molti altri imputati sono stati risparmiati dalla prescrizione. Così quella condanna non ha fatto piena giustizia, né ha placato gli animi. Così le polemiche continuano e s’inveleniscono. Così il presidente dell’Associazione delle vittime del Forteto, Sergio Pietracito, oggi spara un’accusa devastante contro l’Artemisia, ente fiorentino per la tutela delle donne e dell’infanzia che dal 2015 s’è aggiudicato un progetto della Regione Toscana (100 mila euro l’anno) per l’assistenza psicologica alle vittime della setta. Cinque terapeute di Artemisia hanno in cura una trentina fra ex bambini e adulti irretiti dal Profeta. Pietracito, però, denuncia di avere scoperto che nel febbraio 1999 una di quelle cinque psicologhe aveva contribuito a far emergere le accuse contro la famiglia d’origine nei ricordi di uno dei poveri bambini affidati al Forteto: «Erano le solite false accuse di abusi sessuali nei confronti dei genitori naturali» protesta Pietracito «che in quegli anni servivano proprio per trascinare sempre nuove vittime sull’altare di Fiesoli».

Non è questo l’unico motivo di scontro. «Un anno fa» continua Pietracito «abbiamo scoperto anche che Artemisia non fa distinzioni tra le persone del Forteto che prende in carico: noi non comprendiamo come possa essere accolto nel progetto chi in passato è stato condannato o ancora fa parte della setta senza che si sia pubblicamente dissociato». Da un anno il comitato chiede almeno «che le vittime non si ritrovino assieme ai loro carnefici»: si aiutino tutti, insomma, «ma con programmi rigorosamente separati». La risposta di Artemisia è dura: l’associazione di Pietracito vorrebbe imporre «modalità di controllo che richiamano dolorosamente i meccanismi settari». Insomma, le vittime del Forteto si comporterebbero come gli adepti di Fiesoli.

Sono le ultime polemiche della nera vicenda del Forteto, un caso che fa letteralmente impallidire perfino lo scandalo di Bibbiano, la vicenda giudiziaria che dall’estate 2019 sconvolge l’Italia e divide la politica: sono le appendici velenose di una clamorosa storia di violenza contro i bambini che gli italiani in gran parte non conoscono. Meriterebbe davvero libri e film di denuncia, il Forteto, eppure è stato sempre coperto da un’assurda omertà. Contro la verità, per decenni, hanno giocato forse interessi economici, grazie al ricco fatturato della comunità (aderente alla Lega delle coop rosse), o i legami di Fiesoli con la sinistra. Ma la copertura più efficace, di certo, è stata quella giudiziaria. Perché sicuramente su una cosa Pietracito ha ragione da vendere: nel Forteto il Tribunale dei minori di Firenze ha avuto responsabilità gravissime.

Per capire come, però, bisogna prima entrare nel cupo sistema settario di Fiesoli, che arruolava sempre nuovi adepti tra persone dalla psicologia fragile o reclutando portatori di handicap. Le ferree regole codificate dal Profeta, la cui esistenza è stata confermata nei processi, prevedevano la rigorosa separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi o matrimonio; il divieto di rapporti eterosessuali e l’omosessualità imposta a tutti, anche e soprattutto ai minori che vivevano nella comunità, come mezzo «per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia, dovuti all’omosessualità latente in ognuno di noi». A ciascuno, poi, era vietato avere rapporti all’esterno, perché tutto quello che stava fuori dal Forteto era «il male». Una specie di schiavitù collettiva, insomma, basata sulla continua denigrazione della famiglia d’origine e sul divieto per tutti di mantenere rapporti con genitori e parenti: del resto, non veniva consegnata la posta che arrivava, né a nessuno era permesso telefonare. Chi si ribellava, al Forteto veniva «processato», umiliato e picchiato.

Questo strano sistema, ovviamente, scatenava ostilità nelle famiglie escluse, e a volte partivano le denunce. Già nel 1978 Fiesoli era stato arrestato perché accusato di atti di libidine violenta e plagio. «Aveva masturbato due disabili che gli erano stati affidati, in presenza di un minore della comunità» ricorda l’avvocato Giovanni Marchese, difensore di due vittime del Forteto. Il risultato? Appena uscito dal carcere, l’allora presidente del Tribunale dei minori di Firenze Giampaolo Meucci, un uomo colto che ancora viene considerato «il padre del diritto minorile italiano», gli aveva affidato un altro bimbo down, successivamente adottato dal Profeta. Quando poi nel maggio 1985 era arrivata la condanna di Fiesoli, due anni con la condizionale, lo stesso Meucci l’avrebbe considerata e pubblicamente definita «un errore giudiziario». Come lui, si sarebbero comportati molti suoi successori. L’avvocato Marchese allarga le braccia: «A partire dal 1978, il calcolo degli affidati al Forteto arriva a un totale, approssimato per difetto, di 86 bambini fino al 2012».

La prima presidente del Tribunale minorile fiorentino a dissociarsi pubblicamente dalla linea di condotta dei suoi predecessori è stata Laura Laera, ma per l’appunto si è dovuto aspettare fino al 2012: «Io non ho alcuna intenzione di frequentare la comunità» aveva annunciato allora «perché troppa contiguità mi pare sbagliata». La presidente aveva detto poi di aver studiato gli affidi al Forteto, rilevandone «carenti procedure nella valutazione delle coppie affidatarie».

In realtà, nel 2013 la Commissione regionale d’inchiesta ha appurato che quelle coppie non esistevano affatto. Il Tribunale dei minori affidava bimbi e bimbe a genitori fittizi che al Forteto, grazie alle regole di Fiesoli, non vivevano alcuna vita di coppia. I servizi sociali, inoltre, avvisavano in anticipo il Profeta e i suoi se c’era una rara ispezione: in quel caso i bambini venivano istruiti su cosa dire e si organizzavano stanze dove l’inesistente famiglia affidataria (Fiesoli la chiamava «funzionale») veniva riunita a puro scopo scenografico. (Prima puntata – continua)

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