Com’è stato possibile che per 34 anni, dal 1978 al 2012, almeno 86 bambini siano stati affidati dal Tribunale dei minori di Firenze alla comune fondata da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi? Com’è potuto accadere, se già nel 1985 i due erano stati condannati in via definitiva per abusi sessuali e per maltrattamenti? In questo nuovo capitolo della storia non raccontata della comunità toscana, ecco quali sono le gravi responsabilità dei giudici e del ministero della Giustizia. Rimasti indifferenti anche dopo l’inquietante allarme arrivato nel 2000 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Se foste un assistente sociale o un magistrato minorile, affidereste un bambino a due adulti finiti in carcere? Glielo affidereste, un bimbo, sapendo che tra le accuse a queste persone c’è quella di avere masturbato due disabili in presenza di un minore della comunità, e che alla fine gli arrestati sono stati condannati in via definitiva, rispettivamente, l’uno a due anni di reclusione per atti di libidine violenta e l’altro a dieci mesi per maltrattamenti? Le domande non sono retoriche. Al contrario, sono dolorose. Perché questo è esattamente quel che ha deciso di fare il Tribunale minorile di Firenze con Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, cioè i due arrestati (nel novembre 1978 ) e poi condannati (nel maggio 1985).
Sembra folle, oggi, ma un bimbo di tre anni, affetto da sindrome di Down, viene consegnato a Fiesoli all’indomani della sua scarcerazione per decorrenza dei termini, il 1° giugno 1979. Poco dopo, una bimba Down viene affidata anche a Goffredi. È il presidente del Tribunale dei minori, Gian Paolo Meucci, a prendere la decisione, quando ancora il processo deve cominciare. E quegli affidi sono solo i primi di una lunga serie. A Fiesoli e Goffredi, nel 1977 fondatori del Forteto, comune agricola nelle campagne attorno a Firenze, Meucci e i suoi successori hanno continuato a «regalare» bambini, spesso allontanandoli dalle famiglie. Le consegne di quei piccoli sfortunati al Forteto, dove il carisma di Fiesoli soggiogava tutti tanto da meritargli il soprannome di «Profeta», sono andate avanti fino al 2012. Il totale è impressionante: si stima siano stati almeno 86.
Per fermare il flusso della vergogna c’è voluto il secondo (tardivo) arresto di Fiesoli, avvenuto nel dicembre 2011 per capi d’accusa in parte sovrapponibili a quelli del 1978: Fiesoli che abusa molti dei bimbi affidati al Forteto, e costringe gli adulti all’omosessualità; Fiesoli che nella comune vieta i normali rapporti fra uomo e donna, e impone la creazione di «famiglie funzionali», finte, che servono solo all’affido di altri bambini; Fiesoli che punisce chiunque tenti di deviare dalle regole della comunità, e sottopone a pubblici processi e a umiliazioni chi tra i suoi manifesta anche un solo dubbio; Fiesoli che spinge molti minori affidati alla comunità all’odio per i genitori naturali e a confessare inesistenti violenze in famiglia, ottenendo così sempre nuove vittime da portare nella sua organizzazione.
Nello scandalo del Forteto la giustizia è stata davvero lenta. Dopo il secondo arresto del 2011 sono serviti altri 2.890 giorni perché si arrivasse alla nuova condanna definitiva di Fiesoli: 14 anni e 10 mesi di reclusione, che dal novembre 2019 il Profeta sconta nel carcere di Padova. E molti degli altri 22 imputati di questo secondo processo, come il co-fondatore del Forteto, Goffredi, alla fine sono stati risparmiati dalla prescrizione per colpevoli ritardi giudiziari. Ancor più dell’impunità assicurata ai vertici della comune, però, c’è un altro fatto che turba e non dovrebbe lasciar dormire tante persone: e cioè che per 34 anni nessuno abbia bloccato lo stillicidio di bambini verso il Forteto, garantito dai servizi sociali e dal timbro del Tribunale dei minori.
Il presidente Meucci, ancora oggi, viene considerato il padre del diritto minorile italiano e un riferimento culturale per generazioni di magistrati. Cattolico di sinistra, avvicinatosi al Pci, Meucci si convince che l’iniziativa penale avviata nel 1978 contro Fiesoli sia condizionata dalle idee del pubblico ministero che l’ha fatto ammanettare, Carlo Casini, successivamente passato a far politica nella Dc. A Meucci piacciono l’aura libertaria del Forteto, la sua propensione ad accogliere persone con handicap e derelitti, e perfino alcuni dei malati di mente che la legge Basaglia in quegli anni sta facendo uscire dai manicomi. Così nel 1979 il presidente del Tribunale dei minori considera una montatura le accuse contro Fiesoli e Goffredi, pur se confermate da più testimoni. La decisione di consegnare loro due bambini serve quindi a manifestare solidarietà e a restituire credibilità al Profeta, che intanto sta creando attorno a sé quella che poi si scoprirà essere una setta.
Per decenni, però, l’iniziativa e le idee di Meucci condizionano il Tribunale dei minori di Firenze. Il suo successore Francesco Scarcella continua a spedire bimbi al Forteto e nel 1995, addirittura, affida due sorelline direttamente a Goffredi. Il flusso continua sotto la presidenza di un ottimo magistrato quale Piero Tony, che ancora nel settembre 2011, appena due mesi prima del secondo arresto di Fiesoli, parteciperà alla pubblica presentazione di un saggio encomiastico sul Forteto: sosterrà che di fronte alla comunità c’è solo «da togliersi il cappello», e ridimensionerà le antiche vicende giudiziarie del Profeta, quasi un errore giudiziario «alla Dreyfus».
Nulla cambia sotto la guida del successore di Piero Tony, Gianfranco Casciano. Costui, in particolare, partecipa alla difesa del Forteto quando nel 1997 la Corte europea dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, apre un procedimento contro lo Stato italiano. Tutto parte dal ricorso di Dolorata Scozzari, una madre i cui due figli di 10 e 3 anni sono stati affidati alla comune. La donna lamenta che il loro allontanamento sia stato deciso in modo illegittimo dal Tribunale minorile di Firenze e protesta perché in tre anni ha potuto incontrare i bimbi solo due volte. Nel 2000 i giudici di Strasburgo danno in parte ragione a Dolorata e condannano l’Italia a un risarcimento di quasi 200 milioni di lire.
La sentenza è durissima. La Corte europea evidenzia «insufficienza di equità e di motivazione nei provvedimenti adottati», e «insufficiente tutela dei diritti della madre e controlli inadeguati da parte del Tribunale dei minori». Sono stupiti dalle nostre procedure, i giudici di Strasburgo, perché scoprono che Fiesoli e Goffredi nel 1997 hanno avuto un ruolo decisivo nell’affido dei due bambini: Fiesoli ha addirittura partecipato a riunioni con giudici e assistenti sociali. La Corte nota anche «un’influenza crescente dei responsabili del Forteto» sui bambini, allo scopo «di allontanarli dalla madre». Si teme che molte lettere, in cui i figli di Dolorata hanno scritto di non volerla più vedere, siano state condizionate.
Ma quel che più turba la Corte di Strasburgo sono i precedenti penali di Fiesoli e Goffredi. La Corte esprime «serie riserve» sul fatto che la giustizia minorile italiana abbia affidato dei bambini a una comunità fondata e gestita da due persone «condannate nel 1985 per maltrattamenti e abusi sessuali su due handicappati accolti nella comunità». Così agendo, l’Italia «non ha dato prova della prudenza e della vigilanza richieste in un contesto così delicato e difficile», quindi ha danneggiato Dolorata e i «superiori interessi dei suoi figli».
E il presidente Casciano? Per il giudizio di Strasburgo il magistrato fiorentino produce carte dove si sottolinea che il Forteto «ha la fiducia anche della Regione Toscana e dei servizi sociali». Quanto alla condanna di Fiesoli e Goffredi, il presidente del Tribunale minorile minimizza: il processo è antico, i fatti dimenticati, e aggiunge con uno svolazzo surreale che «fatti e processo sono all’attenzione di noti giornalisti che hanno in preparazione un libro bianco volto a rendere giustizia alla comunità del Forteto».
Nonostante la difesa, paradossale per un magistrato, la condanna di Strasburgo è netta. Ma anche questa resta ignorata per altri 12 anni. E gli incontri tra Dolorata e i figli continuano a essere ostacolati, come quelli tra gli altri bimbi portati al Forteto e le loro famiglie d’origine. Intanto gli affidi andranno avanti, indisturbati, come se il Tribunale dei minori di Firenze e il ministero della Giustizia nulla sapessero della condanna e delle critiche di Strasburgo. Un assurdo giuridico. Riassunto alla perfezione nel 2015 dal pubblico ministero fiorentino, Ornella Galeotti, nella sua requisitoria alla fine del processo di primo grado contro Fiesoli e gli altri imputati del Forteto: «Per alcuni decenni» dice con tono sconcertato «in Toscana si è verificato un fenomeno rispetto al quale le leggi dello Stato hanno subìto una sospensione». La condanna per Fiesoli è arrivata. Per questa sospensione di legalità, però, nessuno ha mai pagato.
